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Giurisprudenza

Insider trading: la Cassazione torna sugli elementi costitutivi della fattispecie e sul doppio binario sanzionatorio penale-amministrativo

21 Gennaio 2020

Federica De Gottardo, Dottoranda in diritto commerciale presso l’Università di Trento, Avvocato in Trento

Cassazione Penale, Sez. V, 30 settembre 2019, n. 39999 – Pres. Vessichelli, Rel. Brancaccio

Di cosa si parla in questo articolo

Mediante la sentenza de qua la Corte di Cassazione si è pronunciata su numerose questioni relative al reato di insider trading, anche a seguito del recepimento nell’ordinamento interno del Regolamento UE n. 596/2014 (“Market Abuse Regulation” – MAR). In particolare, l’articolata pronuncia della Suprema Corte si concentra su due principali profili: da un lato, fornisce importanti chiarimenti interpretativi sugli elementi costitutivi della fattispecie; dall’altro, assume una posizione innovativa in relazione alla controversa questione del doppio binario sanzionatorio – di carattere penale e amministrativo – nei reati di market abuse.

Con riguardo al primo profilo, la Corte ha tracciato un approfondito quadro interpretativo del reato di abuso di informazioni privilegiate come risultante dal recepimento del MAR. La sentenza chiarisce infatti numerosi elementi della fattispecie, quali: (i) l’estensione della nozione di «informazione privilegiata»; (ii) la condotta rilevante; (iii) la natura del reato; (iv) la distinzione tra la qualifica di insider primario e secondario.
Così, la Corte ha innanzitutto statuito che, anche a seguito del recepimento del MAR, la nozione di informazione privilegiata si riferisce non solo all’evento già venuto ad esistenza come oggetto dell’informazione abusata, ma anche all’ipotesi di informazione intermedia privilegiata”, ossia di quella informazione che sia “direttamente riferibile ad una fase di prognosi in cui la precisione dell’informazione si ricollega (anche) a circostanze o ad eventi che si possono ragionevolmente prevedere che verranno ad esistenza”. In altri termini, ad avviso della Corte “la comunicazione di informazioni privilegiate è punibile, cioè, con riferimento ad eventi accaduti o a circostanze che siano in atto «esistenti», oppure in relazione a circostanze od eventi ragionevolmente prevedibili nel futuro, rimanendo esclusa solo quando ha ad oggetto un complesso di circostanze inesistenti, falsamente date come attuali, poiché in tal caso la fattispecie concreta esula dal modello descrittivo tracciato dalla norma”.
In secondo luogo, la Suprema Corte ha chiarito che l’abuso di informazioni privilegiate di cui all’art. 184 T.U.F. “configura un tipico reato di pericolo e di mera condotta, che realizza una tutela anticipata dei beni giuridici protetti (la stabilità e la trasparenza dei mercati nonché, ovviamente, la tutela degli investitori), a prescindere dal danno arrecato e, dunque, del vantaggio conseguito dall’insider”. Tale fattispecie punisce infatti “l’utilizzazione dell’informazione privilegiata da parte del suo possessore per compiere investimenti (acquisto, vendita o altre operazioni su strumenti finanziari), giocando sulla sua conoscenza delle dinamiche finanziarie che stanno per coinvolgere l’ente ed il suo patrimonio azionario”; di contro, al fine di ritenere integrato il reato di insider trading la Corte ha ribadito come non sia necessaria la “elisione del margine di rischio nell’operazione su titoli (margine di rischio che sarebbe, invece, ‘tipico’ degli altri operatori ‘disinformati’)”.
Infine, con riferimento alla qualifica soggettiva di insider primario, la Corte ha evidenziato che “se è vero che non in ogni attività lavorativa prestata […] all’interno di una società di consulenza che operi per attività di due diligence potrebbe ravvisarsi quel rapporto qualificato richiesto dalla norma per fondare il formarsi di una conoscenza privilegiata ed individuare un ruolo di insider primario, tuttavia, è indubbio che tale ruolo possa essere riconosciuto in capo a colui il quale rivesta in una tale società una qualifica di spicco – come è quella di socio senior – e, per tale condizione, assuma una speciale autorevolezza e visibilità tra i colleghi, con conseguente capacità di divenire recettore e collettore delle vicende di singole attività di consulenza delle quali pure non partecipi direttamente”.

Per ciò che concerne il duplice regime sanzionatorio – penale ed amministrativo – applicabile nei reati di market abuse, all’esito di un articolato percorso argomentativo sul tema del ne bis in idem, la Suprema Corte ha ritenuto che – seppur in via eccezionale – la sanzione penale per i reati di market abuse (e quindi anche di insider trading) possa essere disapplicata qualora la complessiva entità della sanzione amministrativa già inflitta sia idonea ad assorbire integralmente il disvalore della condotta e a offrire quindi piena tutela all’interesse protetto dell’integrità dei mercati finanziari e delle fiducia del pubblico negli strumenti finanziari. Nello specifico, la Corte di Cassazione ha espresso il principio di diritto secondo cui, anche in tema di insider trading e ne bis in idem, “la disapplicazione della disciplina penale potrà aver luogo soltanto nell’ipotesi in cui la sanzione amministrativa già inflitta in via definitiva sia strutturata in maniera e misura tali da assorbire completamente il disvalore della condotta, poiché in tal caso il cumulo delle sanzioni risulta radicalmente sproporzionato e contrario ai principi sanciti dagli artt. 50 CDFUE e 4 Prot. n. 7 CEDU, come interpretati dalle Corti europee”.

 

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