Nel caso in esame, il Tribunale competente a decidere sull’opposizione allo stato passivo presentata da una società, rigettava la domanda di ammissione al passivo del credito da questa insinuato a titolo di rimborso di spese legali sostenute nei giudizi intrapresi nei confronti della fallita quando ancora in bonis, rilevando che la stessa opponente, avendone richiesto l’attribuzione “al sottoscritto procuratore per averne fatto anticipo”, aveva rappresentato che l’unico legittimato a proporre tale domanda era il suo difensore distrattario.
La Suprema Corte, nella pronuncia in commento, ha invece riconosciuto alla società ricorrene la titolarità del credito vantato e, quindi, la legittimazione a presentare domanda di ammissione al passivo, dal momento che la richiesta di attribuzione delle spese legali al predetto procuratore non era indicativa né della volontà della società di rinunciare al proprio credito né di cederlo al suo difensore.
Infatti, come rappresentato dall’art. 93 c.p.c, la richiesta del difensore dell’emissione di un provvedimento di distrazione delle spese legali sostenute avrebbe dovuto essere formulata nell’ambito dei processi intentati contro la società poi fallita.
Al contrario, tale richiesta, avanzata – come rilevano i giudici ermellini – in sede di insinuazione allo stato passivo, non è idonea ad ottenere una pronuncia di distrazione a favore del legale e non fornisce a quest’ultimo il titolo giudiziale necessario per richiedere in proprio, alla società fallita, il pagamento delle spese legali anticipate.
Sulla scorta di queste argomentazioni, la Corte di Cassazione ha riconosciuto che la società è la sola titolare del credito de quo e, quindi, l’unica legittimata a presentare domanda di insinuazione allo stato passivo, dal momento che il difensore della società “non era munito del titolo giudiziale necessario per poter ottenere in via diretta dalla debitrice il pagamento delle spese anticipate e per poter, in conseguenza, essere ammesso al passivo”.