Con sentenza del 6 marzo 2025, n. 5964, la Corte di Cassazione (Pres. Ferro – Rel. Dongiacomo) ha ribadito che il fideiussore del debitore fallito che non ha effettuato il pagamento per la soddisfazione del creditore garantito non è titolare di alcun diritto di regresso e, pertanto, non è legittimato all’insinuazione con riserva nello stato passivo, ai sensi dell’art. 55 comma 3 della Legge Fallimentare, dovendosi ritenere il predetto pagamento fatto costitutivo del credito di regresso.
I giudici di legittimità hanno statuito che “in tema di concorso dei creditori, ai sensi dell’art. 61 comma 3 della Legge Fallimentare, il fideiussore non ha un credito di regresso prima del pagamento e dunque non può essere ammesso con riserva per un credito condizionale” e, pertanto, in virtù della natura concorsuale del credito di regresso può “essere ammesso al passivo … solo se e nella misura in cui sia già avvenuto il pagamento”.
Risulta, dunque, definitivamente superato il precedente orientamento giurisprudenziale che ammetteva l’insinuazione al passivo del fideiussore del fallito in base al proprio credito di regresso condizionatamente all’esecuzione del pagamento nei confronti del creditore del fallito, reputando che tale credito di regresso fosse preesistente alla dichiarazione di fallimento – in quanto recante la propria genesi nell’antecedente momento della costituzione della garanzia fideiussoria – ma inesigibile fino a quando il creditore del fallito non fosse stato soddisfatto.
Nel caso in esame, gli Ermellini – cassando parzialmente il decreto di rigetto dell’opposizione allo stato passivo proposta dall’istituto bancario fideiussore di una società sottoposta ad una procedura di liquidazione coatta amministrativa – hanno altresì evidenziato che l’art. 55 comma 3 della Legge Fallimentare costituisce una disposizione eccezionale che si riferisce ai cosiddetti “crediti condizionali” e non può essere applicata, in via analogica, ai casi in cui il diritto di credito non sia ancora sorto.