Con sentenza n. 22093 del 29 ottobre 2015 le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno affermato il seguente principio di diritto in materia di insolvenza transfrontaliera.
Nel caso in cui, nei confronti di una società a responsabilità limitata avente sede statutaria e struttura produttiva in Italia – facente parte di un gruppo di imprese partecipate totalitariamente da una holding finanziaria di diritto belga -, sia stata aperta una procedura di insolvenza principale dal Giudice francese in base all’individuazione in Francia del centro degli interessi principali della stessa società, ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza – individuazione incontestabile da parte di tutti gli altri Stati membri, ai sensi del combinato disposto degli artt. 16, p.1, e 17, p.1, del Regolamento -, l’apertura di tale procedura non osta a che il Giudice italiano apra successivamente nei confronti della società medesima una procedura di insolvenza secondaria ai sensi dell’art. 3, paragrafo 2, dello stesso Regolamento, all’unica condizione che detta società sia qualificabile come dipendenza, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, lettera h), e dello stesso art. 3, paragrafo 2, dei Regolamento medesimo, come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea con la sentenza 4 settembre 2014, pronunciata nella causa C-327/13, secondo la quale l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, dei 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, dev’essere interpretato nel senso che, in caso di messa in liquidazione di una società in uno Stato membro diverso da quello dove essa ha la sua sede legale, detta società può essere oggetto anche di una procedura secondaria di insolvenza nell’altro Stato membro, dove essa ha la sua sede legale e dove è dotata di personalità giuridica.