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Giurisprudenza

Insussistenza dell’obbligo di verifica del c.d. test di vitalità per le perdite fiscali di periodo

17 Maggio 2017

Matteo Porqueddu, Tremonti Romagnoli Piccardi e Associati

CTR Lombardia, Milano, Sez. XXXVI, 1 dicembre 2016, n. 6353

Di cosa si parla in questo articolo

Con la pronuncia in oggetto la Commissione Tributaria Regionale di Milano si è recentemente espressa a favore del contribuente con riferimento alla questione relativa alla possibilità di riportare perdite fiscali da parte di una società fusa per incorporazione. In particolare, erano stati impugnati gli avvisi di accertamento relativi alle annualità 2006-2007 contenenti rilievi sull’indebito utilizzo di perdite fiscali pregresse riportate dalla società incorporata a seguito di un’operazione di fusione per incorporazione i cui effetti fiscali erano stati fatti retroagire all’inizio del periodo di imposta. Nel caso di specie, l’Agenzia riteneva non corretto il riporto di perdite fiscali maturate nel c.d. periodo interinale (e.g. periodo intercorrente tra l’inizio del periodo di imposta della società risultante dalla fusione e la data in cui la fusione era stata deliberata), rilevando che la società in quel periodo era stata depotenziata dal punto di vista patrimoniale e di conseguenza non superava i test antielusivi previsti dall’art. 172 comma 7 del D.p.r. 22 Dicembre 1986 n. 917 (“TUIR”).

Più in dettaglio la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali a seguito di un’operazione di fusione, caratterizzandosi per la potenziale capacità della stessa di dar vita a fenomeni di natura elusiva come l’utilizzo fraudolento di perdite maturate in capo a società inattive oggetto di successiva fusione, è permessa a condizione che vengano rispettati determinati requisiti economici e patrimoniali volti a dimostrate la c.d. “vitalità economica” della società.

In particolare, una società è ritenuta vitale (e quindi le è permesso riportare le perdite fiscali nell’ambito di un’operazione di fusione) quando nel conto economico del bilancio dell’esercizio precedente a quello in cui la fusione viene deliberata sono contabilizzati un ammontare di ricavi e di spese per prestazioni di lavoro, non inferiori al 40% della media calcolata rispetto ai conti economici dei due esercizi anteriori; inoltre le perdite fiscali riportabili della società non possono eccedere il limite del patrimonio netto della società che le ha prodotte, decrementato dei conferimenti e versamenti eseguiti negli ultimi 24 mesi.

Rispetto al mero dato letterale contenuto nella norma l’interpretazione data nel tempo dall’Agenzia delle Entrate ne aveva ampliato sensibilmente l’ambito applicativo comportando che il suddetto test di vitalità dovesse essere verificato non solo nel periodo precedente alla fusione, ma anche nel periodo interinale tra l’inizio del periodo di imposta della società coinvolta e la data in cui la fusione veniva deliberata (sul punto cfr. Risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate: 09 Maggio 2011, n. 54, 10 Aprile 2008 n. 143, 24 ottobre 2006 n.116 e da ultimo Circolare 30 marzo 2016 n. 6).

La sentenza in commento smentisce dunque l’interpretazione data dall’Agenzia delle Entrate chiarendo che se l’ufficio vuole contestare l’indebito riporto di perdite fiscali maturate nel periodo interinale in cui la società incorporata si presume essere stata depotenziata e resa inattiva deve necessariamente contestare ai danni della stessa l’intento elusivo dell’operazione indicando la specifica norma al riguardo supportando la stessa contestazione da specifica documentazione probatoria.

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