Con la sentenza in oggetto, la Corte di Cassazione ha precisato, facendo proprio un orientamento giurisprudenziale già consolidato, che, ai fini del trasferimento d’azienda, la disciplina di cui all’art. 2112 c.c., postula che il complesso organizzato dei beni dell’impresa – nella sua identità obiettiva – sia passato ad un diverso titolare in forza di una vicenda giuridica riconducibile al fenomeno della successione in senso ampio. Non è necessario, pertanto, un rapporto contrattuale diretto tra l’imprenditore uscente e quello che subentra nella gestione.
In questa prospettiva, è configurabile il trasferimento di un ramo di azienda anche nel caso in cui la cessione abbia ad oggetto un gruppo di dipendenti dotati di particolari competenze che siano stabilmente coordinati ed organizzati tra loro, così da rendere le loro attività interagenti ed idonee a tradursi in beni e servizi ben individuabili. Tale interpretazione è in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza comunitaria già in vigenza della direttiva 1977/187/CEE e, in continuità, anche successivamente all’adozione della direttiva 97/50/CE, per cui il concetto di entità economica trasferita sia tale da prendere in considerazione, in senso ampio, il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione. Anche un gruppo di lavoratori che assolva stabilmente un’attività comune può corrispondere, in questo senso, ad un’entità economica, la quale conserva la propria identità ove il nuovo titolare non si limiti a proseguire l’impresa ma riassuma anche una parte essenziale (in termini di numero e di competenza) del personale specificamente destinato dal predecessore a tali compiti.