Con provvedimento del 22 maggio 2014 il Tribunale di Milano ha fornito il proprio orientamento in ordine alla questione concernente la rilevanza degli interessi moratori ai fini del calcolo dell’usura.
Nel farlo il Tribunale ha interpretato l’orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione con la nota sentenza n. 350 del 9 gennaio 2013, la quale aveva affermato il principio secondo cui, ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p., si considerano usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e quindi anche a titolo d’interessi moratori.
Secondo il Tribunale di Milano la sentenza della Cassazione, laddove precisa che “si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori”, conferma che anche la pattuizione relativa al saggio degli interessi moratori deve essere oggetto di valutazione in ordine al superamento, con tale pattuizione, del tasso soglia, senza tuttavia esprimere il principio che i tassi pattuiti, con funzioni distinte ed autonome, a titolo di naturale remuneratività del denaro ed a titolo di mora, debbano essere considerati unitariamente.
Una diversa interpretazione del principio espresso dalla Cassazione, che propenda per la necessità del cumulo tra interessi corrispettivi ed interessi moratori, non sarebbe condivisibile, e ciò in relazione alla diversità ontologica e funzionale delle due categorie di interessi, che non ne consente il mero cumulo.
Difatti, conclude il Tribunale, il tasso di mora ha una autonoma funzione quale penalità per il fatto, imputabile al mutuatario e solo eventuale, del ritardato pagamento, e quindi la sua incidenza va rapportata al protrarsi ed alla gravità della inadempienza, del tutto diversa dalla funzione di remunerazione propria degli interessi corrispettivi.