SOMMARIO1: 1. Gli interessi moratori vanno inclusi nel calcoli dell’usura? – 1.1. La Corte di Cassazione. – 1.2. La Banca d’Italia. – 1.3. L’Arbitro bancario e finanziario. – 1.4. La giurisprudenza di merito. – 2. La funzione tipica degli interessi di mora; il mancato rilevamento da parte della Banca d’Italia, il rischio di innalzare il TEGM. – 3. Il controllo giudiziale sugli interessi moratori secondo la tesi che esclude la rilevanza ai fini del calcolo del rispetto della soglia di usura: l’eventuale frode alla legge (art. 1344 c.c.); l’art. 644, comma 3 c.p.; la riduzione della penale; ilprincipio di buona fede. – 4. Il regime normativo degli interessi moratori invalidi.
1. Gli interessi moratori vanno inclusi nel calcoli dell’usura?
L’usura nei tribunali è una storia a tappe successive, tormentata da overruling (su usi normativi ed anatocismo), innovazioni legislative (sulle commissioni di massimo scoperto), norme interpretative (su usura sopravvenuta), dichiarazioni di incostituzionalità (sull’irripetibilità delle somme versate2), introduzioni e disapplicazioni di fonti secondarie (le Circolari della Banca d’Italia), e continuamente alimentata dalla forte pressione di interessi economici. Abbandonando il tradizionale stile compassato studiosi intitolano i loro interessanti lavori “Legalizzazione dell’usura” (da parte del legislatore)3 o all’opposto “Diritto rovesciato” (da parte dei giudici) 4.
Ogni scelta contrattuale generalmente adottata, ogni modifica normativa o mutamento di indirizzo giurisprudenziale virtualmente spostano capitali ingenti. In tal senso, può ricordarsi come il Governatore della Banca d’Italia il 4 dicembre del 2000, dopo le tre pronunce di quell’anno della Corte di Cassazione sull’usura sopravvenuta, che sancivano l’applicabilità della legge 108/1996 anche ai contratti bancari conclusi in data anteriore alla sua entrata in vigore stimò in una missiva al Ministero del Tesoro in 15.000 miliardi di lire il costo per le banche di tale interpretazione, nel caso di sostituzione del tasso contrattuale con il tasso soglia ed in 50.000 miliardi di lire la trasformazione dei contratti in finanziamenti gratuiti per l’applicazione della norma sanzionatoria prevista dall’art. 1815 c.c., comma 25.
1.1. La posizione della Corte di Cassazione
In un clima surriscaldato di conflitti tra clienti e banche e relative associazioni di categoria, la Suprema Corte (n. 350 del 9 gennaio 2013), con una stringata motivazione afferma che gli interessi moratori rilevano ai fini del rispetto della soglia di usura.
Il primo argomento dei giudici di legittimità è letterale: ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p., si considerano usurari gli “interessi che superano il limite stabilito dalla legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e quindi anche a titolo d’interessi moratori. Aggiungono, inoltre, che la giurisprudenza costituzionale6 ha già evidenziato che “il riferimento, contenuto nel D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1, agli interessi a qualunque titolo convenuti rende plausibile – senza necessità di specifica motivazione – l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori”7.
Spicca, poi, come argomento rafforzativo il fatto che «la legge n. 108 del 1996 ha individuato un unico criterio ai fini dell’accertamento del carattere usurario degli interessi. Inoltre, afferma la S.C. che «nel sistema era già presente un principio di omogeneità di trattamento degli interessi, pur nella diversità di funzione, come emerge anche dall’art. 1224, 1° comma, cod. civ., nella parte in cui prevede che se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura. Il ritardo colpevole, poi, non giustifica di per sé il permanere della validità di un’obbligazione così onerosa e contraria al principio generale posto dalla legge»89.
L’inclusione degli interessi moratori nell’usura non è un fulmine a ciel sereno destinato a creare scompiglio negli operatori economici. Le sentenze della Suprema Corte del 2013 non fanno altro che continuare a percorrere un solco giurisprudenziale più volte tracciato da altre sentenze di legittimità, anche se sempre in modo piuttosto sommario10.
1.2. La posizione della Banca d’Italia
La Banca d’Italia ha sempre adottato una tesi negativa, omettendo di rilevare ed inserire nel TEGM, gli interessi moratori. La posizione della Corte di Cassazione, però, ha portato l’Istituto ad adottare un atteggiamento solo in parte diverso.
Nei Chiarimenti del 3 luglio 2013 delle “Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura”, Chiarimenti del 3 luglio 2013 afferma che «gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo» devono essere esclusi dal calcolo del TEGM11, motivando con tre argomenti, che possono essere schematizzati nel modo seguente.12
– L’inclusione degli interessi moratori innalzerebbe il TEGM danneggiando i clienti.
Se gli interessi moratori incidono sul tasso usuraio, la loro considerazione nei rilievi statistici porta a rilevare tassi medi di mercato maggiori rispetto a quelli registrati depurando i contratti dagli stessi. La loro addizione al TEGM realizzerebbe un effetto distorsivo che porterebbe ad elevare per tutti la soglia dell’usura.
– Si tratta di una fase di anomala del rapporto, conseguente all’inadempimento del cliente.
Gli interessi corrispettivi riguardano l’aspetto commutativo e fisiologico, gli interessi moratori, invece, riguardano l’aspetto risarcitorio e patologico.
– La direttiva 2008/48/CE del 23 aprile 2008, che pone la disciplina comunitaria relativa ai contratti di credito ai consumatori, all’art. 19, par. 2, esclude dal calcolo del TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) qualsiasi penale da inadempimentodi un qualsiasi obbligo contrattuale, inclusi gli interessi di mora. Inoltre, l’esclusione degli interessi di mora dalle soglie è sottolineata anche negli appositi Decreti trimestrali del Ministero dell’Economia e delle Finanze i quali specificano che “i tassi effettivi globali medi (…) non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento”.
Questa nettezza di posizione della Banca d’Italia sfuma, però, nella misura in cui, nelle stesse Istruzioni, l’Istituto afferma che gli interessi di mora “non sono estranei all’usura”. Poco lineare, infatti, è il “chiarimento” secondo cui “in ogni caso, anche gli interessi di mora sono soggetti alla normativa anti-usura. Per evitare il confronto tra tassi disomogenei (TEG applicato al singolo cliente, comprensivo della mora effettivamente pagata, e tasso soglia che esclude la mora), i Decreti trimestrali riportano i risultati di un’indagine per cui “la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali”. In assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori, la Banca d’Italia adotta, quindi, nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, il criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo13. La maggiorazione corrisponde a quella rilevata come “mediamente stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento”, a seguito di un’indagine statistica eseguita nel 2002 “a fini conoscitivi” dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio Italiano Cambi.
Tale riferimento lascia dei problemi concreti: manca il rilievo corretto degli interessi moratori mediamente praticati sul mercato; inoltre, il riferimento allo spread del 2,1% risale al 2002 e ha una affidabilità statistica non certa. Chi può dire se in un dato anno lo delle banche inserito nei testi contrattuali sia uguale, superiore o inferiore?
1.3. La posizione dell’Arbitro bancario e finanziario
La giurisprudenza dell’ABF si discosta consapevolmente dall’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, evidenziando, oltre che la diversità di funzione tra le due diverse categorie di interessi, il favore della normativa comunitaria verso forme di liquidazione forfetaria del danno da ritardato pagamento.
Una decisione dell’ABF Nord evidenzia che il legislatore europeo considera l’esclusione contrattuale degli interessi moratori come una lesione della libertà contrattuale del creditore14. Allo scopo richiama la direttiva 2011/7/UE del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, attuata con decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, modificato dal d.lgs. 9 novembre 2012, n. 192. In particolare, la citata decisione dell’ABF evidenzia che, nel 28° considerando, si afferma che: «La presente direttiva dovrebbe proibire l’abuso della libertà contrattuale a danno del creditore. Di conseguenza, quando una clausola contrattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamento, al tasso di interesse di mora o al risarcimento dei costi di recupero non sia giustificata sulla base delle condizioni concesse al debitore, o abbia principalmente l’obiettivo di procurare al debitore liquidità aggiuntiva a spese del creditore, si può ritenere che si configuri un siffatto abuso. A tale riguardo e conformemente al progetto accademico di quadro comune di riferimento, qualsiasi clausola contrattuale o prassi che si discosti gravemente dalla corretta prassi commerciale e sia in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza dovrebbe essere considerata iniqua per il creditore. In particolare, l’esclusione esplicita del diritto di applicare interessi di mora dovrebbe essere sempre considerata come gravemente iniqua, mentre l’esclusione del diritto al risarcimento dei costi di recupero dovrebbe essere presunta tale». Inoltre, un’altra decisione dell’ABF15) ricorda non solo la citata direttiva 2008/48/CE, ma anche l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali (COM(2011)142), approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito «sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito». Infatti, «il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull’ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito» (art.19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE).
1.4. La posizione della giurisprudenza di merito
La giurisprudenza di merito16 si trova a dover fare i conti con le implicazioni degli arresti della Corte di Cassazione favorevoli al conteggio degli interessi moratori per l’usura.
Da un lato, qualche decisione17 radicalmente dissente da Cass. 350/2013, affermando che il Supremo giudice non tiene conto del fatto che gli artt. 1815 c.c. e 644 c.p. si riferiscono agli interessi corrispettivi e, inoltre, che i rilievi del TEGM si riferiscono adoperazioni della stessa natura, per cui non può confrontarsi il tasso corrispondente alla somma di corrispettivi e moratori.
Altri tribunali, invece, escludono per ragioni tecniche che nei mutui con piano di ammortamento possa verificarsi una condizione legale di cumulo di interessi corrispettivi e moratori18, affermando che, nei contratti di mutuo a tasso fisso, la rata del piano di ammortamento prevede capitale ed interesse e che, alla scadenza della rata, diviene tutto capitale, per cui non può porsi un problema di cumulo del tasso di mora con quelli che solo originariamente erano interessi. In altri termini, trasformati alla scadenza gli interessi corrispettivi in capitale, non si sommerebbe il saggio convenzionale ed il saggio moratorio, per cui potrebbe esservi usura solo se il tasso di mora in sé – calcolato su capitale ed interessi scaduti, ormai divenuti quota capitale -, sia superiore al tasso soglia. “A cadere sotto la scure della sanzione della nullità, con conseguente obbligo di restituzione dell’indebito, è, invece, anche nella ribadita interpretazione della Suprema Corte, solo la previsione di un tasso moratorio che, in sé considerato, e non in forma additiva rispetto al tasso corrispettivo ed alle altre voci considerate nel t.e.g., sia tale da oltrepassare il tasso soglia”19.
Altri giudici di merito, ancora, hanno evidenziato che la giurisprudenza maggioritaria non ha mai autorizzato la sommatoria degli interessi di mora a quelli corrispettivi, ma ha semplicemente e correttamente sommato il tasso degli interessi corrispettivi con la maggiorazione (spread) prevista per calcolare i tassi moratori. In altre parole, è stato semplicemente confermato che i tassi moratori, spesso determinati in contratto come sommatoria tra tasso degli interessi corrispettivi e spread fisso, vanno confrontati, di per sé, con la soglia di usura senza essere stata autorizzata alcuna addizione del saggio degli interessi corrispettivi e di quelli moratori20.
Ecco perché tale giurisprudenza avverte che gli interessi di mora sulla rata composita di mutuo possono determinare usura, ma solo se computati sull’intera rata comprensiva di interesse21.
2. La funzione tipica degli interessi di mora. Il mancato rilevamento da parte della Banca d’Italia. Il rischio di innalzare il TEGM.
Astrattamente considerati, i corrispettivi ed interessi moratori rispondono a funzioni diverse: i primi sono corrispettivo del prestito; i secondi costituiscono una liquidazione convenzionale forfetaria del danno in caso di inadempimento del debitore. In tal senso, parte degli operatori, come si è detto, ritiene di escludere i secondi dal calcolo dell’usura.
La tesi di segno contrario della Corte di legittimità, tuttavia, è fortemente supportata dal testo delle norme primarie.
L’art. 1, comma 1°, del d.l. 29.12.2000, n. 394, convertito con lain legge n. 24/2001, introdotto con la finalità essenziale di interpretare autenticamente gli artt. 644 c.p.c. e 1815, comma 2 c.c., dà rilevanza esclusiva al confronto tra tasso contrattuale e TEGM nel momento temporale della pattuizione, e non del pagamento, e fa riferimento agli interessi convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”.
Ancora più incisivo è il comma 4 dell’art. 644 c.p. che impone “Per la determinazione del tasso di interesse usurario” di tener “conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”, basandosi quindi su un criterio di omnicomprensività che esplicitamente rifugge ogni distinzione tipologica nel contratto tra le diverse voci di costo del credito.
La dottrina ha evidenziato che la Relazione governativa che accompagna il decreto del 2000 fa un esplicito riferimento a ogni tipologia di interesse, «sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio»22.
A ciò si aggiunge che il comma 3 dell’art. 644 c.p. punisce anche il patto usurario che riguardi, oltre gli interessi, anche “gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria”.
Le parole del legislatore, non appaiono del tutto risolutive perché, si obietta che, pur dovendosi tener conto di tutti i costi contrattuali, essi devono comunque essere riferibili “alla erogazione del credito”23.
Alla tesi del carattere necessariamente corrispettivo degli interessi, può replicarsi, però, non solo che parte della dottrina, sul piano dogmatico comunque riconosce anche agli interessi moratori una funzione compensativa del mancato godimento, e non una liquidazione del danno, ma anche che ormai risulta pacifica la rilevanza per l’usura sia delle commissioni (in primis la C.M.S., almeno dal 2009) sia di molte polizze assicurative che di certo svolgono una funzione del tutto diversa rispetto a quella di remunerare il prestito.
Per quanto riguarda le polizze assicurative, infatti, le Istruzioni della Banca d’Italia dell’agosto del 2009 specificano che, al fine del calcolo dei TEGM, bisogna considerare, in particolare, oltre alla commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito, anche «le spese per assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito ovvero a tutelare altrimenti i diritti del creditore (ad es. polizze per furto e incendio sui beni concessi in leasing o in ipoteca), se la conclusione del contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo è contestuale alla concessione del finanziamento ovvero obbligatoria per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte, indipendentemente dal fatto che la polizza venga stipulata per il tramite del finanziatore o direttamente dal cliente».
Per l’ABF Collegio Roma, dec. n. 1419/2012, «secondo l’interpretazione più accreditata della norma, le spese assicurative rappresentano una componente del costo del finanziamento e devono essere incluse nel conteggio del Tasso annuo effettivo globale, quando sono considerate obbligatorie dal creditore. Ove invece queste siano meramente facoltative, non concorrono al suddetto calcolo»24
La diversità tra interesse di mora e polizza assicurativa, ai fini del computo dell’usura, può consistere nel carattere solo eventuale, nella prospettiva patologica, dell’esigibilità del credito per gli interessi moratori, a fronte della immediata efficacia della prestazione di pagamento del corso della polizza. Di certo però viene sconfessata la tesi della necessaria correlazione tra costo e remunerazione del credito. E’ agevole replicare alla tesi avversa inoltre, che la previsione della C.M.S. per l’utilizzo della disponibilità ultrafido è anche essa eventuale (C.M. scoperto in senso proprio).
Anche la giurisprudenza di merito ha incluso nel TEGM le polizze fideiussorie25. In particolare, il Tribunale di Busto Arsizio del 12.3.13 e la Corte di Appello di Milano del 17.7.2013 vi hanno incluso i costi della polizza fideiussoria a garanzia della mancata restituzione del mutuo per perdita di impiego, morte o malattia professionale.
Il secondo problema della tesi inclusiva è quello della mancata rilevazione degli interessi di mora da parte della Banca d’Italia.
Per parte della giurisprudenza26 (non è dirimente la mancata rilevazione del costo medio della singola voce – nella specie la c.m.s. – da parte della Banca d’Italia perché essa ha valenza solo statistica: dal punto di vista penalistico tale mancanza determina una carenza dell’elemento soggettivo del reato (meglio: può determinare, ma non necessariamente tale carenza), ma dal punto di vista civilistico, è onere e rischio dell’intermediario che costi non ricompresi nelle rilevazioni della Banca d’Italia possano portare allo sforamento del tasso soglia, per cui questi è tenuto a determinarli nell’ambito del tasso soglia.
Nel consegue anche che (per il Trib. Padova citato), per le polizze, i relativi costi vanno aggiunti a tasso praticato anche nei contratti anteriori al 2009, data della modifica dei criteri di rilevazione della Banca d’Italia.
Va ricordato, peraltro, che, a partire dall’introduzione dell’art. 2 bis, comma 2 del d.l.. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con la L. 28 gennaio 2009, n. 2, la c.m.s. rientra nel calcolo del tasso usurario. Anche le Istruzioni della Banca d’Italia dell’agosto 2009 per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura prevedono, al punto C.4, che nel trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG, siano sono indicate (sub 7) fra le varie voci da comprendere nel calcolo che: “gli oneri per la messa a disposizione dei fondi, le penali e gli oneri applicati nel caso di passaggio a debito di conti non affidati o negli sconfinamenti sui conti correnti affidati rispetto al fido accordato e la commissione di massimo scoperto laddove applicabile secondo le disposizioni di legge vigenti”.27
Possiamo quindi ritenere superato il problema dell’identità funzionale della voce di costo, soprattutto se si considera che l’art. 644 c.p. disciplina il complessivo fenomeno criminale dell’usura, e non specificamente l’usura bancaria, apparendo, quindi, più che chiara la volontà di sanzionare i vantaggi sproporzionati derivanti dal prestito, indipendentemente dalla natura e funzione delle clausole negoziali convenute dalle parti.
Se, infatti, (I) il dato normativo letterale include ogni costo per l’erogazione del credito nel TEGM, (II) il carattere funzionale non porta ad espungere gli interessi moratori e (III) il mancato accertamento statistico non è ostativo alla loro considerazione, la questione interpretativa non appare del tutto superata, perché appare necessario farsi carico di ulteriori possibili problemi giuridici.
In particolare, è necessario dare risposta alle seguenti, ulteriori sue implicazioni, da esaminarsi distintamente.
La inclusione dell’interesse moratorio non comprime ingiustamente la libertà di fissare una penale per l’inadempimento?
L’inclusione nel TEGM non esclude di per sé la possibilità di fissare una penale di inadempimento determinata in termini di tasso. Impedisce, invece, di fissare un tasso convenzionale che addizionato al tasso moratorio porti a sforare la soglia di usura. Non vi è alcuna violazione, quindi, delle norme europee in tema di divieto di abuso della libertà contrattuale del creditore nelle transazioni commerciali. L’unica preclusione, quindi, consiste nell’impossibilità di prevedere un saggio degli interessi moratori più alto del saggio degli interessi corrispettivi già al limite del tasso soglia.
E’ coerente che le nome comunitarie escludano le penali dal TAEG ed invece, gli interessi usurari rientrino nel TEGM?
Va osservato sul punto che:
– non vi è alcuna incoerenza ordinamentale: il TAEG risponde ad esigenza di trasparenza contrattuale; il tasso usura invece alla tutela della libertà negoziale dall’imposizione di squilibri contrattuali e dalla prevenzione del fenomeno usurario;
– C.M.S. e polizze assicurative rientrano già del TEGM.
e d. la sommatoria di interessi moratori e convenzionali nel tasso contrattuale nella comparazione con il TEGM non porta a misurare entità disomogenee? Se si inseriscono gli interessi moratori nel TEGM non si finisce per innalzare la soglia di usura anche per gli interessi convenzionali?
In linea con la tesi dell’ABF e della Banca d’Italia, parte della dottrina esclude, ai fini dell’usura, la rilevanza nel tasso contrattuale degli interessi moratori in quanto gli interessi moratori intervengono solo in una fase patologica ed eventuale del rapporto ed, inoltre, vi è una diversità funzionale tra interessi convenzionali ed interessi moratori.
Altri autori, invece, ritengono che le istruzioni della Banca d’Italia ed i d.m. trimestrali dovrebbero considerare anche i tassi moratori. La maggior parte degli studiosi e degli operatori concorda sul fatto che la Banca d’Italia non ha alcun compito specifico o selettivo nell’individuare le voci da inserire nel TEGM e che lo stesso Ministero del Tesoro ha solo un compito oggettivo di rilevazione statistica dei tassi medi: “fotografa” i tassi di mercato. Entrambe le Istituzioni, quindi, difettano di un potere selettivo degli oneri da includere nel calcolo del TEGM e, di conseguenza, il mancato rilievo degli interessi moratori non ne può determinare l’esclusione dal TEGM. Fino all’adeguamento delle fonti amministrative, potrà essere messo in comparazione il tasso moratorio convenzionale con il TEGM incrementato del 2,1% o con lo spread mediamente praticato sul mercato ed individuato mediante CTU.
Secondo la Banca d’Italia e secondo diversi operatori l’inclusione degli interessi moratori nel TEGM porterebbe, però, inevitabilmente ad elevare la soglia di usura anche per il tasso corrispettivo: il saggio di quest’ultimo non dovrebbe più essere confrontato con il saggio degli interessi corrispettivi mediamente richiesti sul mercato per la specifica operazione, ma con il saggio di questi ultimi incrementato dello spread medio praticato sul mercato per gli interessi moratori.
Si sostiene, però, contestando tale soluzione che non si tratta, però, di operazioni contrattuali di diversa natura, ma della stessa operazione in due momenti diversi e che, quindi, non ha alcuna giustificazione differenziare le soglie di usura, soprattutto se si considera che la tipologia di operazione e la relativa soglia di usura già valutano anticipatamente il rischio di inadempimento.28 Si giunge così ad una conclusione opposta rispetto a quella della tesi che esclude la rilevanza degli interessi moratori: gli interessi moratori devono essere valutati nel tasso contrattuale, ma devono essere esclusi dal TEGM, scongiurandosi così il rischio di un innalzamento generalizzato degli interessi anche per i rapporti fisiologici: i criteri di formazione dei due tassi risultano accostati, ma rimangono distinti e separati: non è stabilito dalla legge alcun criterio di omogeneità, né questa può semplicisticamente essere dedotta dalla circostanza che la legge 108/96 indica, per la rilevazione del TEGM, la stessa terminologia ‘commissioni, remunerazione a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse’, utilizzata per l’accertamento del tasso usurario29.
L’idea di un rilievo del tasso contrattuale e del TEGM, secondo criteri non omogenei, invece, quasi scandalizza altri studiosi30, i quali rilevano che le formule legislative del tasso contrattuale e del tasso generale sono del tutto identiche. L’art. 1, comma 1, della legge 108/96, infatti, afferma: “Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”. L’art. 2 comma 1, afferma poi: “Il Ministro del Tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio Italiano dei Cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazione a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse…”.
Per la tesi contraria, però, ciò non è sufficiente31: la differenziazione di tassi può essere giustificata dalla natura oggettiva del rischio insito nella tipologia di credito, e mai dal rischio associato al cliente e/o all’iniziativa finanziata che, invece, deve essere compreso entro lo spread previsto dalla norma. E’ questo il fondamentale discrimine implicito nella ‘classificazione delle operazioni per categorie omogenee’, disposto dalla legge 108/96. La mora interviene in un momento successivo all’erogazione: a parte temporanei e modesti ritardi nei pagamenti, la mora è un significativo indicatore di deterioramento del credito; inserirla in una diversa categoria, con limite di soglia più alto, addossa, una seconda volta, al “prenditore di fondi le conseguenze di quel rischio che l’intermediario ha già valutato e spesato originariamente nel tasso corrispettivo richiesto”.
Per altri ancora, il TEGM indicato dal MEF, una volta che sia fatto oggetto di pubblicazione nella G.U., costituisce pienamente ed esclusivamente il necessario ed unico tertium comparationis per il giudice, posto che, ai sensi della l. 108/96, art. 2 comma 4, “il limite previsto dal comma 3 dell’art. 644 c.p., oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella G.U. Di riflesso ‘il giudice deve considerare quale misura di riferimento al fine di valutare l’usurarietà dell’agire bancario solo il TEGM, non essendo autorizzato ad effettuare altri confronti’32.
Ad avviso dello scrivente, è ammissibile l’elaborazione di un duplice TEGM per ciascuna categoria di operazioni, ossia (a) il TEGM basato sugli interessi convenzionali (ed altri oneri) praticati sul mercato e (b) un secondo TEGM, inclusivo anche degli interessi di mora, da applicarsi per la stessa categoria di operazioni, ma solo in caso di inadempimento del cliente.
Ciò, innanzitutto, contribuisce a rendere ancora più omogenee le rilevazioni statistiche di operazioni della stessa natura. Si tratta di effettuare una scelta radicale: o si rifiuta l’idea in sé di poter differenziare il TEGM a fronte della mancanza di distinzioni tra i diversi negozi di prestito, in quanto assente nelle norme primarie (art. 1815 c.c. e 644 c.p.), oppure, all’opposto, bisogna tendere alla maggiore accuratezza possibile e, quindi, alla massima omogeneità nella formulazione dei paniere di operazioni.
Con tale duplice rilevazione si tutelano simultaneamente i clienti che adempiono regolarmente agli obblighi restitutori contro l’innalzamento surrettizio del TEGM dovuto all’incremento derivante dall’inclusione dei tassi moratori medi, perché si evita che il tasso convenzionale regolarmente pagato sia confrontato con i tassi di mercato incrementati dello spread mediamente praticato per la mora; simultaneamente, però, si tutelano anche gli intermediari, che vedrebbero altrimenti confrontarsi il tasso contrattuale inclusivo degli interessi moratoricon la rilevazione del TEGM che, invece, li esclude, pur essendo essi, invece, comunemente praticati da tutti gli operatori di mercato.
L’inconveniente deve essere ovviato, quindi, considerando sul piano giuridico interessi corrispettivi ed interessi moratori come entità distinte o, per meglio dire, operazioni economiche di diversa natura, non dal punto di vista della funzione astratta del negozio, ma dello scopo pratico della clausola nel regolamento di interessi. E ciò sul piano della dinamica del rapporto e non su quello causale astratto; ammesso, peraltro, che effettive differenze funzionali vi siano in tutte le tipologie di operazioni già oggetto di rilevazione, appunto, operazioni e non tipi contrattuali diversi. Dall’agosto 2009 le Istruzioni di Banca d’Italia “per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura”, e dal marzo del 2010 i decreti del Ministero dell’Economia (Dipartimento del Tesoro) di “classificazione delle operazioni creditizie per categorie omogenee ai fini della rilevazione dei tassi effettivi globali medi” assegnano spazio autonomo alla peculiare situazione di sconfinamento che è rappresentata dallo “scoperto senza affidamento”: in precedenza costituente, un’unica voce insieme con l’operazione di apertura di credito e lo sconfinamento da extrafido33.
come si addizionano interessi convenzionali ed interessi moratori?
Il problema è emerso nelle cause relative a mutui a tasso fisso nei quali, per il piano di ammortamento, ogni rata comprende capitale ed interessi. Scaduta la rata, si pone il problema del cumulo degli interessi convenzionali e moratori.
Per parte della giurisprudenza, non può verificarsi cumulo, perché gli interessi convenzionali, scaduta la rata, diventano automaticamente capitale34. Altri sottolineano che nei contratti di apertura di conto corrente il consolidamento degli interessi avviene solo alla chiusura del conto.
La questione appare complessa in relazione alle modalità di ammortamento ed all’iniziativa delle singole banche, ma appare dubbia la possibilità di sommare gli interessi moratori (costituiti dal saggio degli interessi corrispettivi aggiunto lo spread ulteriore) sull’intera rata, già comprensiva degli interessi convenzionali.
Di certo l’attuale art. 120 del t.u.b. espressamente lo esclude per il futuro. Si tratta di una norma, della quale, mancando il regolamento attuativo del CICR, si discute dell’attuale vigenza.
3. Il controllo giudiziale sugli interessi moratori secondo la tesi che esclude la rilevanza ai fini del calcolo del rispetto della soglia di usura: l’eventuale frode alla legge (art. 1344 c.c.); l’art. 644, comma 3 c.p.; la riduzione della penale; il principio di buona fede
Non necessariamente chi nega l’appartenenza degli interessi moratori alla tematica dell’usura conclude per la validità delle clausole dei contratti bancari che ne prevedono la corresponsione in caso di inadempimento.
Per l’ABF il controllo giudiziale su tale interessi può essere espresso in due modi differenti: come accertamento «in termini di “manifesta eccessività” del tasso moratorio convenuto» attraverso il rimedio giuridico della riduzione della penale fissata nel contratto ex art. 1384 c.c. (35).; ciò in quanto, “invero, è stata riconosciuta la “confluenza nel rapporto negoziale – accanto al valore costituzionale della «iniziativa economica privata» (sub art. 41) che …. si esprime attraverso lo strumento contrattuale – di un concorrente «dovere di solidarietà» nei rapporti intersoggettivi (art. 2 Cost.).” E da tale dovere è stata desunta «l’esistenza di un principio di inesigibilità come limite alle pretese creditorie»36.
In questo caso, quindi, tale manifesta eccessività sarà rilevabile d’ufficio ed avrà come rimediola riduzione degli interessi moratori e la piena debenza degli interessi corrispettivi, con conseguenze per la banca molto più leggere rispetto all’applicazione della sanzione civilistica dell’art. 1815, comma 2 c.c.
Problema pratico di tale soluzione è quello di determinare quale sia la misura adeguata degli interessi moratori (o meglio non manifestamente eccessiva) ad a questo punto si pone l’alternativa: utilizzare come parametro il rilievo statistico del 2,1% o verificare quale sia il tasso derivante dalla sommatoria degli interessi corrispettivi più lo spread previsto per gli interessi moratori? Oricorrere, come credo, ad entrambi i criteri?
Se la controparte della banca è rappresentata da un consumatore, poi, «la “manifesta eccessività” rende la clausola determinativa, che non sia stata oggetto di trattativa, fino a prova contraria “abusiva” e, come tale, nulla (art. 33, comma 2, lett. f), d.lgs. n. 206/05, in relazione all’art. 36 dello stesso decreto)».
L’ABF, allo scopo di individuare la soluzione compatibile con la direttiva sulle clausole abusive 93/13/CEE, esamina alcuni recenti interventi della Corte di giustizia UE. Le ragioni sottese alle pronunce della Corte europea e alla disciplina sulle clausole abusive – le quali si sostanziano soprattutto nell’obiettivo di garantire l’esistenza di mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive – hanno indotto l’ABF a privilegiare l’interpretazione secondo cui, in seguito all’accertamento della nullità della clausola che determina in modo manifestamente eccessivo gli interessi moratori, perché abusiva ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. f), “essi non siano dovuti affatto”.
La soluzione dell’ABF, di non accordare interessi moratori, denota l’esistenza della volontà di porre in capo al professionista (nella specie, la banca) una misura sanzionatoria in grado di esercitare effetti deterrenti in vista delle future contrattazioni. L’ordinanza precisa che per la banca residua la possibilità di ottenere il risarcimento del danno, causato dal ritardo nel pagamento delle rate, secondo le regole ordinarie (art. 1223 c.c.). In definitiva, ad avviso dell’ABF, l’accertamento della natura vessatoria della clausola determina soltanto la nullità della clausola, mentre la sopravvenuta lacuna contrattuale non deve essere integrata dal diritto dispositivo (ossia dall’art. 1224, comma 1, c.c.). Tuttavia, posto che l’interpretazione prospettata non è ritenuta sicura, in virtù del complesso quadro normativo di riferimento, l’ordinanza ha rimesso la questione al Collegio di coordinamento.
4. Il regime normativo degli interessi moratori invalidi
Una prima considerazione da effettuare sia che si considerino gli interessi moratori come rilevanti ai fini dell’usura sia che se ne escluda la rilevanza è che il momento della comparazione deve essere sempre quello della pattuizione, con la specificazione, naturalmente, che la variazione unilaterale del tasso, quando consentita, equivale a nuovo accordo.
E’ vero che gli interessi moratori sono dovuti solo quando si verifica l’inadempienza, ma solo previsti nel contratto. Non vi è, e non può verificarsi, una usura “sopravvenuta”, perché la loro determinazione è sempre iniziale; si tratta di una usura originaria, ma condizionata all’inadempimento.
Se gli interessi moratori sono usurari, la nullità si estende anche agli interessi corrispettivi?
La sanzione dell’art. 1815 c.c. deroga al principio di conservazione del negozio parzialmente invalido previsto dall’art. 1419 c.c.? Considerato che la norma già prevede l’effetto conservativo del negozio, trasformandolo però da oneroso a gratuito, è compatibile la sanzione civilistica dell’usura con una parcellizzazione delle forme di remunerazione del prestito che dichiarando la nullità solo di una clausola lascia salve le altre forme di remunerazione del prestito?
Si tratta di una questione su cui la giurisprudenza e la dottrina hanno incominciato ad interrogarsi 37.
Di recente la giurisprudenza di merito 38 ha evidenziato che la illiceità degli interessi moratori determina un fenomeno di nullità parziale ai sensi dell’art. 1419 c.c., per cui restano dovuti gli interessi corrispettivi, indipendentemente dal fatto che la banca abbia o meno preteso gli interessi moratori.
In realtà la questione è meno semplice perché la sanzione civilistica della gratuità del contratto è conseguenza della pretesa contrattuale di prestazione a qualsiasi titolo convenute, per cui la norma non si presterebbe ad una valutazione separata delle clausole che costituiscono corrispettivo del prestito. Per esemplificare se il cumulo di interessi corrispettivi e polizza assicurativa in un mutuo o leasing, oppure interessi corrispettivi e commissioni di varia natura comporta uno sforamento del tasso usurario, comunque il cliente sarà tenuto alla sola restituzione della somma ricevuta in prestito.
Dal riferimento indifferenziato dell’art. 1815 c.c. agli interessi, senza alcuna distinzione della relativa natura, per una maggiore tutela del debitore ed in conformità ad una visione unitaria della fattispecie, la Corte d’Appello di Venezia (App. Venezia, Sez. III Civ., 18 febbraio 2013, n. 342) fa discendere l’applicazione della sanzione prevista a tutti gli interessi, sia corrispettivi che moratori.
Secondo un diverso orientamento, essendo la clausola sugli interessi di mora distinta da quella sugli interessi corrispettivi, la nullità della prima non coinvolgerebbe la clausola degli interessi corrispettivi. In questo senso il Tribunale di Milano, in presenza di un tasso di mora debordante la soglia d’usura, ha circoscritto la sanzione prevista dall’art. 1815 c.c. esclusivamente agli interessi di mora: “nel condividersi il principio affermato dalla Corte secondo cui la verifica del rispetto del tasso soglia va estesa alla pattuizione del tasso di mora, ne consegue che, ove detto tasso risultasse pattuito in termini da superare il tasso soglia rilevato all’epoca della stipulazione del contratto, la pattuizione del tasso mora sarebbe nulla, ex art. 1815 comma 2 c.c. (e quindi non applicabile), con l’effetto che, in caso di ritardo o inadempimento, non potrebbero essere applicati interessi di mora, ma sarebbero unicamente dovuti i soli interessi corrispettivi (ove pattuiti nel rispetto del tasso soglia)39. Sempre il medesimo tribunale afferma che la “circostanza che il tasso di mora nominale sia oggetto di autonoma verifica di rispetto del tasso soglia, trova ragione nella sua autonoma e distinta funzione quale penalità per il ritardato adempimento, fatto imputabile al mutuatario e solo eventuale, la cui incidenza va rapportata al protrarsi e all’entità dell’inadempienza”40.
Ora, nessuno dubita che, se il tasso viene sforato per la C.M.S. o per la polizza assicurativa, alcuna retribuzione sia dovuta, non solo a titolo di interessi, ma per qualsiasi altro titolo. Vi è esclusivamente obbligo di restituzione del capitale. La norma sull’usura vuole proprio avere un approccio di tipo omnicomprensivo, una valutazione del sinallagma, del costo del prestito che inglobi ogni possibile costo per prenditore e vantaggio per il concedente. Perché dovrebbe essere diversamente nel caso degli interessi moratori?
Una possibile riposta consiste nel fatto che gli interessi moratori sono solo eventuali, in quanto collegati all’inadempimento: i costi del prestito ed il corrispettivo dovuto, infatti, sono quelli determinati dai soli interessi corrispettivi. La C.M.S. o gli oneri per la polizza assicurativa, invece, diversamente dai primi, trovano applicazione sempre e comunque, quindi, sono una componente del costo del prestito che fin dall’inizio è destinata sempre e comunque a gravare sul cliente.
In altre parole, con la clausola che fissa gli interessi moratori, le parti si danno, accanto al regolamento destinato a disciplinare giuridicamente l’assetto economico del rapporto nel suo regolare svolgimento, un ulteriore distinto ulteriore regolamento contrattuale, che detta la disciplina degli oneri economici per il caso del mancato rispetto delle scadenze di pagamento.
Ciò che può e deve essere sanzionato, quindi, è questo secondo disciplinare, esso solo usurario.
Potrebbe però obiettarsi che, se il cliente è inadempiente, debba trovare applicazione la sanzione speciale regolata dall’art. 1815, comma 2 c.c. e non la norma generale prevista dall’art. 1419c.c.
Tale opzione ermeneutica, però innanzitutto è praticamente inapplicabile, perché qualsiasi debitore si renderebbe volontariamente inadempiente, sì da passare dal rapporto contrattuale valido ed oneroso a quello invalido e, quindi gratuito.
In secondo luogo, deve replicarsi che l’art. 1815 c.c. contiene una disposizione che sanziona gravemente il mutuante per l’abuso della libertà contrattuale della controparte e che, al tempo stesso, salvaguardia la validità complessiva del rapporto, evitando che il mutuatario, a seguito della declaratoria di nullità contrattuale, debba restituire immediatamente l’intera sorta capitale (essa infatti, investirebbe inevitabilmente l’intero negozio ex art. 1419 c.c., visto che l’onerosità del prestito è essenziale nella volontà del mutuante).
Tale esigenza di garantire la stabilità in deroga alle norme generali sul contratto tendenzialmente manca, invece, se è nulla la sola clausola relativa agli interessi moratori. Elisa la clausola, infatti, esiste un valido regolamento del rapporto (somma erogata, tempi della restituzione, interessi convenzionali leciti) idoneo a dare comunque stabilità al rapporto ex art. 1419 c.c.. La nullità degli interessi usurari, quindi, non comporta l’invalidazione dell’intero rapporto contrattuale e, quindi, non costringe il mutuatario a restituire immediatamente il capitale.
Non vi è neppure ragione di applicare la sanzione radicale della gratuità del prestito ex art. 1815, comma 2 c.c. ad un contratto che attribuisce al mutuante, nello svolgimento regolare del rapporto, vantaggi economici complessivi certamente legali. La sanzione della nullità parziale della clausola dei soli interessi moratori appare priva di controindicazioni effettuali e, tra l’altro, ben più rispondente a principi di proporzionalità e specificità nel raffronto tra illecito negoziale, pregiudizio degli interessi economici conseguenti e relativo trattamento sanzionatorio.
Si potrebbe obiettare, infine, che le banche possono essere indotte a fissare interessi corrispettivi convenienti ed interessi moratori molto gravosi in prestiti destinati con alta probabilità a non potere essere regolarmente restituiti.
Si tratta, però, di un falso problema. Innanzitutto, anche secondo la tesi della nullità parziale della sola clausola relativa agli interessi moratori tale comportamento opportunistico è destinato a non dare frutti vigendo i soli interessi corrispettivi. In secondo luogo, qualora l’effetto pratico voluto dal contraente professionale sia di regolare fin dall’inizio il rapporto essenzialmente secondo il saggio previsto per gli interessi moratori, e ciò sia evidente, il negozio risulta in frode alla legge (art. 1344 c.c.) esso risulta comunque, destinato comunque ad essere regolato dall’art. 1815, comma 2 c.c. (non potendo dal frode comportare la nullità dell’intero negozio, se la norma che si è inteso aggirare è proprio quella che prevede la gratuità del prestito usurario).
Si segnala, infine, che sempre più spesso le clausole contrattuali dei contratti bancari prevedono che in ogni caso il «tasso contrattuale sia contenuto nella soglia dell’usura». La giurisprudenza ha riconosciuto la validità della clausola (41).
La clausola di salvaguardia va distinta però dalla domanda giudiziale (anche monitoria), contenuta nel limite della soglia, che non può in alcun modo evitare l’usura; ciò in quanto l’art. 1815 c.c. e 644 c.p. sanzionano anche il solo accordo, che non potrà naturalmente divenire valido limitando la percezione degli interessi al tasso soglia, anche tramite l’intervento del giudice.
Diversa, ancora è la clausola che fissa gli interessi contrattuali o moratori ad uno spread negativo rispetto al tasso soglia. si tratta di una clausola che radica il tasso contrattuale sul limite di legalità del corrispettivo per la banca e che, probabilmente, non appare meritevole di tutela ex art. 1322 c.c. perché determina un effetto di innalzamento del TEGM.
1 Il presente articolo costituisce la rielaborazione di due relazioni sul tema tenutepresso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” il 16 giugno 2014 e presso l’Università degli studi di Trento, il 14 novembre 2014, in collaborazione con la Scuola Superiore della Magistratura, Struttura Territoriale della Corte d’Appello di Trento e con la Camera Civile di Trento e Rovereto.
2 La Corte Costituzionale con sent. n. 78/2012 ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 2, comma 61 del d.l. 225/2010, che aveva introdotto due disposizioni le quali stabilivano per i conti correnti bancari: 1) la decorrenza della prescrizione dalle annotazioni in conto, e non dalla sua chiusura; 2) l’irripetibilità delle somme versate alla data di entrata in vigore della legge.
3 Colangelo, Legalizzazione dell’usura, in Danno e Resp., 2014, 2, 193 ss.
4 Tavormina, Banche e tassi usurari: il diritto rovesciato, Contratti, 2014, 1, 85 ss.
5 V. Colangelo, op. cit., 193 ss.
6 Cfr. Corte cost. 25 febbraio 2002 n. 29.
7 Sul punto v. anche. Cass., n. 5324/2003.
8 Cass., 22.4.2000, n. 5286.
9 Richiamata anche da Cass. 350/2013, include gli interessi moratori sulla base di due argomentazioni. Varie sentenze di merito si adeguano: da ultimo GUP Torino, 10 giugno 2014, in www. leggiditalia.it.
10 Cass. 22 aprile 2000, n. 5286; Cass., 4 aprile 2003, n. 5324; Cass., 11 gennaio 2013, n. 603; Cass., 26 giugno 2001, n. 8742; Cass., 13 dicembre 2002, n. 17813; Cass., 22 luglio 2005, n. 15497; Cass. 13 maggio 2010, n. 11632, Cass., 22 aprile 2010, n. 9532.
11 Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG, Chiarimenti del 3 luglio 2013, par. C4.
12 V. Dolmetta, A commento della Comunicazione Banca d’Italia 3.7.2013: Usura e interessi moratori, 8 luglio 2013, in www.ilcaso.it.
13 Paragrafo 1.
14 Decisione n. 2427 del 16 aprile 2014.
15 Decisione coordinamento del 19.3.2014.
16 In giurisprudenza, per l’applicabilità della legge n. 108/1996 anche agli interessi moratori: App. Venezia, 18.4.2013, n. 342; Cass., 11.1.2013, n. 602, in www.ilcaso.it, 2013; Trib. Torino, 3.11.2006, in Contratti, 2007, 679, la quale ritiene anche applicabile la maggiorazione di 2,1 punti percentuali prevista per gli interessi moratori dai decreti ministeriali di rilevazione del tasso soglia; Trib. Bari, 28.9.2005, in studiolegale.leggiditalia.it, 2005; Trib. Sulmona, 3.5.2005, in P.Q.M., 2005, 2, 94, con nota di Pezone; Trib. Brescia, 24.11.2003, in Mass. Trib. Brescia, 2004, 131; Cass., 4.4.2003, n. 5324, in Mass. Giur.it., 2003; App. Milano, 10.5.2002, in Giur. it., 2003, 502; App. Milano, 9.4.2002, in Gius, 2003, 3, 372; Trib. Sant’Angelo. Per la tesi contraria, escludendo l’applicabilità del secondo comma dell’art. 1815 cod. civ. agli interessi di mora: Trib. Roma, 1°.2.2001, in Corr. giur., 2001, 1082, con nota di Lamorgese; Trib. Firenze, 20.9.2000, in Gius, 2001, 517; Trib. Napoli, 5.5.2000, Giur. it., 2000, 1665; Pret. Macerata, 1°.6.1999, in Foro it., 2000, I, 1709, con nota di Palmieri. Per i riferimenti giurisprudenziali su indicati si veda diffusamente Tarantino: «Usura e interessi di mora», nota di commento a (Cass. civ. Sez. I Sentenza, 09 gennaio 2013, n. 350, e così anche per la posizione della dottrina).
17 Trib. Roma 16.9.2014, in www.ilcaso.it; Trib. Brescia 17.1.2014, in www.expartecreditoris.it; Trib. Verona, Giudice Mirenda, 30 aprile 2014, in www.ilsole24ore.it. «Orbene, la conclusione cui perviene il Supremo Collegio, a sommesso avviso dello scrivente, non pare conciliabile con il dato normativo emergente dagli artt. 644 e 1815 cit. Ciò perché, al di là di ogni ragionevole dubbio, le norme menzionate – insuscettibili di interpretazione analogica (non sfugge come l’art. 644 c.p. operi, a tutti gli effetti, come norma penale in bianco, soggetta, come tale, ai rigori esegetici del combinato disposto degli artt. 14 delle preleggi e 1 c.p.) – fanno chiaro riferimento alle prestazioni di natura “corrispettiva” gravanti sul mutuatario (siano esse interessi convenzionali, remunerazioni, commissioni o spese diverse da quelle legate ad imposte e tasse), tali intendendosi in dottrina quelle legate alla fisiologica attuazione del programma negoziale. …Ecco spiegato, dunque, il motivo per cui a ragion veduta, come dà conto puntualmente con la citata Comunicazione del 3.7.2013, BankItalia non ha inteso annoverare direttamente gli interessi moratori nel saggio del T.E.G.M., facendole invece oggetto di autonoma rilevazione finalizzata all’enucleazione di una specifica soglia usuraria ad hoc, evitando di omogeneizzare categorie di interessi pecuniari finanziariamente eterogenei, il tutto paradossa».
18 V. Trib. Napoli, III Sezione, 14.4.2014.
19 Cfr. supraTrib. Napoli, 2014, cit.
20 GUP Torino, 10 giugno 2014, in www.leggiditalia.it.
21 «Se è vero che la verifica del rispetto della soglia di usura va estesa alla pattuizione del tasso di mora, con la conseguenza che ove detto tasso risultasse pattuito in termini da superare il tasso soglia la pattuizione del primo sarebbe nulla ex art. 1815, II comma, c.c., è anche vero che, al fine della verifica del rispetto del tasso soglia, non possono cumularsi il tasso corrispettivo e il tasso dimora. Si potrebbe parlare di cumulo usurario di interesse corrispettivo e di interesse di mora soltanto nel caso in cui, in presenza di ritardato pagamento, il conteggio dell’interesse di mora sull’intera rata, comprensiva di interessi, sommato all’interesse corrispettivo, determinasse un conteggio complessivo di interessi che, rapportato alla quota capitale, si esprimesse in una percentuale superiore al tasso soglia, ipotesi, questa, di difficile verificazione» (Trib. Treviso 11 aprile 2014, www.ilcaso.it).
22 Tarantino, op. cit. Cfr. Relazione di accompagnamento alla Legge 28 febbraio 2001, n. 24, concernente interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante in materia di usura, in Guida al Diritto. 2001 n. 1, pag. 87 e ss.
23 Taormina, op. cit. cita ad esempio, Cass. pen., Sez. II, 25 ottobre 2012 (ud.), n. 5683:, la quale ha escluso che potesse considerarsi usuraria (come invece ritenuto dal Tribunale di Verona) una penale comportante una maggiorazione in caso di ritardo nel pagamento di un canone di affitto di azienda cumulato, perché “sul piano giuridico l’obbligazione nascente dalla clausola penale non si pone come corrispettivo dell’obbligazione principale, ma come effetto derivante da una diversa causa che è un inadempimento”. Tale dottrina si fa carico dell’obiezione del facile aggiramento della soglia usuraria con il ricorso alla frode alla legge (art. 1344 c.c.).
24 ABF Collegio Roma, n. 2981/2012: «le circostanze che (i) la dichiarazione contrattuale sottoscritta dal cliente sia contenuta in condizioni generali di contratto predisposte dall’intermediario; (ii) le tre polizze assicurative siano stipulate per il tramite e nell’interesse sostanziale del finanziatore (che figura, non a caso, come “beneficiario” della polizza stipulata per il caso di decesso dell’assicurato); e che (iii) almeno una delle compagnie assicuratrici faccia parte del medesimo gruppo a cui appartiene l’intermediario, [tutte queste cose nel loro insieme] lasciano presumere che non vi sia stata alcuna iniziativa autonoma e spontanea da parte del cliente, il quale probabilmente si era indotto a sottoscrivere le polizze perché gli si era lasciato intendere che, in difetto di sottoscrizione, il finanziamento non sarebbe stato erogato».
25 Trib. Padova, 14 marzo 2014, in www.dirittobancario.it.
26 Trib. Pordenone 7 marzo 2012.
27 Attualmente, si ricorda, l’art. 117 t.u.b. prevede esclusivamente una commissione omnicomprensiva (C.O.) non superiore allo 0,5 trimestrale sull’affidato in relazione ad importo e durata) ed un eventuale commissione di istruttoria veloce (C.I.V.) ad importo fisso per l’assenza di fido e l’ultrafido, oltre al saggio di interessi per lo sconfinamento.
28 Marcelli, L’usura della legge e l’usura della Banca d’Italia: nella mora riemerge il simulacro dell’omogeneita’, 9/2014, www.ilcaso.it.
29 Marcelli, op. ult.cit. Trib. Pordenone 7.3.2012, www.ilcaso.it.
30 Tavormina, op. cit.
31 Marcelli, op. ult. cit.
32 De Poli, Costo del denaro, commissioni di massimo scoperto ed usura, in Nuova giur. Civ. comm., 2008, 53.
33 Nell’attesa delle valutazioni della Banca d’Italia la tesi dell’omogeneità dei tassi in comparazione, implicando una disapplicazione dei criteri della Banca d’Italia ed una modifica del TEGM; ciò non è però in sintonia con la costante della Suprema Corte la quale ritiene imprescindibile la produzione in giudizio dei decreti ministeriali di rilevamento del TEGM, escludendo tali elementi dal principio iura novit curia e, se ne deve desumere, anche dal fatto notorio non si concilia perfettamente con il dovere di disapplicare tali decreti se non rilevano correttamente i tassi di mercato (salvo ad implicare che il diverso TEGM ritenuto corretto debba comunque essere allegato e dimostrato esclusivamente dalla parte).
34 V. in termini Trib. Napoli 4 giugno 2014.
35 Collegio di Coord. ABF, 19 marzo 2014 Decisione N. 3412 del 23 maggio 2014, conf. ABF Collegio di Milano, Decisione N. 3578 del 03 giugno 2014, deliberata il 27 marzo 2014.
36 C. Cost. n. 19 del 3 febbraio 1994; Cass. n. 10511 del 24 settembre 1999; ABF, Coll. coord. n. 77 del 10/01/2014, Collegio di Coord. ABF, 19 marzo 2014 Decisione N. 3412 del 23 maggio 2014.
37 es.vMarcelli, La Mora e l’Usura: criteri di verifica, 17 giugno 2014, www.tidona.com.
38 Trib. Taranto, ord. 702 bis c.p.c. del 17 ottobre 2014,www.dirittobancario.it.
39 In www.ilcaso.it 16 giugno 2014.
40 Tribunale Milano, ord del 28 gennaio 2014, in www.expartecreditoris.it.
41 Trib. Napoli, Sezione Vbis 4.6.2014, su www.dirittobancario.it; già in precedenza la ivi richiamata decisione del Tribunale di Napoli del 28 gennaio 2014.