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Attualità

Interessi passivi e consolidato fiscale: vecchie questioni e nuove soluzioni

3 Ottobre 2019

Gloria Camurri e Luca Nobile, Studio Associato consulenza legale e tributaria – KPMG

Di cosa si parla in questo articolo

L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 67/2019, chiarisce la propria posizione in merito al corretto coordinamento delle disposizioni sulla deducibilità degli interessi passivi per i partecipanti al consolidato fiscale e quelle sul divieto di trasferimento al consolidato delle perdite fiscali pregresse.

I recenti interventi del legislatore nazionale che hanno ottemperato agli obblighi di adeguamento alla c.d. ATAD I hanno profondamente modificato la disciplina domestica della deducibilità degli interessi passivi e degli oneri finanziari assimilati, introducendo una serie di limitazioni che, in alcuni casi, paiono anche eccedenti le stesse finalità del legislatore europeo. Ma almeno sotto il profilo del coordinamento con la disciplina del consolidato fiscale, non si registrano ulteriori effetti punitivi considerato che viene mantenuta la possibilità di compensazione intersoggettiva delle eccedenze di interessi passivi indeducibili in capo alla singola società, con le eccedenze di ROL inutilizzato che le altre società partecipanti al regime di tassazione di gruppo trasferiscano al consolidato ed anzi viene estesa la stessa possibilità di utilizzo anche alle eccedenze di interessi attivi. Come previsto già nel vigore della disciplina precedente, la compensazione intersoggettiva non si estende alle componenti rilevanti per il funzionamento del meccanismo di deduzione, interessi passivi, interessi attivi e ROL (quest’ultimo calcolato secondo le nuove regole in base alla rilevanza fiscale delle singole voci che vi sono comprese) che abbiano avuto origine in periodi di imposta precedenti all’ingresso nel consolidato fiscale. La limitazione è, con tutta evidenza, posta a presidio del divieto di utilizzo in compensazione delle perdite pregresse all’adesione al regime di tassazione di gruppo con i redditi prodotti in vigenza di consolidato fiscale. L’esigenza di prevenire simili arbitraggi, in passato, è stata interpretata dalla prassi amministrativa in modo particolarmente rigoroso tanto che finiva per penalizzare i soggetti partecipanti al consolidato fiscale. La circolare dell’Agenzia delle entrate, n. 19 del 2009, è indubbiamente espressione di questo orientamento che è stato, però, opportunamente rivisto dalla recentissima risoluzione, n. 67 del 2019. Per meglio comprendere i termini della questione è opportuno riepilogare brevemente gli aspetti salienti della disciplina e delle interpretazioni che ne ha dato nel corso del tempo la prassi amministrativa.

La nuova disciplina

L’art. 96 TUIR, nella nuova formulazione introdotta dal decreto ATAD I, con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, prevede che gli interessi passivi e oneri finanziari assimilati di competenza di ogni esercizio siano deducibili nel limite dell’ammontare degli interessi attivi e proventi finanziari assimilati di competenza dello stesso esercizio e di quelli riportati da esercizi precedenti poiché eccedenti gli interessi passivi. Nel caso in cui suddette componenti positive di reddito non siano capienti, l’eccedenza di interessi passivi può essere confrontata con il 30% del ROL, assunto nella misura risultante dall’applicazione delle disposizioni volte alla determinazione del reddito d’impresa (c.d. “ROL fiscale”). L’eventuale quota di ROL fiscale non utilizzata a copertura degli interessi passivi può essere portata ad incremento della quota rilevante di ROL dei successivi cinque periodi d’imposta; parimenti, l’eventuale eccedenza di interessi passivi che non trovi capienza nel ROL di periodo, eventualmente incrementata delle quote riportabili dagli esercizi precedenti, può essere riportata nei periodi d’imposta successivi. Il comma 14 del citato art. 96 disciplina l’eventuale trasferimento al consolidato delle eccedenze generatesi in capo ai soggetti partecipanti al regime di consolidato di cui agli artt. 117 e seguenti del TUIR, modificando in maniera abbastanza significativa, come già anticipato, quanto previsto dal comma 7 della precedente versione. In particolare, un soggetto che presenti un’eccedenza di interessi passivi indeducibili individualmente può trasferire al consolidato tale eccedenza nel limite dell’eventuale eccedenza di interessi attivi e/o di ROL trasferita dagli altri soggetti partecipanti. Tali quote inutilizzate dai soggetti stand alone si assumono nei limiti di quelle di periodo aumentate di quelle riportate da esercizi precedenti (nel caso del ROL, non anteriori al quinto esercizio precedente), purché non formatesi in esercizi antecedenti all’opzione per il regime della tassazione di gruppo. Sono, pertanto, evidenti le novità introdotte: in primo luogo, la possibilità di riportare nei periodi successivi l’eventuale eccedenza di interessi attivi, o di trasferirla al consolidato; in secondo luogo, significativa è la possibilità di trasferire al consolidato sia le quote inutilizzate di interessi attivi e di ROL di periodo, sia quelle riportate da esercizi precedenti. Si ricorda, infatti, che la citata circolare n. 19/E del 2009 affermava che l’eventuale eccedenza di ROL inutilizzata individualmente da un soggetto partecipante al consolidato non potesse essere trasferita alla fiscal unit ma potesse essere riportata in avanti esclusivamente dai soggetti che l’avessero generata, escludendo, di fatto la possibilità di cumularla con il ROL eccedente di periodi successivi da portare in abbattimento di interessi passivi indeducibili trasferiti da altri soggetti. Inoltre, il suddetto documento di prassi poneva un ulteriore limite al trasferimento delle eccedenze infragruppo; difatti, con specifico riferimento al caso di un soggetto aderente al regime di tassazione di gruppo in possesso di perdite fiscali pregresse, ossia generatesi in periodi d’imposta antecedenti all’opzione, l’eccedenza di interessi passivi, indeducibili dalla società stand alone, poteva essere apportata al consolidato in abbattimento del reddito imponibile di gruppo nel limite del reddito imponibile trasferito. Tale previsione è superata dalle indicazioni fornite dalla stessa Amministrazione finanziaria nella risoluzione n. 67 del 2009 che prevede che nel caso in cui una società presenti un reddito imponibile di periodo ridotto in virtù delle perdite fiscali pregresse (i.e. formatesi in anni precedenti all’opzione per il consolidato), l’eccedenza di interessi passivi non potrà essere integralmente trasferita al consolidato, bensì sarà necessario decurtare l’eccedenza di un ammontare pari alle perdite pregresse utilizzate. Diversamente, nel caso in cui la società consegua un reddito pari a zero o addirittura una perdita fiscale, potrà trasferire l’intera eccedenza di interessi passivi. Gli effetti appaiono ben diversi rispetto al precedente orientamento, soprattutto in questo ultimo caso. Riprendendo l’esempio proposto nella risoluzione, una società, che presenti un contro economico con interessi passivi pari a 200 e ricavi pari a 40 e quindi un risultato civilistico pari a -160, fiscalmente si troverebbe a trasferire al consolidato un imponibile pari a 40, stante la totale indeducibilità degli interessi passivi; l’effetto fiscale a livello di gruppo, presupponendo il trasferimento da parte di un altro soggetto di interessi attivi e/o ROL capienti, sarebbe pari a -160. Se la società, inoltre, presentasse anche perdite pregresse pari a 50, il reddito imponibile trasferibile al consolidato sarebbe pari a 8 (perdite utilizzabili per 32, pari all’80% del reddito imponibile). Secondo i chiarimenti della risoluzione, l’eccedenza di interessi passivi trasferibili dovrebbe essere decurtata di un importo pari all’ammontare delle perdite utilizzate risultando pari, dunque, a 168 (200-32). Anche in tale ipotesi, l’effetto fiscale a livello di gruppo sarebbe pari a -160 (8 – 168). Secondo, invece, la precedente interpretazione della circolare del 2009, nella stessa situazione gli interessi passivi trasferibili al consolidato ammonterebbero ad un importo pari a 8, ossia un importo pari al reddito imponibile trasferito al consolidato. L’effetto fiscale a livello di gruppo sarebbe dunque pari a 0, a differenza di quanto accadrebbe nel caso in cui la società non avesse perdite fiscali pregresse, in cui gli interessi sarebbero stati integralmente trasferibili. Ancora più evidente il caso in cui la società consegua un utile pari a zero o una perdita fiscale: secondo l’impostazione della risoluzione, la società potrebbe trasferire l’intero ammontare di interessi passivi indeducibili individualmente (ovviamente presupponendo la compensazione integrale con interessi attivi e/o ROL trasferiti da altri soggetti), mentre secondo le istruzioni della circolare non sarebbe stato possibile trasferire alcun importo di interessi passivi.

Riflessi sugli intermediari finanziari

È evidente che la nuova interpretazione di prassi non sia destinata ad avere un impatto immediato su quei soggetti che non sono chiamati ad applicare gli ordinari limiti di deducibilità previsti dall’art. 96 in materia di interessi passivi ed oneri finanziari assimilati, in particolare gli intermediari finanziari, le imprese di assicurazione e le società capogruppo di gruppi assicurativi. Tuttavia potrebbero porsi problemi di coordinamento nel caso in cui al medesimo consolidato fiscale partecipino sia soggetti “industriali” sia soggetti che operano in ambito finanziario o assicurativo. Infatti, sebbene in parte superate dall’evoluzione normativa, le istruzioni contenute nella circolare dell’Agenzia delle entrate, n. 37 del 2009, risultano ancora attuali per quanto riguarda l’esigenza di individuare “…ai soli fini del calcolo degli interessi passivi deducibili, una sorta di doppio perimetro di consolidamento…” segregando la componente “industriale” da quella “finanziaria”. D’altra parte la preoccupazione di evitare situazioni di promiscuità che possano favorire arbitraggi tra regole di deduzione diverse è stata recentemente ribadita da una pronuncia dell’Amministrazione finanziaria, la Risposta 62/2018, che affrontava il caso dell’incorporazione di un soggetto sottoposto alle ordinarie regole di deducibilità degli interessi passivi da parte di una società incorporante che, al contrario, godeva della causa di esclusione soggettiva recata dall’art. 96 comma 5 ultimo periodo nella formulazione all’epoca vigente[1]. In quella occasione, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che dovessero restare vincolati alle ordinarie regole di deduzione gli oneri finanziari sostenuti in periodi d’imposta in cui l’incorporata che aveva posto in essere le relative operazioni con causa finanziaria non rispettava i requisiti per l’applicazione delle regole agevolative di cui avrebbe, invece, potuto giovarsi l’incorporante, concludendo che quest’ultima avrebbe potuto dedurre gli interessi passivi oggetto del quesito “…nel limite degli interessi attivi e proventi assimilati e l’eccedenza in misura pari al 30 per cento del valore del ROL, con riferimento ai valori contabili riferibili alla beneficiaria dell’operazione di riorganizzazione”. Se ne deve dedurre che, a maggior ragione, nell’ambito di un consolidato fiscale in cui convivano intermediari finanziari o imprese assicurative e società industriali queste ultime dovrebbero applicare le limitazioni previste dal comma 14 e, in assenza dei chiarimenti recati dalla risoluzione 67 avrebbero dovuto farlo secondo le ben più rigorose regole previste dalla circolare 19. 

Problemi aperti

Va accolta con favore la nuova posizione interpretativa della prassi che riconduce a ragionevolezza l’applicazione delle regole di deducibilità degli interessi passivi e degli oneri finanziari assimilati nell’ambito della tassazione di gruppo. Tuttavia, restano ancora alcuni aspetti non marginali della disciplina degli interessi passivi nell’ambito della tassazione di gruppo che sembrano meritevoli di qualche riflessione. Un problema già evidenziato dalla più attenta dottrina[2] nella vigenza della normativa precedente all’adeguamento all’ATAD, attiene alle conseguenze sanzionatorie di eventuali violazioni commesse dai soggetti partecipanti al consolidato fiscale. Come è noto l’art. 127 del TUIR ritiene ciascuna società partecipante al consolidato responsabile per la sanzione correlata alla maggiore imposta accertata riferita al reddito complessivo globale, in conseguenza della rettifica operata sul proprio reddito imponibile, mentre, con riferimento alla sanzione, per la consolidante sorge un’obbligazione solidale. Presumibilmente, quindi, un eventuale errore nella determinazione dell’eccedenza del ROL o degli interessi attivi trasferiti al consolidato da una consolidata potrebbe determinare l’indeducibilità di una parte o dell’intero ammontare di interessi passivi trasferiti al consolidato da un’altra partecipante che si vedrebbe comminare le conseguenti sanzioni. A maggior ragione il problema si pone a seguito delle modifiche, applicabili dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, che hanno investito l’art. 96 del TUIR. Infatti, da un lato hanno reso più complesso il processo di determinazione del ROL e dall’altro lo hanno, per così dire, reso sensibile anche alle eventuali rettifiche di carattere fiscale che dovessero impattare le voci che lo compongono. Esiste poi un altro aspetto che appare meritevole di approfondimento soprattutto per il diverso impatto sulla fiscalità del consolidato che potrebbe avere la scelta di una delle due possibili soluzioni. Il tenore letterale del comma 2 dell’art. 96 chiarisce senza equivoci che l’utilizzo in compensazione del ROL è necessariamente subordinato alla preventiva “spendita” della dotazione di interessi attivi e proventi finanziari assimilati maturati nel periodo d’imposta o riportati dai precedenti. Curiosamente il comma 14 non riproduce la stessa successione progressiva nella compensazione degli interessi passivi trasferiti al consolidato. Questo potrebbe determinare un significativo vantaggio perché si potrebbe pensare di trasferire prioritariamente al consolidato le eccedenze di ROL la cui riportabilità è limitata dal comma 7 a cinque periodi d’imposta, mentre non è prevista un’analoga limitazione per le eccedenze di interessi attivi. Certo, ragioni di coerenza e sistematicità dell’ordinamento dovrebbero suggerire che anche nell’ambito del regime di tassazione di gruppo valgano le stesse regole di deducibilità degli interessi passivi applicabili ai contribuenti che non aderiscono alla tassazione di gruppo. Tuttavia il silenzio della norma in proposito ed, anzi, il fatto che il comma 14 inverta l’ordine previsto dai precedenti commi 1 e 2, citando prima le eccedenze di ROL al punto a) e solo al successivo punto b) le eccedenze di interessi attivi, potrebbe anche rappresentare una precisa scelta del legislatore. Infine, sebbene il tema meriti ben altro approfondimento, si ritiene doveroso fare almeno un accenno alla stretta connessione che la normativa sulla deducibilità degli interessi passivi presenta con la disciplina di contrasto agli ibridi, che in futuro richiederà ai contribuenti che corrispondono interessi a controparti non residenti, di interrogarsi, ancor prima di applicare le regole di deduzione recate dall’art. 96, anche sulle ulteriori vicende fiscali dei flussi di pagamenti che hanno avuto origine nella nostra giurisdizione.

 


[1] In particolare il comma 5 nella formulazione della norma in vigore fino al 31/12/2018, prevedeva: “Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano … alle società costituite per la realizzazione e l’esercizio di interporti di cui alla legge 4 agosto 1990, n. 240, e successive modificazioni”.

[2] Vedasi circolare Assonime, n. 46 del 2009.

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