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Giurisprudenza

L’interpretazione del previgente art. 177 l. fall. in materia di computo delle maggioranze per l’approvazione del concordato

19 Luglio 2016

Alberto Casazza

Cassazione Civile, Sez. I, 25 maggio 2016, n. 10819 – Pres. Di Palma, Rel. Di Marzio

Di cosa si parla in questo articolo

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto da una società per azioni in liquidazione avverso la pronuncia di appello, nell’ambito di un giudizio di opposizione a una sentenza dichiarativa di fallimento: quest’ultima era stata emessa a seguito della decisione del Tribunale, che aveva ritenuto non raggiunta la maggioranza necessaria per l’accoglimento della proposta concordataria, oltreché sussistente lo stato d’insolvenza della società. All’interno del ricorso principale la società ricorrente ha lamentato, in particolare, l’erronea interpretazione dell’art. 177 l. fall. (nella formulazione previgente), sottolineando inter alia che: 1) «la Corte d’Appello, in presenza di parità del voto per classi, avrebbe dovuto considerare soltanto la maggioranza dei crediti ammessi al voto»; 2) la classe dei creditori tributari e previdenziali «avrebbe dovuto essere considerata non già come dissenziente, ma come classe per così dire neutra, da escludere, come tale, dal computo della maggioranza per classi».

I motivi sopra enunciati non sono stati considerati fondati dai giudici di legittimità: 1) rileva la Corte che la prima suesposta doglianza del ricorrente non è razionalmente supportata e non trova alcun aggancio normativo, a maggior ragione considerando una lettura storico-evolutiva dell’art. 177 l. fall., che nel testo vigente «rende palese che in caso di risultato paritario del voto per classi la maggioranza non è raggiunta»; 2) quanto al secondo profilo sopra enunciato, la Cassazione evidenzia che il previgente art. 177 l. fall. non avrebbe consentito ai giudici di merito un’omessa considerazione («in ragione della “indisponibilità” dell’obbligazione tributaria e del relativo diritto di voto») dell’astensione della classe di cui si discorre: tale soluzione non avrebbe trovato, infatti, riscontro nella normativa di riferimento e d’altronde, ragionando diversamente, si sarebbe effettuata un’illegittima equiparazione alla classe dei creditori privilegiati (soddisfatti per intero), privi del diritto di voto ed espressamente esclusi dalla formazione delle maggioranze.

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