Con ordinanza n. 15010 del 29 maggio 2024 la Corte di Cassazione (Pres. Marulli, Rel. Campese) si è pronunciata sulla prova della cessione del credito atta a legittimare l’intervento in giudizio del cessionario.
Ha quindi sancito il seguente principio di diritto: «il soggetto che proponga impugnazione oppure vi resista nell’asserita qualità di successore, a titolo universale o particolare, di colui che era stato parte nel precedente grado o fase di giudizio, deve non soltanto allegare la propria legitimatio ad causam […] ma altresì fornire la prova – la cui mancanza, attenendo alla regolare instaurazione del contraddittorio nella fase della impugnazione, è rilevabile d’ufficio – delle circostanze costituenti i presupposti di legittimazione alla sua successione nel processo ex artt. 110 e 111 cod. proc. civ.».
Nel caso in esame, il cessionario di un credito derivante da un contratto di mutuo e un contratto di conto corrente, pur non essendo destinatario della notifica del ricorso avanti la Corte di Cassazione, depositava un “controricorso” allegando l’avviso di cessione del credito pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, considerando il medesimo idoneo a dimostrare l’avvenuta cessione.
Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile la costituzione del cessionario precisando che la prova della notificazione della cessione al debitore, necessaria ai fini dell’efficacia della cessione stessa nei confronti di quest’ultimo, è diversa dalla «prova dell’effettiva avvenuta stipulazione del contratto di cessione e, quindi, del concreto trasferimento della titolarità di quel credito, prova necessaria per dimostrare la reale legittimazione sostanziale ad esigerlo da parte del preteso cessionario, laddove tale qualità sia contestata».