La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, nonché i principi di neutralità fiscale e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una prassi dell’autorità tributaria secondo la quale, in assenza di sospetti di evasione, detta autorità nega ad un’impresa il diritto a detrarre l’imposta sul valore aggiunto che tale impresa, in quanto destinataria di servizi, ha indebitamente versato al fornitore di detti servizi sulla base di una fattura che quest’ultimo ha emesso secondo le regole relative al regime ordinario dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), mentre l’operazione pertinente era soggetta al meccanismo di inversione contabile, senza che l’autorità tributaria,
- prima di negare il diritto alla detrazione, esamini se l’emittente di tale erronea fattura potesse rimborsare al destinatario della stessa l’importo dell’IVA indebitamente versata e rettificare suddetta fattura nell’ambito di un procedimento di auto-rettifica, conformemente alla normativa nazionale applicabile, allo scopo di recuperare l’imposta che ha indebitamente versato all’erario, o
- decida di rimborsare essa stessa al destinatario della fattura in parola l’imposta che ha indebitamente versato all’emittente della medesima e che quest’ultimo ha, in seguito, indebitamente versato all’erario.
Tali principi richiedono, tuttavia, nel caso in cui il rimborso, da parte del fornitore di servizi al destinatario degli stessi, dell’IVA indebitamente fatturata risulti impossibile o eccessivamente difficile, segnatamente in caso d’insolvenza del venditore, che il destinatario di servizi sia legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti dell’autorità tributaria.