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Giurisprudenza

Irpef: imponibile il rimborso chilometrico del medico “fuori sede”

15 Febbraio 2024

Chiara Lattanzi, Dottoranda di ricerca in diritto tributario presso l’Università di Milano Bicocca

Cassazione Civile, Sez. V, 22 gennaio 2024, n. 2124 – Pres. Cirillo, Rel. Macagno

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, con la sentenza 22 gennaio 2024, n. 2124, ha riconosciuto la rilevanza, ai fini Irpef, del rimborso delle spese di accesso alla sede di lavoro (c.d. rimborso chilometrico), situata in un Comune diverso da quello di residenza, di un medico ambulatoriale convenzionato.

Il caso trae origine da una richiesta di rimborso delle ritenute subite promossa da un medico sulle somme percepite a titolo di rimborso per spese di viaggio, concernenti l’attività svolta presso ambulatori esterni al proprio comune di residenza (avendo tali rimborsi natura, ad avviso del contribuente, non retributiva ma meramente risarcitoria).

Intervenuto il diniego del competente Ufficio, il contribuente lo impugnava, risultando vittorioso in entrambi i gradi di merito.

Ricorre pertanto in Cassazione l’Amministrazione finanziaria, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 51 del TUIR e dell’art. 35 del d.P.R. 28 luglio 2000 n. 271 (“Regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni”), nella misura in cui la CTR avrebbe errato nel ritenere che i rimborsi riconosciuti avessero natura meramente risarcitoria.

La Suprema Corte, discostandosi dalla propria precedente giurisprudenza, ha ritenuto che le suddette somme debbano essere assoggettate ad Irpef, aderendo così, ad una prassi dell’Agenzia delle Entrate.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, i propri precedenti favorevoli non dovrebbero trovare applicazione in quanto nel caso di specie “si verte in tema di indennità corrisposte al medico per svolgere attività di ambulatorio al di fuori del proprio comune di residenza, fattispecie differente da quella della trasferta comandata al di fuori del comune della sede di lavoro”.

La Cassazione giunge a tale conclusione poiché le trasferte extra-comunali sono diversamente disciplinate dall’art. 32 del d.P.R. 271/2000.

Inoltre, a giudizio del Collegio, ulteriori conferme si rinvengono dalla lettura dell’art. 35 del DPR n. 271/2000, il quale prevede la corresponsione di un “rimborso spese di accesso” alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico.

Tale rimborso, infatti, viene quantificato con il criterio forfettario della indennità chilometrica ed ha una diversa natura rispetto alle “indennità percepite per le trasferte“, di cui all’art. 51, comma 5, del TUIR.

Il noto principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente comporta, secondo la Corte, che tale voce, non essendo riconducibile alla previsione di cui all’art. 51, comma 5, TUIR, debba essere ricompresa tra “le somme a qualunque titolo percepite”.

In buona sostanza, la Corte distingue tra il rimborso chilometrico per gli spostamenti intervenuti su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro (al quale consegue la “non imposizione”) e il rimborso chilometrico “spese di accesso” alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato (ordinariamente imponibile).

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