Con la sentenza n. 9229 del 30 giugno 2015 la Cassazione si è pronunciata sulla possibilità di sottoporre a misure cautelari reali beni “in relazione ai quali l’indagato ha attuato meccanismi di segregazione patrimoniale”.
Prima di tutto, la Corte ha ribadito come l’assoggettabilità a sequestro di beni attributi a soggetti terzi è condizionata alla prova, da parte della pubblica accusa, circa la permanenza del bene nella disponibilità dell’indagato.
In specie, la Corte si è soffermata su due casi di segregazione patrimoniale – l’istituto del fondo patrimoniale ed il trust – descrivendone le differenze in punto di onere probatorio.
In relazione al fondo patrimoniale la Corte ha affermato, confermando precedenti orientamenti, che “la soluzione in ordine alla confiscabilità dei beni in tal modo segregati è agevole sotto il duplice profilo; infatti, per un verso la titolarità del bene destinato ad alimentare il fondo non cessa in capo al disponente, […], sicché non vi è alcun ostacolo formale alla piena applicazione degli artt. 321 cod. proc. pen. e 322 ter cod. pen., […]; per altro verso la finalità del fondo patrimoniale, tutta rivolta alla salvaguardia dei beni necessari per il sostentamento della famiglia dalla azioni esecutive che traggono origine da obbligazioni assunte per scopi estranei a tale specifico tema, rende irrilevante la sua istituzione laddove si discuta non di attuazione coattiva di obbligazioni civili ma di strumenti, ancorché riguardanti beni ed interessi di rilevanza patrimoniale, aventi tuttavia valenza sanzionatoria”.
Per quanto attiene, invece, alla sequestrabilità di beni costituiti in un trust, la Corte rileva come, stante la naturale predisposizione dell’istituto a prestarsi al raggiungimento di molteplici scopi pratici, anche simulatori o illegittimi, occorre esaminare “le circostanze del caso di specie, da cui desumere la causa concreta dell’operazione”.
A tale riguardo, la Suprema Corte ha fornito indicazioni circa le circostanze sulle quali si deve concentrare l’attenzione del giudice, al fine di valutare la sussistenza di un negozio simulatorio da cui desumere l’effettiva disponibilità dei beni in capo all’indagato. In specie, secondo la Corte, occorre fare riferimento (a) alla struttura giuridica; (b) all’effetto giuridico del negozio; (c) alle conseguenze pratiche e fattuali che derivano dalla costituzione dei beni nel trust.