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Iscrizione nel registro degli indagati: nuovi limiti e riflessi sull’attività di impresa

5 Maggio 2023

Lorena Morrone, Partner, Fornari e Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo tratta il tema dell’iscrizione nel registro degli indagati alla luce delle modifiche apportate dalla Riforma Cartabia all’art. 335 c.p.p., soffermandosi sui limiti introdotti e sui riflessi sull’attività di impresa.


1. Premessa

La mera pendenza di un procedimento penale è di per sé un grande turbamento per il soggetto sottoposto a indagine.

Le conseguenze delle investigazioni a proprio carico, però, possono facilmente esorbitare la sfera prettamente emotiva, intaccando quella reputazionale e, quindi, quella professionale; tutte inevitabilmente connesse tra loro.

Oltre all’uso spesso bulimico, da parte dei media, delle informazioni relative alle indagini condotte dalla Procura, invero, vi sono norme extrapenali che fanno discendere effetti pregiudizievoli nei confronti dei soggetti coinvolti in procedimenti penali.

Il dibattito sul punto è sempre stato molto accesso, trovandosi contrapposti, di volta in volta, da una parte, il diritto all’informazione, la libertà economica, la sicurezza pubblica, il buon andamento della Pubblica Amministrazione e, dall’altra, il singolo, particolarmente fragile e impotente nella fase preliminare delle investigazioni[1].

Ogni valutazione in merito non può che partire da due dati fondamentali: il nostro impianto costituzionale e i principi pattizi di carattere internazionale.

L’art. 27, comma 2, Cost., invero, prevede che «l’imputato non [sia] considerato colpevole sino alla condanna definitiva» e l’art. 6, comma 2, CEDU statuisce, coerentemente, che «ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata».

Tali disposizioni, chiare nel definire il termine ultimo per l’applicazione del divieto di assimilare l’imputato al colpevole (id est la chiusura definitiva del processo)[2], lasciano (rectius, lasciavano) alcune incertezze in merito al momento a partire dal quale la predetta regola di trattamento dovesse intendersi operativa e se lo fosse anche al di fuori del procedimento penale[3].

Nel prosieguo si analizzerà il nuovo impianto codicistico risultante dalle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150/2022, come modificato dal d.l. n. 162/2022, convertito in l. n. 199/2022 e ss.mm.ii. (d’ora in poi anche solo «Riforma Cartabia»), che ha fornito risposte “positive” che si attendevano da tempo e che avranno sicuramente un impatto anche sulla vita delle imprese.

2. L’iscrizione nel registro degli indagati ex art. 335 c.p.p.

A fronte di una notizia di reato, la Procura della Repubblica ha il dovere di iscriverla immediatamente nell’apposito registro custodito presso l’ufficio e, non appena emergano indizi a carico delle persone cui il fatto è attribuito, dovrà annotare anche i relativi nominativi[4].

Vi sono due ordini di ragioni che depongono in favore della considerazione di tale ultima iscrizione quale momento a partire dal quale dovrà accordarsi tutela al soggetto sottoposto a indagine.

Come sopra visto, l’art. 27, comma 2, Cost. fa riferimento all’imputato, così presupponendo che l’autorità inquirente abbia già assunto le proprie determinazioni, formulando una contestazione formale nei confronti del soggetto sottoposto ad indagine.

A ben vedere, però, sarebbe del tutto illogico accordare tutela a un soggetto raggiunto da un determinato addebito e non farlo nei confronti di colui il quale magari è stato iscritto perché apparentemente coinvolto nei fatti, ma al primo accertamento si rivela estraneo e, conseguentemente, la sua posizione viene immediatamente archiviata.

Inoltre, occorre considerare come la fase delle indagini preliminari sia spesso lunga e travagliata, potenzialmente intervallata dal compimento di atti irripetibili che ne differiscono inevitabilmente la conclusione.

In questa fase, i contorni fattuali della notizia di reato sono, nella maggior parte dei casi, fisiologicamente fluidi[5] e opachi; la Procura cerca, quindi, di acquisire il maggior numero di informazioni, che le consentano di valutare se sia necessario o meno delineare un capo di accusa.

In questa fase, l’indagato potrebbe non aver voce per mesi, meritando, dunque, quantomeno, di non essere considerato colpevole per la “semplice” iscrizione del suo nominativo nel registro degli indagati.

Proprio al fine di evitare semplificazioni improprie, la Riforma Cartabia ha provveduto a meglio precisare i presupposti oggettivi della notizia di reato – quale discrimine rispetto all’iscrizione a modello 45 (registro degli atti non costituenti notizia di reato) – e quelli soggettivi – capaci di differenziare i casi meritevoli di qualificazione come modello 21 (a carico di noti) da quelli a modello 44 (a carico di ignoti).

Con riferimento ai primi, il nuovo art. 335, comma 1, c.p.p. precisa che la notizia di reato deve «contene[re] la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice. Nell’iscrizione sono indicate, ove risultino, le circostanze di tempo e di luogo del fatto».

Se i requisiti oggettivi della notizia di reato fanno presumere l’assenza di una pre-indagine a monte dell’iscrizione, il presupposto soggettivo, invece, sembra fare riferimento a uno “standard probatorio” al di sotto del quale il nome non può essere iscritto.

Il comma 2 del nuovo art. 335, infatti, precisa che «il pubblico ministero provvede all’iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito non appena risultino, contestualmente all’iscrizione della notizia di reato o successivamente, indizi[6] a suo carico».

Perché vi sia un obbligo di iscrizione occorrerebbe «[…] che gli indizi siano dotati dei caratteri di certezza storica, concordanza e precisione, ma non anche della “gravità” (necessaria a legittimare altro tipo di richieste e attività processuali)»[7].

L’approccio più cauto con riferimento all’iscrizione soggettiva non stupisce se si considera la gravità dei suoi effetti sull’individuo (e sull’eventuale impresa che rappresenta), ove eccessivamente precoce[8].

Ci si è chiesti, nondimeno, se la previsione di presupposti più stringenti per l’iscrizione soggettiva non possa sortire l’effetto indesiderato di creare un’ombra sulla presunzione di innocenza[9]: si è ritenuto, però, preferibile evitare ab origine iscrizioni precoci e indiscriminate, «anche perché palese sarebbe l’irragionevolezza della soluzione opposta, consistente […] nell’iscrivere sulla base di presupposti evanescenti in ragione di un’asserita tutela della presunzione di innocenza, che per contro risulterebbe compromessa».

Tale conclusione, tuttavia, potrebbe tradire il timore – probabilmente fondato, come si vedrà nel prosieguo – che non vi siano, ad oggi, sufficienti garanzie sull’effettivo rispetto del principio di non colpevolezza in campo extrapenale.

3. Il nuovo art. 335-bis c.p.p.

Il nuovo art. 335-bis c.p.p. prevede che «la mera iscrizione nel registro [degli indagati] di cui all’articolo 335 non [possa], da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito».

Ad essere precluso, dunque, deve essere l’utilizzo, in via esclusiva, del solo dato relativo all’iscrizione, che ex se non può essere posto a fondamento della motivazione di provvedimenti o, in ogni caso, di determinazioni pregiudizievoli per il cittadino.

Si tratta, senz’alcun dubbio, di uno dei profili più importanti e innovativi della riforma, che, infatti, vi ha dedicato un apposito articolo del codice di rito.

La disposizione, sotto la rubrica «Limiti all’efficacia dell’iscrizione ai fini civili e amministrativi», è stata introdotta dall’art. 15, comma 1, lett. b), della Riforma Cartabia, in attuazione di quanto statuito dalla delega legislativa di cui all’art. 1, comma 9, lett. s), l. n. 134/2021[10].

A tal proposito, la relazione illustrativa alla Riforma in commento riconosce che «il criterio di delega, che riprende testualmente quello indicato alla lettera l-quater) dell’articolato proposto dalla Commissione Lattanzi, risulta chiaramente finalizzato a circoscrivere all’ambito del procedimento penale la rilevanza della valutazione compiuta dal P.M. al momento dell’iscrizione della persona sottoposta a indagini nel registro di cui all’art. 335 del codice».

Occorre rilevare, tuttavia, un cambio di rotta rispetto a quanto si legge nella Relazione predisposta dalla citata Commissione Lattanzi[11]: il legislatore delegato, invero, avrebbe dovuto «rived[ere], rimuovendole, le ipotesi normative in cui dalla mera iscrizione nel registro delle notizie di reato discenda un effetto pregiudizievole per l’interessato».

In fase di attuazione del criterio di delega, invece, si è dovuto prendere atto di come, nonostante la dichiarata intenzione “soppressiva” della Commissione, la delega non si fosse spinta ad autorizzare interventi di tipo abrogativo. D’altronde, estremamente gravoso – se non difficilmente attuabile – sarebbe stato censire esaustivamente tutte le norme da abrogare; inoltre, l’intervento ablativo, relativo a norme che fanno riferimento alla sola posizione dell’«indagato» o della «persona sottoposta a procedimento penale»[12], avrebbe finito con impedire effetti pregiudizievoli in relazione a valutazioni ben più pregnanti (come l’applicazione di una misura cautelare personale), esorbitando lo stesso ambito di operatività delineato dalla delega.

Pertanto, accanto all’art. 335-bis c.p.p. è stato altresì introdotta una norma di interpretazione autentica, l’art. 110-quater disp. att. (rubricato «Riferimenti alla persona iscritta nel registro delle notizie di reato contenuti nelle disposizioni civili e amministrative»), secondo cui «le disposizioni da cui derivano effetti pregiudizievoli in sede civile o amministrativa per la persona sottoposta a indagini devono intendersi nel senso che esse si applicano comunque alla persona nei cui confronti è stata emessa una misura cautelare personale o è stata esercitata l’azione penale».

Sostanzialmente la norma opera una generale sostituzione del riferimento alla mera sottoposizione a indagini, con passaggi procedimentali che presuppongono un vaglio più approfondito da parte dell’autorità, come l’applicazione di una misura cautelare personale o l’avvenuto esercizio dell’azione penale (così conformandosi, come si vedrà nel prosieguo, anche alla giurisprudenza amministrativa e costituzionale formatasi sul punto).

Nel caso in cui le predette ipotesi non si verifichino, tuttavia, l’autorità amministrativa o civile avrà comunque la possibilità di valorizzare qualunque altro elemento, purché non basi il proprio convincimento sulla mera iscrizione formale del nome della persona nel registro degli indagati.

In assenza di una disciplina transitoria, la norma in esame sarebbe immediatamente applicabile e, salvo non voler rischiare di introdurre una irragionevole disparità di trattamento tra posizioni identiche, lo sarebbe anche nei confronti delle iscrizioni già effettuate al 31 dicembre 2022.

La novità sinora analizzate non sono accompagnate, tuttavia, dalla previsione di alcuna sanzione per l’autorità civile e/o amministrativa che ponga in essere violazioni, con tutto ciò che ne consegue in termini di effettività delle norme di nuova introduzione.

4. I riflessi sulle imprese: qualche esempio pratico

Le modifiche normative sinora descritte dispiegheranno inevitabilmente i loro effetti anche nella vita delle imprese.

Uno dei settori che vengono con più immediatezza alla mente è quello relativo agli appalti pubblici, che hanno visto l’entrata in vigore del nuovo codice il 1° aprile 2023[13].

Dalla lettura congiunta delle due disposizioni sopra citate, l’art. 335-bis c.p.p. e l’art. 110-quater disp. att. c.p.p., invero, si dovrebbe desumere il divieto di escludere dai concorsi o dalle gare di appalto determinati soggetti solo sulla base del loro coinvolgimento in un procedimento penale.

Fino alla vigenza del vecchio d.lgs. n. 50/2016, il relativo art. 80 aveva creato non pochi dibattiti sul punto.

In particolare, oltre ai casi di esclusione automatica di cui al comma 1[14], il comma 5, lettera c), prevedeva altresì l’esclusione dell’operatore che «si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità», rimettendo alla discrezionalità della stazione appaltante la relativa valutazione.

A fronte di questo dato normativo così generico, non erano mancate decisioni come quella del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 5377/2013, che avevano valorizzato il termine “procedimento penale” contenuto nel bando di gara, ritenendo sufficiente a fondare l’esclusione dell’offerente la mera pendenza della fase delle indagini preliminari (come noto, invero, a partire dal momento in cui viene formulata l’imputazione dalla Pubblica Accusa, si parla di “processo penale”).

Sul punto, le linee guida n. 6 di ANAC del 2016[15] avevano tentato – con un documento il più possibile organico – di offrire indicazioni operative nell’ottica di assicurare l’adozione di comportamenti omogenei da parte delle stazioni appaltanti e garantire certezza agli operatori economici[16].

La giurisprudenza amministrativa, però, ha assunto decisioni di ogni natura, in alcuni casi pur rilevando la non decisività delle linee guida ANAC[17].

Uno degli elementi di discrimine – ai fini della rilevanza del procedimento pendente – sembrava essere quanto meno l’esistenza di un vaglio giudiziario sull’accusa mossa dal Pubblico Ministero[18]: ad esempio, l’applicazione di misura cautelare da parte del GIP[19], l’applicazione di un sequestro da parte del giudice[20], l’accoglimento da parte del GIP della richiesta di giudizio immediato, che, ai sensi dell’art. 453 c.p.p., presuppone che le prove a carico della persona sottoposta alle indagini siano ritenute “evidenti”[21].

Un altro elemento valorizzato dagli approdi della giurisprudenza era quello temporale: richiamando il principio generale di proporzionalità di derivazione unionale di cui all’art. 57, par. 7, della direttiva 2014/24/UE, quindi, la causa di esclusione non poteva essere fatta valere decorsi tre anni dal fatto che ha originato la condanna non definitiva (e, dunque, a fortiori, non poteva esserlo in assenza di un provvedimento negativo emesso dall’autorità)[22].

Tale orientamento era stato criticato da chi riteneva che i tre anni avrebbero dovuto essere calcolati dal momento dell’emissione della sentenza di condanna non definitiva (e non dal giorno dell’asserita commissione del fatto di reato).

Il nuovo codice di procedura penale, unitamente al nuovo codice degli appalti[23], tuttavia, dovrebbero contribuire a porre fine a questa incertezza.

Il nuovo codice degli appalti, in vigore dal 1° luglio 2023 ed efficace dal 1° luglio 2023, prevede agli artt. 94 e 95 dei casi di esclusione automatica (ad esempio, la condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, per determinati reati individuati dalla norma; o la sanzione interdittiva del divieto di contrarre con la pubblica amministrazione di cui all’art. 9, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 231/2001) e dei casi di esclusione non automatica (tra cui, quello in cui l’offerente abbia commesso «un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati», come definiti dal successivo art. 98).

L’articolo 98 del nuovo codice degli appalti – evoluzione dell’antenato art. 80, comma 5 – disciplina l’illecito professionale grave, prevedendo più nel dettaglio rispetto al passato le condizioni e i casi che possono integrare una causa di esclusione non automatica dalla procedura di appalto[24].

In nessun punto della nuova dettagliata disposizione normativa si fa riferimento alla mera pendenza del procedimento penale a carico dell’operatore economico (o dei soggetti di cui al comma 3 dell’art. 94)[25].

Il comma 2 prevede tre condizioni concorrenti affinché si possa configurare tale illecito: (i) «elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale»; (ii) «l’idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore»; (iii) «la presenza di adeguati mezzi di prova».

Tra i mezzi di prova adeguati, elencati al comma 6, compare l’esercizio dell’azione penale o eventuali provvedimenti cautelari reali o personali emessi dal giudice penale, ma non l’iscrizione di un nominativo nel registro degli indagati[26].

L’ordinamento extrapenale, sembra così conformarsi alla regola di trattamento propugnata dalla Commissione Lattanzi e trasposta nel nuovo art. 335-bis c.p.p.

Un altro esempio degli effetti della nuova impostazione è la recente dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’allegato 2, punto C, n. 3), lett. a), d.lgs. n. 20/2018, recante «Disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica, predisposto ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lett. g), della legge 28 luglio 2016, n. 154, e ai sensi dell’articolo 2 della legge 12 agosto 2016, n. 170», limitatamente alle parole «o essere interessati da procedimenti penali in corso»: la norma extrapenale dichiarata incostituzionale, infatti, prevedeva che il diritto di impiego negli Organismi di controllo in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica, scattasse, «in correlazione con taluni delitti, sin dal momento in cui la persona è interessata dal (ossia sottoposta al) procedimento penale, e cioè sin dalla fase iniziale dell’accertamento penale, allorché il P.M., ricevuta la notizia di reato, proceda all’iscrizione, che non postula alcun riscontro della notizia medesima, ma, in quanto atto a tutela dell’indagato, costituisce essa stessa il presupposto per procedere alla verifica della sua fondatezza, viola l’art. 3 Cost.»[27].

In altre parole, le misure extrapenali limitative possono scattare quando l’accertamento penale ha raggiunto un certo stadio di certezza, o, quantomeno, di rilevante probabilità, che è di sicuro assente al momento dell’iscrizione della persona nel registro delle notizie di reato (ma anche in seguito con la notifica dell’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p., sovente il primo momento in cui l’indagato interloquisce con l’autorità).

Da due punti di vista differenti (l’esclusione da una gara pubblica e le politiche aziendali di impiego) gli esempi sinora citati consentono di apprezzare l’impatto che la nuova disciplina potrà avere sulle imprese.

5. Conclusioni

A partire dal momento dell’iscrizione del nominativo di un soggetto all’interno del registro delle notizie di reato custodito dalla Procura della Repubblica entrano in gioco le esigenze di tutela dell’individuo (e delle società che rappresenta) da presunzioni di colpevolezza che non trovano spazio nel nostro ordinamento.

Innanzitutto la Riforma Cartabia, nel tentativo di evitare iscrizioni frettolose e indiscriminate – così soddisfacendo le esigenze di garanzia, certezza e uniformità di cui alla delega ricevuta – ha delineato presupposti oggettivi e soggettivi più stringenti all’interno dell’art. 335 c.p.p.[28]

La sussistenza di indizi a carico della persona sottoposta a indagine, che ne giustifica la predetta iscrizione, però, non deve ritenersi sufficiente per determinare, da sola, effetti pregiudizievoli ulteriori.

Questo principio merita di essere esteso anche al di fuori del procedimento penale per un duplice ordine di ragioni.

È innanzitutto illogico considerare non colpevole un determinato soggetto nel corso del procedimento penale (sede dell’accertamento della sua eventuale responsabilità) e poi accettare che, però, lo stesso soggetto possa risultare parallelamente bersaglio di provvedimenti restrittivi o limitativi in altri contesti.

È poi necessario tutelare la coerenza e l’uniformità del nostro ordinamento giuridico, complessivamente inteso, al fine di evitare antinomie e contraddizioni, in un contesto di strette interconnessioni e continue sovrapposizioni tra le varie discipline.

La nuova disposizione di cui all’art. 335-bis c.p.p., pertanto, rappresenta un passo in avanti fondamentale in termini di civiltà e di modernità giuridica, contribuendo a rafforzare la coerenza e la ragionevolezza dell’intero sistema.

Le norme che si discostano dal sistema in commento potranno adesso venire interpretate alla luce del disposto dell’art. 110-quater disp. att. c.p.p., senza la necessità di nuovi interventi della Corte Costituzionale, come quello sopra esaminato.

Accanto alla codificazione di tali principi, non vi sono, però, sanzioni specifiche in caso di loro violazione da parte di autorità civili e amministrative: dovrà essere, quindi, verosimilmente ancora una volta l’autorità giudiziaria, di volta in volta interessata, a rimettere ordine.

 

[1] Sull’importanza della ragionevolezza delle disposizioni di legge e del bilanciamento di interessi, si veda C. Cost. n. 152/2022, di cui si dirà anche nel prosieguo, che richiama a sua volta Corte Cost. sentt. nn. 239 del 1996, 173 del 1997, 78 del 2005, 236 del 2015, 36 del 2019.

[2] P.P. Paulesu, La presunzione di non colpevolezza dell’imputato, 2009.

[3] Art. 335-bis– Limiti all’efficacia dell’iscrizione ai fini civili e amministrativi, in Codice Commentato, a cura di G. Spangher e A. Giarda, 2020, 1551.

[4] Come si desume dal tenore letterale dell’art. 109 disp. att. (rubricato «Ricezione della notizia di reato»), si tratta di un’attività valutativa che comporta l’esercizio di una discrezionalità tecnica da parte del Pubblico Ministero. Si veda, a tal proposito, la Circolare del Ministero della Giustizia del 11 novembre 2016, la Circolare della Procura di Roma del 2 ottobre 2017 (c.d. Circolare Pignatone) e gli Orientamenti della Procura Generale presso la Corte di Cassazione del 3 giugno 2019 in merito all’osservanza delle norme sulle iscrizioni. Inoltre, la Procura Generale presso la Corte di Cassazione il 19 gennaio 2023 ha emanato Primi orientamenti in tema di applicazione del d.lgs. n. 150 del 2022: iscrizione delle notizie di reato; conclusione delle indagini preliminari; avocazione e controlli da parte del giudice, che sostituiscono gli Orientamenti in tema di iscrizione delle notizie di reato del 3 giugno 2019 e quelli in tema di avocazione del 24 aprile 2018 integrati il 3 giugno 2019, reperibili al seguente url: https://www.procuracassazione.it/procuragenerale-resources/resources/cms/documents/Orientamenti_in_tema_di_applicazione_del_d.lgs_150_2022.pdf

[5] Cass. pen., sez. un., n. 40538/2009: «ricorrono, nella struttura e nella disciplina dell’atto di iscrizione, elementi di inevitabile fluidità, che rendono lo scrutinio dei suoi presupposti meno meccanico di quanto i predicati di doverosità presenti nella disposizione dell’art. 335 potrebbero, prima facie, suggerire».

[6] Cfr., ex multis, Cass. pen., sez. II, n. 14704/2020, secondo cui: «in tema di valutazione probatoria, la differenza tra prova e indizio è costituita dal fatto che mentre la prima, in quanto si ricollega direttamente al fatto storico oggetto di accertamento, è idonea ad attribuire carattere di certezza allo stesso, l’indizio, isolatamente considerato, fornisce solo una traccia indicativa di un percorso logico argomentativo, suscettibile di avere diversi possibili scenari, e, come tale, non può mai essere qualificato in termini di certezza con riferimento al fatto da provare».

[7] Cfr. Procura Generale presso la Corte di Cassazione, Primi orientamenti in tema di applicazione del d.lgs. n. 150 del 2022: iscrizione delle notizie di reato; conclusione delle indagini preliminari; avocazione e controlli da parte del giudice, 9,  i quali ricordano, altresì, che «sulla necessità di un grado determinato di consistenza indiziaria pare invece collocarsi il parere del CSM del 22 settembre 2022 sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della Legge n. 134/2021, secondo cui l’iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito si impone quando gli elementi a carico della stessa abbiano un grado di consistenza tale da attingere la soglia della probabilità di fondatezza dell’accusa».

[8] Relazione illustrativa al Decreto legislativo in attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134 recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, 79: «viene altresì perseguito l’obiettivo di sottrarre il momento delicato di iscrizione della notizia di reato – intesa nella sua componente oggettiva e soggettiva – a un duplice rischio: da un lato, quello di considerare tale atto un mero adempimento formale, con conseguente possibile iscrizione di notizie di reato generiche (che dunque propriamente tali non sono) e di soggetti raggiunti da meri sospetti, con possibili effetti pregiudizievoli nei loro confronti; dall’altro, il rischio speculare di richiedere, ai fini dell’iscrizione, requisiti troppo stringenti, con la conseguenza di ritardare sia il termine di decorrenza delle indagini, sia l’attivazione delle garanzie riconosciute alla persona sottoposta alle indagini».

[9] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, in Diritto Penale e Processo, n. 1, 1° gennaio 2023, n. 142.

[10] Art. 1, comma 9, lett. s) della legge delega: «prevedere che la mera iscrizione del nome della persona nel registro di cui all’articolo 335 di procedura penale non determini effetti pregiudizievoli sul piano civile e amministrativo».

La prima formulazione (identica) del limite all’efficacia dell’iscrizione nel registro degli indagati si rinviene nell’art. 3, comma 1, lett. l quater), D.d.l. A.C. 2435, così come modificato a seguito della proposta elaborata dalla Commissione Lattanzi: 2.6. Indagini preliminari e udienza preliminare (art. 3 D.d.l. A.C. 2435, riformulazione) – Art. 3, 16, «l-quater) prevedere che la mera iscrizione del nominativo della persona nel registro delle notizie di reato non determini effetti pregiudizievoli sul piano civile e amministrativo».

[11] Commissione di studio per elaborare proposte di riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio penale, nonché in materia di prescrizione del reato, attraverso la formulazione di emendamenti al Disegno di legge A.C. 2435, recante Delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d’appello (D.M. 16 marzo 2021 – Pres. Dott. Giorgio Lattanzi, Vice Pres. Dott. Ernesto Lupo e Prof. Gian Luigi Gatta), Relazione finale e proposte di emendamenti al D.d.l. A.C. 2435, 24 maggio 2021, 19.

[12] Cfr., ad esempio, l’art. 463-bis c.c. in materia di successione.

[13] D.lgs. n. 36/2023, codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici.

[14] L’art. 80, comma 1, prevedeva l’esclusione dell’operatore dalla procedura di gara in presenza di «condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p.», in relazione ad un catalogo di reati determinati.

[15] Linee guida n° 6: Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’articolo 80, comma 5, lettere c), c-bis), c-ter) e c-quater) del codice dei contratti pubblici reperibili al seguente url: https://www.anticorruzione.it/documents/91439/2743387/Documento+di+consultazione+-+Linee+Guida+n.+6.pdf/072b2072-944a-740e-d332-05ed19cef159?t=1642494926027

[16] Per esempio, ANAC estendeva l’operatività delle cause di esclusione dalla gara anche alle condanne non definitive per i reati di cui all’art. 80, comma 1, nonché per ulteriori reati espressamente menzionati dalle linee guida medesime (come, a titolo esemplificativo, i reati tributari o quelli fallimentari).

[17] Cfr. C.d.S., n. 1367/2019, in un caso in cui è stata attribuita rilevanza all’intervenuta applicazione di una misura cautelare in fase di indagini.

[18] Per tali motivi, conclude TAR Milano, n. 1120/2019: «ritiene il Collegio che il mero richiamo alla richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero, posta a fondamento del provvedimento impugnato, in assenza di ulteriori ed autonome valutazioni da parte della stazione appaltante, non costituisca “mezzo adeguato” di prova della sussistenza di un grave illecito professionale di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) d.lgs. n. 50/2016».

[19] Cfr. C.d.S., n. 1367/2019.

[20] Cfr. C.d.S., n. 7022/2018.

[21] Cfr. TAR Lazio, n. 1931/2019.

[22] TAR Napoli n. 964/2022, secondo cui: «la previsione di un onere dichiarativo esteso a fatti risalenti oltre un determinato limite temporale implic[hi] un evidente contrasto con tale principio, per la possibilità riconosciuta all’amministrazione appaltante di dare rilevanza a fatti che – per il tempo trascorso – non rappresentano più un indice su cui misurare l’affidabilità professionale dell’operatore economico».

C.d.S. n. 575/2022), evidenzia che un «generalizzato obbligo dichiarativo, senza l’individuazione di un preciso limite di operatività, infatti, potrebbe rilevarsi eccessivamente oneroso per gli operatori economici imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa».

[23] D.lgs. n. 36/2023 – Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici (nuovo codice degli appalti).

[24] Anche nella nuova disciplina il dato temporale ha una sua rilevanza: il comma 5 dell’articolo 98, prevede, infatti, che «la valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 4 e del tempo trascorso dalla violazione, anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell’organizzazione dell’impresa».

[25] È importante precisare , inoltre, come l’illecito assuma rilevanza solo se compiuto dall’operatore economico offerente, tranne che nei casi di cui al comma 3, lettere g) e h) (rispettivamente riferite alla contestata commissione di taluno dei reati consumati o tentati di cui al comma 1 dell’art. 94 e la contestata o accertata commissione di un’altra serie determinata di reati consumati) in relazione ai quali rilevano anche i fatti compiuti dai soggetti di cui al comma 3 dell’art. 94 (id est, ad esempio, il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; il socio amministratore o il direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; i soci accomandatari o il direttore tecnico, se si tratta di società in accomandita semplice; i membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ivi compresi gli institori e i procuratori generali; i componenti degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo; il direttore tecnico o il socio unico; l’amministratore di fatto).

Al comma 5, lett. e) ed f) dell’art. 94 si prevede come causa di esclusione automatica, però, l’iscrizione nel casellario informativo tenuto dall’ANAC per aver presentato false dichiarazioni o falsa documentazione nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalti o ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione.

[26] Art. 98, comma 6, d.lgs. n. 36/2023: «g) quanto alla lettera g), gli atti di cui all’articolo 407-bis, comma 1, del codice di procedura penale, il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’articolo 429 del codice di procedura penale, o eventuali provvedimenti cautelari reali o personali emessi dal giudice penale, la sentenza di condanna non definitiva, il decreto penale di condanna non irrevocabile, la sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale», dove la lettera g) del comma 3 dello stesso art. 98 è dedicata alla «contestata commissione da parte dell’operatore economico, ovvero dei soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 94 di taluno dei reati consumati o tentati di cui al comma 1 del medesimo articolo 94».

[27] C. Cost. n. 152/2022.

[28] Citando le parole della Procura Generale presso la Corte di Cassazione «la nuova definizione dei presupposti della iscrizione delle notizie di reato nell’apposito registro [ex art. 335 c.p.p.] mira a garantire l’uniformità dell’agire degli uffici requirenti in un passaggio delicato del procedimento penale. Il Legislatore ha inteso offrire una più sicura base giuridica in relazione a quelle situazioni – si pensi alle denunce a carico di amministratori (pubblici e privati), imprenditori e liberi professionisti, in materia di inquinamento ambientale, di mancato rispetto delle norme di edilizia e urbanistica, di danni da medicinali, di responsabilità medica, di scarsa trasparenza nell’azione degli istituti di credito – nelle quali il precedente assetto sembrava legittimare tanto l’iscrizione anche nei confronti di soggetti la cui posizione era quasi certamente estranea a profili di responsabilità (con il rischio di produrre effetti irreversibili sul soggetto iscritto ricoprente cariche pubbliche o svolgente attività imprenditoriali o professionali di rilievo), quanto la scelta opposta di operare una sorta di “filtro preliminare” alla iscrizione, consistente nelle effettuazione di attività di verifica della consistenza indiziaria previa rubricazione del fascicolo a modello 44 o 45».

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