Premessa: prassi, utilizzo dello strumento della gara ad evidenza pubblica nel settore dei fondi immobiliari.
La necessità di procedere, rapidamente, alla dismissione (e valorizzazione) del patrimonio immobiliare pubblico disponibile, ha portato la pubblica amministrazione (regione, province, comuni) e casse o enti previdenziali a utilizzare strumenti di finanza immobiliare, in particolare, il fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso.
Rispetto a strumenti tradizionali (ad es. società di capitali), il fondo immobiliare consente di (i) separare la proprietà sostanziale del patrimonio immobiliare dalla proprietà formale dello stesso allocando la responsabilità delle scelte di investimento/disinvestimento sul gestore, (ii) affidare il proprio portafoglio immobiliare a un soggetto istituzionale, dotato delle necessarie professionalità e soggetto alla continua vigilanza delle autorità di controllo, (iii) essere titolari di uno strumento finanziario riconosciuto dagli investitori istituzionali, che garantisce qualificati sistemi di governance la cui evoluzione tende all’armonizzazione delle regole, (iv) garantire il controllo della legittimità delle operazioni e dei flussi in entrata e in uscita della cassa dei fondi da parte della banca depositaria, (v) il controllo dell’operato del gestore, e del singolo fondo, affidato ad un revisore contabile esterno, (vi) la valutazione del sottostante immobiliare da parte di Esperti Indipendenti.
Sulla base della prassi emersa nel corso degli ultimi anni, la pubblica amministrazione (oltre che enti di natura privata ma con finalità pubblicistiche come enti e casse di previdenza obbligatoria), nella selezione della società di gestione del risparmio deputata a istituire, costituire e gestire un fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso cui trasferire (tramite apporto o cessione) il proprio patrimonio immobiliare, ha fatto riferimento alle disposizioni normative contenute nel Decreto Legislativo 163 del 2006, e successive modifiche (“Codice degli Appalti Pubblici”).
Compatibilità
Per le finalità in esame, la compatibilità del Codice degli Appalti con lo “strumento” fondo immobiliare varia a seconda del punto di vista di chi la interpreta. Vediamo perchè.
Ai sensi dell’Art. 19 del D. Lgs. 163 del 2006 (e successive modificazioni), rubricato “Contratti di servizi esclusi”, “Il presente codice non si applica ai contratti pubblici … d) concernenti servizi finanziari [ndr: gestione del risparmio] relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari [ndr: quote dei fondi immobiliari], in particolare le operazioni di approvvigionamento in denaro o capitale delle stazioni appaltanti, nonchè i servizi forniti dalla Banca d'Italia”. Se ne deduce che il Legislatore ha ritenuto di escludere i contratti pubblici concernenti servizi finanziari (nel caso che qui interessa, la gestione collettiva del risparmio) in considerazione delle caratteristiche stesse degli strumenti finanziari, la cui negoziazione appare legata in misura prevalente al particolare giudizio di affidabilità di ciascun singolo operatore.
Peraltro, la sopra richiamata causa di esclusione sub Art. 19, lett. d), sembra trovare solo parziale applicazione secondo le motivazioni contenute nella deliberazione n. 81 del 7 ottobre 2009 dell’Autorità di Vigilanza dei Lavori Pubblici , che recita: “La Società di Gestione del Risparmio di un fondo immobiliare costituito per la dismissione di immobili pubblici svolge svariate attività (anche, ad esempio, di asset management, property management, ecc.), poiché la gestione di portafogli immobiliari necessita di tutta una serie di attività specifiche connesse con la natura reale dei beni amministrati. Tali attività sono abbastanza eterogenee e solo in parte riconducibili ai servizi finanziari "esclusi" di cui all'art. 19, lett. d), del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Ciò, unito ad una necessaria interpretazione restrittiva delle norme suddette, conduce a ritenere che è opportuno condurre la procedura di selezione della SGR secondo le regole dell'evidenza pubblica (in primis con pubblicazione di un bando). L'autonomia patrimoniale del fondo immobiliare nei confronti dei soggetti pubblici conferitari e la sua natura privatistica, potrebbero condurre a ritenere che la SGR non sia tenuta ad effettuare procedure ad evidenza pubblica. È, tuttavia, opportuno che le SGR conferiscano i servizi di progettazione e l'esecuzione delle opere a soggetti dotati di adeguata professionalità e qualificazione SOA, in virtù della natura intrinsecamente pubblica del fine che le opere da realizzare tendono a soddisfare.”
Se si analizza la prassi, si riscontrano interpretazioni/posizioni differenti tra loro. La maggior parte delle stazioni appaltanti richiama il codice degli appalti “tout court”. Una minoranza di esse invece circoscrive l’applicabilità della normativa degli appalti pubblici limitatamente all’opportunità di “… condurre la procedura di selezione della SGR secondo le regole dell'evidenza pubblica (in primis con pubblicazione di un bando)”.
Quanto sopra, sembra trovare conferma nell’impostazione seguita da alcune stazioni appaltanti: in alcuni casi infatti, in risposta a specifico quesito la stazione appaltante ha precisato che il rinvio alla normativa del Codice degli Appalti doveva intendersi limitato alle parti espressamente richiamate dal bando di gara e non, come invece poteva desumersi dalla documentazione di gara, all’intera disciplina normativa in materia (si fa presente che, nel caso di specie, gli standard e gli schemi utilizzati erano i medesimi utilizzati per le procedura di gara pubbliche per le quali diverse stazioni appaltanti avevno inteso come integrale il rinvio alle disposizioni del Codice degli Appalti).
Quanto sopra dà atto dell’esistenza, nella prassi applicativa, di un quadro normativo quanto meno “confuso” e che, alla luce della rilevanza che il fenomeno sta assumendo nel corso degli ultimi anni, merita certamente alcune riflessioni ed approfondimenti di natura tecnico giuridica.
Analisi
Senza pretesa di esaustività, nè di rigore scientifico, ad avviso di chi scrive le diverse discipline che entrano in gioco (Codice degli Appalti e normativa finanziaria in primis), a volte anche confliggenti tra di loro, dovrebbero essere applicate in misura prevalente (o assorbente) l’una dall’altra a seconda delle diverse fasi in cui si svolge una procedura di gara pubblica avente ad oggetto la selezione di una SGR per l’istituzione di un fondo immobiliare quale veicolo di dismissione/valorizzazione di un portafoglio immobiliare pubblico o di pubblico interesse.
Molto sinteticamente, vi sono:
- una prima fase di selezione, che si conclude con l’aggiudicazione della gara. In tale fase l’elemento di interesse pubblicistico è massimo e, pertanto, in linea con gli orientamenti dell’Autorità Garante, appare corretto che a prevalere sia la disciplina dell’evidenza pubblica;
- una seconda fase temporale, che inizia con la sottoscrizione del contratto di appalto e si conclude con la fase istitutiva e costitutiva del fondo immobiliare. In tale fase l’interesse pubblicistico dell’evidenza pubblica permane in misura rilevante (interesse al perfezionamento del “contratto di appalto”);
- una terza fase che inizia con l’istituzione del fondo, con l’avvio della gestione vera e propria e si conclude con la liquidazione del fondo. In tale fase l’interesse dei quotisti (in ipotesi anche ulteriori rispetto all’ente appaltante che ha la possibilità di dismettere tutto o parte del prorio patrimonio attraverso la cessione delle quote del fondo) è prevalente e adeguatamente disciplinato e regolato dalla normativa di settore, che quindi sembra debba prevalere.
L’emblema del “conflitto” tra i diversi interessi e, conseguentemente, tra le diverse discipline richiamate è ben rappresentato dalla individuazione dello strumento contrattuale che deve disciplinare i rapporti tra la stazione appaltante/quotista e l’aggiudicatario/società di gestione del risparmio. In particolare, tale strumento deve (o dovrebbe) regolare i rapporti tra stazione appaltante e aggiudicataria nella seconda fase della procedura, secondo lo schema temporale sopra rappresentato. La disciplina del rapporto di gestione, invece, dovrebbe essere rimessa allo strumento specifico previsto dalla normativa di settore, ovvero dal regolamento di gestione del Fondo.
Sulla base della documentazione di gara pubblicata dalle stazioni appaltanti invece si assiste ad una costante sovrapposizione tra i 2 strumenti contrattuali ingenerando conflitti tra diverse normative di non agevole riconciliazione per l’interprete e per gli operatori Evidentemente i due strumenti disciplinano aspetti e fasi diverse, solo parzialmente coincidenti e sovrapponibili., .
Più nello specifico i conflitti tra diverse normative si manifestano in presenza di contratti di appalto che pretendono di esplicare la loro efficacia cogente ed obbligatoria per tutta la durata del Fondo in tal modo privando di ogni rilevanza giuridica il Regolamento di Gestione che, ai sensi della normativa finanziaria speciale, rappresenta lo strumento elettivo di regolamentazione dei rapporti tra partecipanti al Fondo e Società di Gestione
A tale circostanza consegue che i rapporti intercorrenti tra la stazione appaltante e la aggiudicataria, che trovano corretta allocazione della disciplina del contratto di appalto nella fase ricompresa tra aggiudicazione e istituzione del Fondo, rischiano di sovrapporsi in parte con la disciplina contrattuale (Regolamento del fondo) che disciplina i rapporti tra partecipante al Fondo () e società di gestione del risparmio. L’esperienza recente, seppur non ancora in termini di applicazione pratica, evidenzia quindi i seguenti potenziali aspetti di criticità:
- difficoltà di interpretazione di medesime situazioni disciplinate da contratti diversi (vedi ad es. sostituzione della società di gestione del risparmio);
- in presenza di quotisti diversi ed ulteriori rispetto alla stazione appaltante, potrebbe verificarsi un disallineamento/conflitto/disparità di trattamento tra i medesimi, in considerazione della circostanza che solo uno di loro ha ulteriori diritti/obblighi nei confronti del gestore;
- rischio che alcune delle previsioni del contratto di appalto attruibiscano maggiori diritti a favore del quotista (già stazione appaltante) verso la società di gestione del risparmio, con rischio di ingerenza nella gestione ben oltre i limiti consentiti dagli strumenti di governance previsti nei regolamento di gestione (emblematico è il caso dei contratti di appalto che prevedono la risoluzione del contratto in caso di inadempimento della SGR agli obblighi di rispetto del business plan del Fondo).
Conclusione
Sembra pertanto consivisibile seguire l’impostazione che vede salve le prescrizioni normative contenute nel Codice degli Appalti meritevoli di essere applicate anche nel caso di affidamento di servizi di gestione del risparmio per l’istituzione di fondi immobiliari (in considerazione della natura pubblica della stazione appaltante e del sotteso interesse pubblicistico, diretto o indiretto).
In continuità di pensiero, richiamando le fasi prodromiche ed esecutive di una gara pubblica per la selezione di un gestore, un primo momento di attenzione per gli interessi pubblicistici è quello della fase di selezione e aggiudicazione del concorrente: qui si ritiene debba prevalere, nel rispetto dei principi generali in materia di risparmio gestito, l’impianto normativo del Codice degli Appalti.
Un secondo momento di attenzione è riferibile alla fase intercorrente tra l’aggiudicazione e la costituzione/l’istituzione del fondo (avvio dell’attività di gestione). In tale fase si ritiene dovrebbe esplicare effetti lo strumento regolatorio del contratto di appalto il cui contenuto dovrebbe, tuttavia, essere limitato e contenuto a tutti quegli aspetti non oggetto di disciplina specifica ed espressa da parte del Regolamento di Gestione (ivi incluso, ad esempio, la definizione ex ante del contenuto del Regolamento di Gestione stesso)
La terza fase, quella propria della gestione, dovrebbe essere disciplinata, salvo eccezioni, esclusivamente dalla normativa di settore (risparmio gestito) e dal proprio (del fondo) regolamento di gestione.
L’eccezione (e cioè l’eventuale ultrattività di alcune disposizioni del contratto di appalto) potrebbe manifestarsi solamente e limitatamente alla disciplina, ove del caso, di specifici rapportitra la stazione appaltante e la società di gestione del risparmio non riconducibili direttamente all’attività di gestione del Fondo.