Con ordinanza del 18 agosto 2023, n. 24839, la Cassazione ha espresso i seguenti principi di diritto relativamente al regime di ius poenitendi previsto dall’art. 30 del TUF in relazione ad un contratto di gestione patrimoniale.
Nell’ambito di contratti di investimento (nella specie, un contratto di gestione patrimoniale) non è necessario, né argomentabile ex art. 21 TUF, che la clausola relativa al diritto di recesso ex art. 30 TUF sia riportata su un modulo separato o comunque evidenziata in forma graficamente peculiare, essendo sufficiente una informativa inserita all’interno del regolamento negoziale.
L’unico requisito richiesto dall’art. 30, commi 6 e 7, TUF, a pena di nullità del contratto di investimento, è l’indicazione dello ius poenitendi a favore del cliente, senza necessità di evidenziazione grafica o di particolari forme redazionali della relativa informativa. È precluso all’interprete sancire obblighi di forma di un contratto o di una sua clausola se essi non sono espressamente previsti dal legislatore, in ragione dell’art. 14 delle Preleggi che fissa il divieto di interpretazione analogica.
L’avviso relativo allo ius poenitendi nei contratti di investimento di cui all’art. 30 TUF non necessita di apposita sottoscrizione e distinta approvazione da parte dell’investitore. Le clausole dei cc.dd. contratti per adesione sono soggette ad obbligo di specifica approvazione, a pena di nullità, se vessatorie e, dunque, se redatte a favore del contraente “forte” che le abbia unilateralmente predisposte, ipotesi non ricorrente nel caso di avviso sullo ius poenitendi, essendo la facoltà di recesso prevista in favore del cliente, ossia del contraente “debole”.
Laddove nell’ambito di un contratto di gestione patrimoniale si sia verificata una variazione unilaterale della linea di gestione e la circostanza, allegata dall’investitore come inadempimento, sia rimasta non contestata dall’intermediario finanziario, la sentenza del giudice di merito che trascuri una siffatta circostanza è viziata dalla mancata considerazione di una circostanza decisiva ai fini del giudizio.
Nella gestione individuale dei portafogli titoli gli obblighi informativi e di condotta dell’intermediario finanziario sono più stringenti ed “il “benchmark”, cioè la linea d’investimento prescelta dal cliente, di cui all’art. 42 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998, importa la costituzione di obblighi di condotta da parte del gestore, rappresentando un parametro di riferimento coerente con i rischi della gestione, al quale devono essere commisurati i risultati di questa; pertanto il “benchmark” prescelto, se anche non impone al gestore di acquistare titoli nelle proporzioni indicate, costituisce un modo per valutare la razionalità e l’adeguatezza dell’attività dell’intermediario, derivandone che, ove la gestione sia risultata in contrasto con il predetto parametro e, quindi, con i rischi contrattualmente assunti dall’investitore, l’intermediario risponde delle perdite che il cliente abbia subìto in conseguenza” (cfr. Cass. civ., Sez. I, ordinanza n. 23568 del 27/10/2020).