La Corte di Cassazione con ordinanza n. 18338 di data 4 luglio 2024 (Pres. Fuochi Tinarelli; Rel. Salemme) si è pronunciata in materia di applicazione IVA ai servizi finanziari, confermando la sentenza di merito che aveva ritenuto imponibili tanto la custodia di titoli quanto i servizi di back office (ossia, di assistenza commerciale) ai pagamenti, in virtù della loro natura accessoria alla custodia di titoli.
L’Agenzia delle Entrate emetteva avviso di accertamento verso un ente creditizio, che intimava il pagamento dell’IVA sui servizi erogati verso una SGR, e in particolare:
- sui servizi erogati in forza di contratto di regolamento, in quanto asseritamente da qualificarsi come deposito titoli, in virtù dell’esclusione di tale servizio dall’esenzione IVA prevista per le operazioni relative a titoli ed obbligazioni prevista dall’art. 10, primo comma, n. 4 del D.P.R. n. 633/1972 ;
- sulle prestazioni di servizi di back office (assistenza commerciale) sui pagamenti, in quanto non previste nel predetto contratto di regolamento
La contribuente proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento innanzi alle Commissioni Tributarie, in primo grado e in appello, opponendo di non essere custode dei titoli asseritamente gestiti in deposito sub a), ma di svolgere solo attività di gestione individuale di portafogli, e la mera accessorietà dei servizi di back office pagamenti.
Viene infine adita la Corte di Cassazione, con censura afferente alla motivazione delle sentenze di merito, di cui si lamenta il carattere meramente apparente.
La Suprema Corte, nel ritenere infondato il motivo, ricorda che il vizio di motivazione è censurabile in sede di legittimità solamente ove risulti in una lesione del principio di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali costituzionalmente garantita di cui all’art 111, sesto comma, Cost., e cioè, quando attenga alla «esistenza della motivazione in sé, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata […] [e] si esaurisce nella ‘mancanza assoluta dei motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’ e nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile’»; tale vizio non sarebbe comunque riscontrabile nella sentenza impugnata, laddove il fatto che l’ente creditizio eroghi il servizio di deposito titoli è giustificato sulla base di un’attenta disamina del contratto.
L’ente creditizio inoltre contesta il fatto che la Commissione Tributaria Provinciale, con affermazione condivisa dalla CT Regionale, avesse ritenuto assorbita (recte, di rigettare implicitamente per estensione del ragionamento già svolto), la questione relativa ai servizi di back office sui pagamenti, lamentando che questi non fossero riconducibili alle prestazioni tipiche della banca depositaria di OICR.
La censura investe più in generale la possibilità di considerare i medesimi come servizi bancari, conseguentemente esenti ai fini IVA.
Tuttavia, rileva la Suprema Corte, tale allegazione di parte contraddice quanto affermato dalla medesima nel giudizio di primo grado sull’accessorietà del servizio in questione al deposito e custodia titoli, a sostegno della quale emergono peraltro elementi nel corso del giudizio.
Tale ricostruzione determinante nel consentire l’estensione dell’applicazione dell’IVA ai servizi di back office.
Da ultimo, la Corte di Cassazione ritiene inammissibile il terzo motivo, con cui il ricorrente aveva censurato l’errore nell’interpretazione del contratto, dato che nel contratto era apposta una clausola che escludeva l’instaurazione di contratto di deposito titoli con la banca per determinate categorie di titoli; infatti, sottolinea, il motivo di censura della sentenza impugnata manca di specificità, visto che parte ricorrente non indica quale canone ermeneutico sarebbe stato violato, e per di più non tiene conto del fatto che in realtà l’Agenzia delle Entrate nel proprio avviso di accertamento, e conseguentemente, le Corti di merito, avevano valorizzato la clausola ricordando che solo una parte dell’attività dell’ente è rivolta all’erogazione di servizi di custodia.
Alla luce di quanto sopra esposto, la Suprema Corte conferma la sentenza impugnata.