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IVA e Third Party Litigation Finance (TPLF): ulteriori chiarimenti AE

8 Gennaio 2025

Enrico Matano, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario, Università Cattolica di Milano

Di cosa si parla in questo articolo

Con la Risposta n. 256/2024, l’Agenzia delle Entrate è tornata a occuparsi del trattamento IVA applicabile alle attività di Third Party Litigation Finance (TPLF), integrando quanto già precisato con la Risposta n. 83/2024.

La TPLF (o litigation finance) è un’attività diffusa a livello internazionale, ma ancora poco sviluppata nel nostro ordinamento e nel contesto europeo: consiste nell’intervento di investitori privati (“litigation funder” o “finanziatori di contenziosi”), i quali finanziano procedimenti giudiziali o stragiudiziali, assumendosi le spese e i costi della lite in cambio di una quota o dell’intero risarcimento ottenibile dalla controversia.

Nel caso esaminato, un Fondo di Investimento Alternativo (FIA) italiano riservato, costituito in forma di SICAF, intendeva investire in crediti litigiosi pro-soluto derivanti da richieste risarcitorie, con particolare riferimento a controversie antitrust. 

La gestione operativa dell’investimento era stata affidata a un prestatore di servizi estero, incaricato di attività essenziali quali lo sviluppo di una piattaforma per la gestione documentale e probatoria, l’elaborazione dei dati economici per quantificare i danni, la selezione dei soggetti danneggiati e l’organizzazione dell’azione collettiva, inclusa l’assistenza nelle fasi processuali e nelle trattative per eventuali accordi transattivi.

Contestualmente, nella fase preliminare di bookbuilding, il prestatore estero aveva coinvolto intermediari esterni per l’aggregazione dei soggetti danneggiati e la valutazione dei crediti risarcitori.

Il Fondo italiano si era impegnato a sostenere, per conto del prestatore estero, le commissioni spettanti a tali intermediari.

L’istante chiedeva, in primo luogo, se le prestazioni erogate dal prestatore estero potessero beneficiare del regime di esenzione IVA di cui all’art. 10, comma 1, n. 1), del D.P.R. 633/1972, a mente del quale sono esenti le prestazioni di servizi concernenti “le operazioni compresa la negoziazione, relative a … crediti … ad eccezione del recupero di crediti”.

In secondo luogo, chiedeva chiarimenti sulla rilevanza territoriale ai fini IVA delle commissioni pagate agli intermediari nella fase di bookbuilding.

L’Agenzia ha qualificato i servizi forniti dal prestatore estero come essenziali e strettamente connessi all’attività di gestione dell’investimento collettivo.

La loro esternalizzazione a un terzo non ne muta la natura, giacché si tratta di funzioni senza le quali l’attività di litigation finance non potrebbe essere efficacemente svolta.

Pertanto, le prestazioni rese dal prestatore estero, territorialmente rilevanti in Italia ai sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. 633/1972, rientrano nel regime di esenzione IVA.

Con riguardo al secondo quesito, l’Agenzia ha escluso la rilevanza IVA in Italia delle commissioni pagate agli intermediari, in quanto il rapporto contrattuale intercorre esclusivamente tra il prestatore estero e gli intermediari stessi.

Tali somme, pur sostenute dal Fondo per conto del prestatore, non costituiscono il corrispettivo di una prestazione resa alla società di investimento, qualificandosi come semplici movimentazioni di denaro escluse dall’ambito IVA per difetto del requisito oggettivo, ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a), del D.P.R. 633/1972.

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