Ai fini della individuazione del requisito territoriale per le prestazioni di servizi afferenti ad un bene immobile, l’ubicazione di quest’ultimo all’interno del territorio dello Stato ha prevalenza rispetto ai generali criteri di collegamento del luogo di domicilio, residenza o stabile organizzazione dei prestatori.
Conseguentemente un soggetto passivo non residente, che effettui prestazioni di servizi relative ad un immobile sito nel territorio italiano, porrà in essere operazioni attive territorialmente rilevanti ai fini dell’Imposta sul Valore Aggiunto, e tali da escludere la legittimazione al rimborso dell’IVA ai sensi e per gli effetti dell’articolo 38-ter del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Così si è espressa, in sintesi, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16539 del 2019.
Un ente di diritto olandese ricorreva avverso la pronuncia della competente Commissione Tributaria Regionale, che giudicava legittimo, confermando gli esiti del giudizio di primo grado, il diniego di rimborso, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dell’IVA assolta sugli acquisti e servizi accessori effettuati dal contribuente.
Il ricorrente, infatti, aveva presentato istanza ai sensi e per gli effetti dell’articolo 38-ter del d.P.R. 633/1972, richiedendo il rimborso dell’imposta in quanto, in qualità di soggetto passivo residente in altro Stato Membro, riteneva di non aver posto in essere operazioni rilevanti in Italia.
Differentemente, il competente ufficio dell’Amministrazione finanziaria aveva rilevato la ricorrenza di prestazioni di servizi d’alloggio da questa prestate nei confronti di propri clienti presso le piazzole di campeggio acquistate, prestazioni da ritersi territorialmente rilevanti in quanto relative a beni immobili, conformemente al disposto di cui all’articolo 7, comma quarto, lettera a) del d.P.R. 633/1972, vigente ratione temporis.
Il ricorrente lamentava che il giudice d’appello non avesse accordato rilevanza alla natura (non contestata) di operazione composita ed unitaria del servizio d’alloggio fornito dalla Società, che si componeva di attività svolte sia nei Paesi Bassi che in Italia, laddove le prime risultavano certamente prevalenti rispetto alle seconde, tanto da far ritenere, in ossequio ai più generali principi di unicità e prevalenza della prestazione, che la prestazione di servizi fosse svolta in Olanda, e non in Italia.
Il Collegio di Legittimità, pur non contestando l’assunto della CTR circa l’unicità della prestazione svolta, ritiene che tale accezione debba cedere dinanzi agli specifici criteri di collegamento individuati dall’ordinamento.
A giudizio della Corte, infatti, l’articolo 45 della Direttiva 28 novembre 2006, n. 112/Cee, pur invocato dalla Società, nello stabilire che il luogo delle prestazioni di servizi relative ad un bene immobile è quello dove il bene è situato, determina un criterio esclusivo e strettamente oggettivo, scevro da ulteriori considerazioni, e derogatorio rispetto al generale criterio del domicilio, della residenza o della stabile organizzazione del prestatore, postulato dall’articolo 43.
Conseguentemente, in applicazione della disciplina domestica, che ha recepito i postulati della Direttiva IVA, l’insistenza delle piazzole di campeggio sul territorio italiano determina la qualificazione delle prestazioni di servizi ad esse relative come operazioni attive territorialmente rilevanti per il soggetto non residente, tali da giustificare il diniego di rimborso ex art 38-ter del d.P.R. 633/1972.
Non può infine ritenersi, afferma la Corte, che, come sostenuto dal ricorrente, l’introduzione, successivamente ai fatti di causa, a decorrere dal 2010, dell’articolo 7-quater nel d.P.R. 633/1972, che ha espressamente indicato tra i servizi afferenti agli immobili quelli relativi ad alloggi in terreni attrezzati per campeggio, abbia portata innovativa, dovendosi ritenere la detta novella meramente esemplificativa.