In tema di Imposta sul Valore Aggiunto (“IVA”) il rapporto di coassicurazione non modifica la ripartizione pro quota del rischio tra i coassicuratori, né concerne aspetti essenziali dell’attività d’intermediario o di mediatore di assicurazione, ragion per cui la prestazione oggetto della clausola di delega al coassicuratore non può essere considerata esente dal predetto tributo a norma dell’art. 10, primo comma, n. 2 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (“D.P.R. 633/1972”), atteso che questa: (i) non possiede natura assicurativa e (ii) non può essere qualificata quale operazione accessoria rispetto ad una prestazione assicurativa, non attendendo, come detto, alla copertura di un rischio.
Con la sentenza in oggetto la Suprema Corte ha avuto modo di ribadire recentemente tale principio, precisando come la stipula della clausola di delega nell’ambito di un rapporto di coassicurazione non valga a modificare la natura e gli effetti dei distinti rapporti facenti capo ai coassicuratori, non determinando, in particolare, la creazione di un’obbligazione solidale tra essi.
Tale clausola possiede, infatti, la funzione di conferire a uno degli assicuratori l’incarico di gestire il contratto e di compiere gli atti relativi allo svolgimento del rapporto assicurativo, senza tuttavia rimuovere la caratteristica essenziale della coassicurazione concernente l’assunzione pro quota dell’obbligo di pagare l’indennità al verificarsi dell’evento previsto. Ai fini che qui interessano, dunque, detta clausola (a) da un lato, non incide sul rapporto tra coassicuratore delegato e assicurato e, (b) dall’altro non appare in grado di instaurarne uno ulteriore.
Riepilogando in estrema sintesi i fatti di causa, la società contribuente, compagnia assicurativa autorizzata al rilascio di polizze fideiussorie, veniva raggiunta da un avviso di accertamento a mezzo del quale l’Ufficio, per quanto qui di interesse, contestava l’irregolare fatturazione di operazioni oggetto di contratti di coassicurazione stipulati fra la stessa ed un’altra compagna assicurativa – in ragione degli esiti dell’attività di accertamento svolta nei confronti di quest’ultima – ritenendole imponibili e indebitamente non assoggettate ad IVA.
Ciò premesso, la società contribuente, dopo aver impugnato il predetto avviso di accertamento ed esser risultata, tuttavia, soccombente sia in primo grado che dinanzi alla competente Commissione Tributaria Regionale (“CTR”), ricorreva in Cassazione avverso la sentenza di appello lamentando, inter alia, l’omessa o insufficiente motivazione con riferimento alla qualificazione delle prestazioni oggetto del contratto fra le compagnie assicurative laddove, in particolare, non veniva chiarito se le prestazioni di mandato ivi disciplinate potessero ricondursi alla categoria individuata dall’art. 10, primo comma, n. 1 del D.P.R. 633/1972 (vigente ratione temporis) ed essere considerate, come tali, esenti ai sensi del combinato disposto fra la predetta norma e l’art. 10, primo comma, n. 9 del citato D.P.R. 633/1972, non producendo – la clausola di delega contenuta nel contratto – il venir meno dell’elemento caratterizzante della pattuizione, ossia l’assunzione del rischio. La Suprema Corte, richiamando un suo precedente orientamento, ha avuto modo di chiarire che la prestazione oggetto della clausola di delega al coassicuratore non può essere considerata esente da IVA a norma dell’art. 10, comma 1, n. 2 del citato D.P.R. 633/1972, atteso che essa non appare (i) idonea – di per sé – alla modifica della ripartizione pro quota del rischio tra i coassicuratori, nonché (ii) concernente aspetti essenziali dell’attività d’intermediario o di mediatore assicurativo (nello specifico, non ponendosi in linea con l’attività di ricerca di potenziali clienti); non essendo, per tali ragioni, in grado di attribuire alla citata prestazione natura assicurativa ovvero accessoria ad una prestazione assicurativa.
Ciò posto, muovendo dalla nozione di attività assicurativa applicata nel diritto unionale, i giudici ermellini hanno, inoltre, sottolineato che la stipula della clausola di “guida” o di “delega” non appare idonea alla modifica della natura e degli effetti dei distinti rapporti oggetto del contratto, in quanto non in grado di creare un’obbligazione solidale tra i rispettivi titolari.
In altri termini, la clausola, avendo la funzione di conferire a uno degli assicuratori l’incarico di gestire il contratto e di compiere gli atti relativi allo svolgimento del rapporto assicurativo, non elimina – nemmeno nel caso di mala gestio del coassicuratore delegato – la caratteristica essenziale della coassicurazione, ossia l’assunzione pro quota dell’obbligo di pagare l’indennità al verificarsi dell’evento previsto, ragion per cui, come premesso, essa (a) non amplia il rapporto tra coassicuratore delegato e assicurato e neppure (b) ne instaura uno ulteriore.
Allo scopo di qualificare ai fini IVA la prestazione in oggetto, dunque, anche sulla base di recenti pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (cfr. Corte di Giustizia 8 ottobre 2020, C-235/19, United Biscuits (Pensions Trustees) Limited, par. 29, 30, 32 e ss.), la Corte ha osservato come:
- assumendo rilevanza “il contenuto dell’attività che sia divenuta oggetto di un rapporto contrattuale, anche indiretto, con l’assicurato” (cfr., inter alia, Corte di Giustizia 3 marzo 2005, C-472/03, Arthur Andersen, par. 32; 4 maggio 2006, C-169/04 Abbey National; 3 aprile 2008, C-124/07, J.C.M. Beheer, punto 17), non appare possibile riconoscere l’esenzione dal tributo in esame alle prestazioni svolte in esecuzione della clausola di delega, non potendosene affermare tout court l’assimilabilità a quelle assicurative;
- non sia possibile qualificare dette prestazioni come accessorie, posto che il servizio offerto (riscossione premi, gestione sinistri, ricevimento delle comunicazioni dell’assicurato, come nella fattispecie oggetto di contenzioso) non appare risolversi nella copertura di un rischio e non viene in alcun modo reso da un mediatore o da un intermediario di assicurazioni;
- non assuma rilevanza, infine, ai fini della riconducibilità delle prestazioni nell’alveo delle esenzioni di cui all’art. 10, primo comma, n. 9 del citato D.P.R. 633/1972, la qualificazione del rapporto contrattuale quale mandato con o senza rappresentanza, atteso che, in tal caso, occorrerebbe comunque che il mandatario “partecipi a una prestazione di servizi di natura assicurativa o che comunque risponda al canone di accessorietà” (fattispecie non riscontrabile nel caso in esame).
Posto tutto quanto sopra, i motivi di censura mossi dalla società contribuente afferenti l’IVA sono stati ritenuti infondati dal Collegio.