Solo l’integrale estinzione del debito tributario è idonea a determinare la non operatività della confisca e del sequestro ad essa finalizzato, in quanto soltanto con il pagamento viene meno l’indebito vantaggio – corrispondente al profitto del reato – suscettibile di confisca.
Dunque, la disposizione di cui all’art. 12-bis del D.lgs. n. 74/2000, secondo cui la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro, non preclude l’adozione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca relativamente al debito tributario non ancora pagato, sequestro che dispiegherà tuttavia i suoi effetti solo allorquando dovesse integrarsi un inadempimento del debito.
In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che l’ammissione a una procedura conciliativa (nel caso in esame quella della definizione agevolata delle controversie tributarie a norma dell’art. 6, dl 119/2018 – c.d. “ pace fiscale” ) e il pagamento di alcune rate non possano salvare dal sequestro preventivo finalizzato a confisca di cui all’art. 12, D.lgs. n. 74/2000, finché non sia intervenuta la completa estinzione del debito tributario.
La Suprema Corte, ha inoltre precisato che, alla luce della autonomia del processo penale da quello amministrativo tributario, sancita dall’art. 20, D.lgs. n. 74/2000, spetta esclusivamente al giudice penale il compito di accertare e determinare l’ammontare dell’imposta evasa, da intendersi come l’intera imposta dovuta, attraverso una verifica che può divergere da quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario anche all’esito di procedure conciliative con il fisco.