Nella sentenza in esame la S.C. statuisce la qualità di creditore chirografario dell’amministratore delegato di società dichiarata fallita. La prestazione suddetta non sarebbe infatti inquadrabile né nella prestazione d’opera intellettuale, né nel contratto d’opera ex art. 2222 c.c., non avendo ad oggetto la realizzazione di un prevedibile risultato con la conseguente sopportazione del rischio. Inoltre, la stessa funzione di amministratore condurrebbe – a parere della S.C. – ad escludere il privilegio creditorio anche per una ragione di equità, sulla base del principio in virtù del quale chi abbia concorso a provocare la crisi d’impresa non possa essere privilegiato rispetto agli altri creditori.
La Corte ribadisce in sostanza l’orientamento – già consolidato nella giurisprudenza di legittimità – secondo il quale il credito costituito dal compenso di amministratore di società (anche se di nomina giudiziaria) non è assistito dal privilegio generale di cui all’art. 2751-bis, n. 2, c.c., atteso che egli non fornisce una prestazione d’opera intellettuale, né il contratto tipico che lo lega alla società è assimilabile al contratto d’opera ex artt. 2222 ss. c.c.