Nella fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione, il giudice di merito, nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, aveva respinto la domanda con cui la società creditrice aveva chiesto la condanna della società debitrice tornata in bonis (dopo la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria), al pagamento degli interessi maturati nel corso della procedura.
Con la decisione in esame la Corte di Cassazione, innanzitutto, si pronuncia sull’applicabilità dell’art. 120 l. fall. alle procedure di amministrazione straordinaria. A tale proposito la Corte precisa che, malgrado l’assenza di una norma che espressamente richiami la disciplina della procedura fallimentare ai sensi della quale con la chiusura della procedura i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti, tale disciplina non può che ritenersi applicabile anche all’amministrazione straordinaria, rappresentando un corollario applicativo, in sede fallimentare, del più generale principio della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. Non essendo possibile accogliere la tesi secondo cui, in assenza di tale richiamo, la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria comporterebbe la liberazione del debitore dai propri debiti.
Dopo aver stabilito l’applicabilità dell’art. 120 l. fall. al caso in esame la Corte di Cassazione si sofferma sulla sospensione del decorso degli interessi ex art. 55 l. fall., sulla prescrizione dei loro crediti nel corso della procedura e, infine, sulle relative cause di interruzione della prescrizione, pronunciando tre principi di diritto.
Con il primo principio la Corte di Cassazione afferma che secondo l’art. 55 l. fall. la sospensione del decorso degli interessi opera ai soli effetti del concorso e fino al momento di chiusura del fallimento, con la conseguenza che gli interessi continuano a decorrere senza alcuna sospensione nei rapporti tra il debitore ed i singoli creditori al di fuori della procedura. La sospensione degli interessi in sede concorsuale riguarda quindi esclusivamente la loro esigibilità nei confronti del fallito e non la loro maturazione, potendo essere pretesi dai creditori in caso di revoca del fallimento ovvero dopo la chiusura del medesimo ex art. 120 l. fall. (già in questo senso, Cass. Civ., Sez. III, 5 febbraio 2014, n. 2608).
Con il secondo principio la Corte di Cassazione afferma che la prescrizione dei crediti da interessi matura anche nel corso della procedura concorsuale. Di fatti, la sospensione dell’esigibilità degli interessi è meramente interna alla procedura e non comporta, di per sé, l’inesigibilità assoluta degli stessi. Pertanto, il credito è esistente ed esigibile al di fuori del fallimento e il creditore può in ogni caso agire per l’ottenimento di una pronuncia di accertamento e condanna al pagamento di tale credito e/o costituire in mora il debitore. Alla luce di quanto sopra, in mancanza di un atto interruttivo della prescrizione, il credito derivante dagli interessi può prescriversi nel corso della procedura.
Infine, con il terzo principio la Corte di Cassazione statuisce che la prescrizione dei crediti da interessi viene interrotta, nella procedura fallimentare, dalla domanda di insinuazione allo stato passivo e, nell’amministrazione straordinaria, dall’esecutività dello stato passivo depositato dal commissario ex art. 209 l. fall. e che l’effetto della sospensione permane per tutto il corso della procedura.