1. La modifica dell’art. 120 del TUB del dicembre 2013 e le successive evoluzioni. 2. Il nuovo art. 120 del TUB: certezze ed incertezze. 3. La pubblica consultazione relativa alla Delibera CICR
1. La modifica dell’art. 120 del TUB del dicembre 2013 e le successive evoluzioni
Dopo anni di aspri confronti in dottrina e giurisprudenza, di “riforme” del legislatore e “controriforme” della Corte Costituzionale, si avvertiva la sensazione che la tematica dell’anatocismo, per quanto dibattuta nelle aule di giustizia, potesse finalmente evolvere verso approdi condivisi.
In tale clima di “calma apparente”, si colloca l’intervento del legislatore che, nel dicembre 2013, con una norma alquanto criptica, contenuta nell’art. 1, comma 629, della l. 27 dicembre 2013, n. 147, ha sostituito il secondo comma dell’art. 120 del TUB, che ad oggi (agosto 2015) prevede che il “CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:
a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;
b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”.
L’art. 120, comma 2, del TUB, quale riformato dal legislatore nel 2013 è apparso sin dalla prima lettura un norma involuta.
Il legislatore, nel 2014, attraverso l’art. 31 del d.l. 24 giugno 2014, n. 91, ha ritenuto di dover “ritornare” sulla stessa norma e di proporre una ulteriore e diversa versione dell’art. 120, comma 2, del TUB, in base alla quale si prevedeva cheil CICR fosse chiamato a stabilire “modalità e criteri per la produzione, con periodicità non inferiore a un anno, di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni disciplinate ai sensi del presente Titolo. Nei contratti regolati in conto corrente o in conto di pagamento è assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nell’addebito e nell’accredito degli interessi, che sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, comunque, al termine del rapporto per cui sono dovuti interessi; per i contratti conclusi nel corso dell’anno il conteggio degli interessi è comunque effettuato il 31 dicembre” [1].
L’art. 31 del d.l. 24 giugno 2014, n. 91 è stato soppresso nel corso dell’esame del decreto al Senato e non è stato riproposto in sede di conversione, con la conseguenza che, ad oggi (agosto 2015), il testo vigente dell’art. 120, comma 2, del TUB risulta essere il testo introdotto attraverso il richiamato comma 629 dell’art. 1 della l. 27 dicembre 2013, n. 147.
Si aggiunga che, contestualmente alla mancata conversione dell’art. 31 del d.l. 24 giugno 2014, n. 91, nell’estate 2014 è stato approvato un ordine del giorno (n. 9/2568-AR/13) in cui il Governo ha in primo luogo rilevato che “il comma 2 dell’articolo 120 del TUB così come novellato (nel 2013) risulta però di difficile interpretazione e inoltre non prevede una propria disposizione di entrata in vigore, né una specifica disciplina transitoria. Le criticità sulla concreta applicabilità della capitalizzazione degli interessi, dovute al tenore letterale del citato comma, hanno infatti impedito al CICR di emanare la delibera prevista dalla stessa norma”. Muovendo da tale considerazione e premessa, nello stesso ordine del giorno (n. 9/2568-AR/13), approvato nell’estate 2014, il Governo si è espressamente“impegnato” ad“adottare iniziative legislative in materia di calcolo degli interessi sugli interessi, in modo tale da allineare l’Italia alle prassi internazionali, correggere le incertezze operative e i vuoti di disciplina dovuti alla vigente normativa e aumentare la trasparenza dei tassi per i clienti, prevedendo che la produzione degli interessi sugli interessi nelle operazioni in conto corrente o in conto di pagamento (nei limitati casi ammessi dal CICR) non possa avvenire con periodicità inferiore all’anno”.
Nel 2015 si colloca il disegno di legge del 6 marzo 2015, n. 1849 presentato al Senato, in cui si legge che, preso “atto del disallineamento tra la normativa primaria e quella secondaria, circostanza che non consente di determinare in maniera diretta e incontrovertibile se, a tutt’oggi, l’anatocismo debba ritenersi ancora ammesso”, si propongono alcune modifiche all’art. 120, comma 2, del TUB e l’introduzione di un espresso regime transitorio secondo cui “fino alla data di entrata in vigore della delibera del CICR prevista dal comma 2 dell’articolo 120 del testo unico bancario, come sostituito dall’articolo 1 della presente legge, continua ad applicarsi la delibera CICR del 9 febbraio 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 22 febbraio 2000” (cfr. disegno di legge n. 1849 presentato al Senato in data 6 marzo 2015).
Da ultimo, nel mese di luglio 2015, la Banca d’Italia, a seguito di pubblica consultazione, ha pubblicato le nuove disposizioni di vigilanza in tema di “trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”, norme che “aggiornano” le disposizioni in tema di trasparenza adottate nel 2009. Per quanto qui rileva, si sottolinea che Banca d’Italia ha “eliminato” dal testo delle disposizioni di vigilanza in materia di trasparenza: (i) il riferimento, tra le “fonti normative”, alla Delibera del CICR del 9 febbraio 2000 recante “modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria”; (ii) il riferimento, prima riportato nei fogli informativi, in base al quale le banche erano tenute in relazione ad operazioni di raccolta o di finanziamento che “preveda la capitalizzazione infrannuale degli interessi” ad indicare “il valore del tasso, rapportato su base annua, (…) indicato tenendo conto degli effetti della capitalizzazione”; (iii) il riferimento, prima riportato nel prototipo di foglio informativo del conto corrente offerto ai consumatori, alla “capitalizzazione” degli interessi, ove prima era richiesta di indicarne la “periodicità”.
2. Il nuovo art. 120 del TUB: certezze ed incertezze
L’attuale formulazione dell’art. 120, comma 2, del TUB – quale rinveniente dalla modifica introdotta con il comma 629 dell’art. 1 della l. 27 dicembre 2013, n. 147 – non brilla certo di chiarezza, potendosi individuare (alcune) certezze e (numerose) incertezze.
Pare opportuno procedere con cautela, confrontando in primo luogo la previgente versione dell’art. 120, comma 2, del TUB con la versione attualmente vigente.
Da tale raffronto, si possono trarre, almeno ad avviso di chi scrive, alcune certezze.
In primo luogo, pare non revocabile in dubbio che attraverso l’attuale art. 120, comma 2, del TUB, discostandosi dalla precedente formulazione, il legislatore intenda eliminare nei rapporti tra banche e clienti ogni forma di produzione di interessi sugli interessi, sia attivi sia passivi. In tal senso, si ritiene sia significativo annotare che mentre nella previgente versione il CICR era chiamato a stabilire modalità e criteri per la “produzione di interessi sugli interessi maturati”, nell’attuale e vigente versione il CICR è chiamato a stabilire modalità e criteri per la “produzione di interessi”. La volontà espressa (forse in modo involuto) dal legislatore risulta in ogni caso evidente, ossia eliminare il c.d. anatocismo bancario. A riprova di quanto detto, depone anche l’esame dei lavori parlamentari relativi al comma 629 dell’art. 1 della l. 27 dicembre 2013, n. 147 che, come detto, ha introdotto la versione attualmente vigente dell’art. 120, comma 2, del TUB.
Una ulteriore, rilevante, certezza che si può trarre dall’attuale versione dell’art. 120, comma 2, del TUB concerne i poteri del CICR che risultano oggi “ampliati”, in quanto lo stesso CICR è chiamato a stabilire modalità e termini per la “produzione di interessi” e non più, come in passato, per la “produzione di interessi su interessi”. Nell’esercizio di tale potere e discrezionalità tecnica, peraltro, il CICR dovrà necessariamente “muovere” dai principi civilistici che presiedono alla produzione degli interessi.
Una terza certezza, sempre ad avviso di chi scrive, attiene all’ambito di applicazione. L’art. 120, comma 2, del TUB, anche nell’attuale versione, si applica ai rapporti conclusi tra banche e clienti, siano questi consumatori o non consumatori. La stessa norma, sempre quanto ad ambito di applicazione, copre sia gli interessi corrisposti dal cliente alla banca, sia gli interessi corrisposti dalla banca al cliente.
Ancora nell’ambito delle certezze, occorre considerare che la lettera a) del secondo comma dell’art. 120, comma 2, del TUB conferma la regola della pari periodicità del conteggio degli interessi attivi e passivi.
A fronte di tali, si ripete importanti, certezze, si pongono peraltro numerose ed altrettanto rilevanti incertezze che scaturiscono dalla formulazione, davvero infelice, dell’attuale art. 120, comma 2, del TUB.
In primo luogo, sin dalla prima lettura sorge nell’interprete una domanda: cosa intende il legislatore allorquando utilizza nell’art 120, comma 2, lettera b), del TUB le espressioni:
- “gli interessi periodicamente capitalizzati” non possono produrre interessi ulteriori che
- nelle “successive operazioni di capitalizzazione” sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.
Il termine “capitalizzazione”, utilizzato due volte, riferito prima agli interessi e poi alle operazioni, vuole riferirsi al calcolo di interessi su interessi (c.d. anatocismo) o al calcolo del valore di un capitale ad un istante futuro (c.d. capitalizzazione) (?)
Occorre leggere “interessi capitalizzati” e “operazioni di capitalizzazione” come sinonimi di “interessi contabilizzati” o “operazioni di contabilizzazione” (?) Oppure occorre concludere che gli interessi periodicamente conteggiati – ex art. 120, comma 2, lett. a) – si trasformano in capitale infruttifero (?)
Qualora si dovesse ritenere che gli interessi si trasformano in capitale infruttifero, tale somma sarà immediatamente dovuta ex art. 1183 c.c. indipendentemente dalla debenza differita del capitale da cui l’interesse si è formato (?).
A tale prima incertezza, se ne aggiunge immediatamente una ulteriore, seconda e collegata incertezza.
L’art. 1283 c.c. vieta – salvo i casi ammessi nella stessa norma – che gli interessi maturati (giorno per giorno), scaduti e non pagati producano ulteriori interessi. Ma se gli interessi sono maturati (giorno per giorno), scaduti e pagati può ancora configurarsi la fattispecie di cui all’art. 1283 c.c. (?). Ipotizzando un conto affidato per euro 1.000 ed un saldo disponibile per il cliente pari a 800 euro, qualora la banca addebiti gli interessi passivi a carico del cliente pari ad euro 10, il saldo disponibile per il cliente si ridurrebbe ad euro 790 euro. Mediante l’addebito su un conto affidato, preventivamente autorizzato dal cliente, lo stesso cliente procede al “pagamento” degli interessi che, pertanto, non producono di per sé ulteriori interessi anatocistici, per la “semplice” considerazione che si tratta di interessi “pagati” dal cliente mediante l’utilizzo del fido concesso dalla banca (?)
Affinché gli interessi si possano considerare “pagati” è necessario che il cliente utilizzi denaro proprio o può utilizzare anche il denaro messo a disposizione della banca sotto forma di apertura di credito (c.d. moneta bancaria) (?)
L’art. 120, comma 2, TUB, nulla dice in merito a tempistiche e modalità di “pagamento” degli interessi attivi e passivi.
In un crescendo di dubbi, si aggiunge una terza incertezza.
Gli interessi maturati, stante l’inesigibilità del saldo, devono ritenersi non esigibili sino alla chiusura del conto, allorquando diverranno esigibili con il capitale (?). Oppure occorre ritenere che gli interessi maturati sono immediatamente esigibili con possibilità di “pagamento” mediante la prima rimessa attiva sul conto (?), ovvero mediante uno specifico pagamento disposto dal cliente (?), ovvero mediante addebito su un diverso conto (?). Risulta al pari incerto se, nell’ambito dello stesso conto, sia possibile la compensazione tra interessi attivi e passivi maturati nel periodo.
Una quarta incertezza involge poi l’ambito di applicazione “oggettivo” dell’attuale art. 120, comma 2, del TUB, che secondo alcuni dovrebbe essere limitato alle operazioni in conto corrente, mentre secondo altri dovrebbe estendersi a tutte le operazioni riconducibili all’attività bancaria, ivi inclusi i finanziamenti a rimborso rateale. La soluzione a tale quarta incertezza è, in parte, legata alla precedente prima incertezza (cosa deve intendersi per “interessi capitalizzati” e per “successive operazioni di capitalizzazione”) ed, in parte, legata al tema ancora discusso della scindibilità/inscindibilità tra interessi e capitale che compongono la rata impagata.
Vi sono poi ulteriori incertezze che il testo dell’art. 120, comma 2, del TUB non è in grado di dipanare.
In particolare, in ragione dell’assenza di un regime che disciplini la sorte dei contratti in essere, sebbene forse non sia di per sé necessario, può essere ritenuto consentito un adeguamento dei contratti in essere ed attraverso quale forma (?).
La modifica dell’art. 120, comma 2, del TUB riverbera effetti in materia di determinazione dei TEGM usura (?).
Il quadro tratteggiato mostra che l’art. 120, comma 2, del TUB ha di fatto aperto una moltitudine di questioni, incertezze e dubbi non solo operativi ma di taglio strettamente giuridico.
Ciò detto, non vi è dubbio che la principale incertezza riferita all’attuale art. 120 del TUB concerne peraltro il tempo, ossia da quando si applica il nuovo regime.
Occorre in primo luogo annotare che, ai sensi dell’art. 1, comma 729 della l. 27 dicembre 2013, n. 147, la stessa legge è entrata in vigore il 1° gennaio 2014.
Non essendo espresso nella norma un regime transitorio si sono, di fatto, radicalizzate due opposte letture in tema di entrata vigore, immediata o differita, del novellato art. 120, comma 2, del TUB.
Secondo una prima lettura, l’art. 120, comma 2, del TUB sarebbe applicabile a far data dal 1° gennaio 2014, trattandosi di norma imperativa che abroga tanto il previgente art. 120, comma 2, del TUB quanto le disposizioni attuative contenute nella Delibera CICR del 9 febbraio 2000. Secondo tale prima lettura, in particolare, ai fini dell’immediata applicabilità del novellato art. 120, comma 2, del TUB non sarebbe necessaria l’adozione della Delibera CICR pur richiamata nella stessa norma [2].
Coloro che accolgono tale prima lettura affermano che l’art. 120, comma 2, del TUB – quale novellato attraverso il comma 629 dell’art. 1 della l. 27 dicembre 2013, n. 147 – avrebbe un contenuto precettivo sufficientemente delineato e che non necessiterebbe della (pur prevista e richiesta) Delibera CICR. Lo stesso CICR, peraltro, nel determinare le modalità ed i criteri per la produzione degli interessi non potrebbe, diversamente dal passato, abilitare le banche a derogare il divieto di anatocismo di cui all’art. 1283 c.c..
In base ad una seconda lettura, invece, l’art. 120, comma 2, del TUB non sarebbe immediatamente applicabile in quanto, anche ai fini dell’applicazione, è necessaria e richiesta l’adozione della Delibera CICR richiamata nella stessa norma [3].
In relazione all’annosa questione concernente l’entrata vigore, immediata o differita, del novellato art. 120, comma 2, del TUB, la giurisprudenza è stata chiamata ben presto a pronunciarsi, sollecitata da numerosi ricorsi cautelari promossi dalle associazioni dei consumatori.
A favore della tesi dell’immediata applicabilità, a far data dal 1° gennaio 2014, dell’art. 120, comma 2, del TUB, in giurisprudenza si sono pronunciati, a quanto consta, il Tribunale di Milano (Trib. Milano, 25.3.15; Trib. Milano, 3.4.15; Trib. Milano, 1.7.15; Trib. Milano, 29.7.15; Trib. Milano, 5.8.2015) il Tribunale di Biella (Trib. Biella, 7.7.15) ed il Tribunale di Cuneo (Trib. Cuneo, 29.6.15).
A favore della tesi dell’applicabilità differita dell’art. 120, comma 2, del TUB, ovvero in modo quantomeno dubbioso in relazione all’accoglimento della tesi dell’immediata applicabilità della stessa norma, si sono pronunciati, in base a quanto consta, il Tribunale di Torino (Trib. Torino, 12.6.15), il Tribunale di Parma (Trib. Parma, 30.7.15) ed il Tribunale di Cosenza (Trib. Cosenza, 27.5.15).
3. La pubblica consultazione relativa alla Delibera CICR
In data 25 agosto 2015 la Banca d’Italia ha aperto la pubblica consultazione in relazione al testo che la stessa Autorità di Vigilanza intende proporre al CICR per dare attuazione all’art. 120, comma 2, del TUB. La pubblica consultazione è aperta sino al 23 ottobre 2015 ed è lecito attendersi l’adozione del testo definitivo della Delibera CICR entro il corrente anno 2015.
La proposta di Delibera CICR posta in consultazione da Banca d’Italia si compone di 5 articoli che, in parte, sono in grado di risolvere le plurime incertezze sollevata dall’art. 120, comma 2, del TUB.
L’art. 2 della proposta di Delibera CICR posta in consultazione da Banca d’Italia conferma che l’art. 120, comma 2, del TUB si applica a tutte le operazioni bancarie, sia di raccolta del risparmio sia di esercizio del credito, ossia sia agli interessi attivi sia agli interessi passivi per il cliente. Il comma 3 dello stesso art. 2, di fatto, rimette alla ordinaria disciplina civilistica la “produzione di interessi moratori” per i quali, quindi, non risulta applicabile l’art. 120, comma 2, del TUB e la emananda Delibera CICR.
Di estrema rilevanza è il comma 4 dell’art. 2 della proposta di Delibera CICR posta in consultazione da Banca d’Italia in cui si stabilisce che l’imputazione dei pagamenti debba avvenire secondo quanto stabilito dall’art 1194 c.c..
Attraverso l’art. 3 della proposta di Delibera CICR posta in consultazione, la Banca d’Italia, in ragione della formulazione incerta dell’art. 120, comma 2, del TUB, ha ritenuto di dover chiarire che “gli interessi maturati non possono produrre interessi”. In sostanza, le espressioni “interessi capitalizzati” e “operazioni di capitalizzazione” utilizzate nell’art. 120, comma 2, lett. b) del TUB, sono state intese dalla Banca d’Italia come sinonimi di “interessi contabilizzati” o “operazioni di contabilizzazione”.
L’art. 4 della proposta di Delibera CICR posta in consultazione risulta dedicato in modo specifico ai rapporti regolati in conto corrente (ad esempio apertura di credito), conto di pagamento ed ai finanziamenti a valere su carte di credito. La Banca d’Italia, in relazione a tali rapporti, ha in primo luogo “introdotto” una periodicità minima annuale di conteggio degli interessi, nonostante l’art. 120, comma 2, del TUB non avesse previsto alcun periodo minimo, ma solo ribadito la regola della pari periodicità.
Il conteggio degli interessi, come detto con periodicità minima annuale, dovrà avvenire in modo “separato” rispetto al capitale: si dovranno quindi contabilizzare separatamente due poste riferite al capitale ed agli interessi, sottoposte a due distinti regimi.
Gli interessi, attivi e passivi, diverranno esigibili trascorso un termine minimo di 60 giorni dal ricevimento da parte del cliente dell’estratto conto.
Il debito del cliente a titolo di interessi potrà essere estinto mediante le rimesse attive pervenute sul conto (ad esempio un bonifico in entrata), ovvero mediante addebito a valere sul conto affidato e con conseguente produzione di interessi sull’importo (del fido) utilizzato per estinguere il debito da interessi.
L’art. 5 della proposta di Delibera CICR posta in consultazione prevede che la stessa Delibera “si applica agli interessi maturati a partire dal 1° gennaio 2016”. Si prevede, inoltre, che i contratti in corso siano adeguati, ai sensi degli artt. 118 e 126 sexies del TUB, entro il 31 dicembre 2015. L’adeguamento alla nuova disciplina costituisce giustificato motivo.
In sede di primissimo commento si ritiene di dover evidenziare che il compito a cui era chiamata la Banca d’Italia non era certo “semplice”, data la non felice formulazione dell’art. 120, comma 2, del TUB e le plurime incertezze scaturenti dalla stessa norma.
La prima sensazione che si ritrae dal testo in bozza della Delibera CICR attuativa dell’art. 120, comma 2, del TUB è che la Banca d’Italia abbia cercato, da un lato, di salvaguardare l’obiettivo perseguito dal legislatore del 2013 di abrogare il c.d. anatocismo bancario e, dall’altro lato, di disciplinare le modalità di produzione di interessi nelle operazioni bancarie contemperando le esigenze della clientela e delle banche ed intermediari finanziari. La Banca d’Italia, inoltre, mostra di aver considerato ed in parte ripreso gli spunti rinvenibili nell’evoluzione normativa e giurisprudenziale del 2014 e 2015, quali in precedenza richiamati.
Dalla pubblica consultazione, si ritiene, potranno sicuramente ritrarsi spunti interessanti e che, si auspica, potranno (forse) finalmente porre fine alla travagliata storia del c.d. anatocismo bancario.
[1] Lo stesso art. 31, comma 2, del d.l. 24 giugno 2014, n. 91 – differentemente dalla l. 27 dicembre 2013, n. 147 – prevedeva un regime transitorio, disponendo che fino “all’entrata in vigore della delibera del CICR prevista dal comma 2 dell’articolo 120 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, continua ad applicarsi la delibera del CICR del 9 febbraio 2000 (…), fermo restando quanto stabilito dal comma 3 del presente articolo”.
Il comma 3 dell’art. 31 del d.l. 24 giugno 2014, n. 91 prevedeva inoltre un termine finale di entrata in vigore della nuova disciplina di cui al comma 2 dell’articolo 120 del TUB e le modalità di adeguamento dei contratti in corso, disponendo che “ 3. La periodicità di cui al comma 2 dell’articolo 120 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, si applica comunque ai contratti conclusi dopo che sono decorsi due mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto; i contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli conclusi nei due mesi successivi sono adeguati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con l’introduzione di clausole conformi alla predetta periodicità, ai sensi dell’articolo 118 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385”.
[2] Aderiscono a tale prima lettura, Petrelli, Rassegna delle recenti novità normative di interesse notarile, secondo semestre 2013, www.gaetanopetrelli.it; Quintarelli, Conto corrente bancario: anatocismo e capitalizzazione; prescrizione; azioni di accertamento e condanna, distribuzione dell’onere della prova, www.ilcaso.it; Farina, Le recenti modifiche dell’art. 120 TUB e la loro incidenza sulla delibera CICR 9 febbraio 2000, www.dirittobancario.it; Marcelli, L’anatocismo e le vicissitudini della Delibera CICR 9/2/00, www.ilcaso.it; Dolmetta, Sul transito dell’anatocismo bancario dal vecchio al nuovo regime, www.ilcaso.it – Sopravvenuta abrogazione del potere bancario di anatocismo, in Banca, borsa, tit. cred., 2015.
[3] Aderiscono a tale seconda lettura, Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito civilistico n. 80-2014/C; Maimeri, La capitalizzazione degli interessi fra legge di stabilità e decreto sulla competitività, www.dirittobancario.it; Morera – Olivieri, Il divieto di capitalizzazione degli interessi bancari nel nuovo art. 120 comma 2 TUB, inBanca, borsa, tit. cred., 2015, I; Mucciarone, La trasparenza bancaria, in Trattato dei contratti diretto da Roppo, 2014, V, 689). In particolare, ad avviso del Consiglio Nazionale del Notariato, l’art. 120, comma 2, del TUB avrebbe “un contenuto imperativo non sufficientemente delineato” ed il “il legislatore, utilizzando uno dei modelli di delegificazione previsti dall’art. 17 della legge 23 agosto 1998, n. 400, avrebbe affidato al CICR – come si evince dalla norma – il compito di dettare regole che completano il precetto legislativo contenuto nella legge delegante. Si sarebbe in presenza, in altri termini, di quella “legislazione integrata”, in cui la legge affida a diverse fonti il compito di completare l’innovazione da essa prodotta, rinviando ad una normativa in assenza della quale la legge è, oltre che inapplicabile, incompleta, quanto meno nel senso che gli istituti in essa disciplinati mancano di elementi essenziali per la definizione di alcune delle loro caratteristiche rilevanti (…). Corollario ulteriore dell’accoglimento della tesi sopra esposta, dovrebbe essere quello che in attesa dell’emanazione della delibera CICR, sia da escludere una portata abrogativa immediata del vecchio comma secondo dell’art. 120 TUB e della delibera del CICR del 9 febbraio 2000, da parte della norma primaria delegificante (e cioè il comma 629 della legge di stabilità)” (Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito civilistico n. 80-2014/C)