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Giurisprudenza

L’art. 72-quater l. fall. si applica anche ai contratti di leasing finanziario risolti per inadempimento prima del fallimento dell’utilizzatore

25 Settembre 2019

Federica De Gottardo, Dottoranda in Studi Giuridici Comparati ed Europei presso l’Università di Trento

Cassazione Civile, Sez. I, 10 luglio 2019, n. 18543 – Pres. Didone, Rel. Campese

Di cosa si parla in questo articolo
Il prossimo 15 novembre si terrà a Milano il Convegno di rassegna di giurisprudenza fallimentare organizzato da questa Rivista. Per maggiori informazioni si rinvia al link indicato tra i contenuti correlati.

Mediante la sentenza de qua,la Corte di Cassazione ha confermato il principio recentemente espresso da Cassazione Civile, Sez. I, 29 marzo 2019, n. 8980 in relazione ai rapporti tra l’art. 72-quater l. fall. e l’organica disciplina del contratto di leasing introdotta ex novo con la legge n. 124/2017. Sul punto, la Corte ha infatti ribadito che “gli effetti della risoluzione del contratto di leasing finanziario per inadempimento dell’utilizzatore, verificatasi in data anteriore all’entrata in vigore della legge 124 del 2017 (art. 1., commi 136-140), sono regolati dalla disciplina dell’art. 72-quater l. fall., applicabile anche al caso di risoluzione del contratto avvenuta prima della dichiarazione di fallimento dell’utilizzatore”.

Nella specie, l’art. 72-quater l. fall. – che disciplina lo scioglimento del contratto di leasing per volontà del curatore – è stato ritenuto applicabile in via analogica anche alla diversa ipotesi in cui il contratto sia risolto per inadempimento dell’utilizzatore in epoca anteriore all’apertura del fallimento; ciò, sulla base di una lettura sistematica dell’attuale quadro normativo in materia di leasing. Al riguardo, la Corte ha innanzitutto evidenziato comedebbano ritenersi ormai del tutto superate tanto la tradizionale distinzione giurisprudenziale tra leasing cd. traslativo e leasing cd. di godimento, quanto i differenti effetti della risoluzione del contratto per inadempimento che da tale distinzione discendevano. Ad avviso della Corte, tutti i recenti interventi normativi in materia di leasing (id est, la legge n. 208/2015 sul leasing immobiliare abitativo e, in ambito concorsuale, sia l’art. 72-quater l. fall., sia l’art. 177 del nuovo Codice della Crisi) sono univocamente ispirati alla configurazione unitaria della locazione finanziaria e degli effetti della sua risoluzione in ipotesi di inadempimento dell’utilizzatore. In questo contesto, la legge n. 124/2017, che ha da ultimo tipizzato il leasing finanziario quale fattispecie negoziale autonoma, ha avuto l’effetto di sancire definitivamente l’unitaria considerazione del contratto di leasing che già emergeva dal frammentario panorama legislativo previgente.

Alla luce della coerenza sistematica individuata nel dato normativo, la Suprema Corte ha rilevato la diretta continuità tra l’art. 72-quater l. fall. e la “la particolare disciplina della risoluzione dettata dalla nuova normativa”. Considerata la stretta vicinanza tra le due discipline in punto di effetti della risoluzione per inadempimento del contratto, la Corte ha pertanto stabilito che l’art. 72-quater l. fall. è idoneo a disciplinare gli effetti della risoluzione del contratto di leasing anche laddove la stessa sia avvenuta prima della dichiarazione di fallimento e financo prima dell’entrata in vigore della nuova legge.

Per effetto di tale ricostruzione, gli effetti della risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, poi fallito, sono ricostruiti dalla Corte nei seguenti termini.

“Incaso di fallimento dell’utilizzatore, il concedente avrà diritto alla restituzione del bene e dovrà insinuarsi al passivo fallimentare per poter vendere o allocare il bene e trattenere, in tutto o in parte, l’importo incassato.

La vendita avverrà a cura dello stesso concedente, previa stima del valore di mercato del bene disposta dal giudice delegato in sede di accertamento del passivo.

Sulla base del valore di mercato del bene, come stabilito mediante la stima su menzionata, sarà determinato l’eventuale credito della curatela nei confronti del concedente o il credito, in moneta fallimentare, di quest’ultimo, corrispondente alla differenza tra il valore del bene ed il suo credito residuo, pari ai canoni scaduti e non pagati ante fallimento ed ai canoni a scadere, in linea capitale, oltre al prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione.Eventuali rettifiche, sulla base di quanto effettivamente realizzato dalla vendita del bene, potranno farsi valere in sede di riparto.”

 

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