1. Analisi e aspetti critici sull’art. 2 del Decreto Banche
Come è ormai noto l’art. 2 del D.L. 59/2016[1], di seguito breviter “Decreto Banche”, apporta una rilevante novità al D.Lgs. 385/1993 (c.d. Testo Unico in materia Bancaria e creditizia) introducendo nel Titolo II “Banche”, Capo VI “Norme relative a articolari operazioni di credito”, Sez. III “Altre operazioni”, l’art. 48 bis rubricato “Finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato”.
La nuova norma introduce espressamente nel nostro ordinamento il c.d. patto marciano, ossia l’accordo con cui si prevede che il creditore insoddisfatto diventi proprietario del bene, ma con l’obbligo di restituire al debitore (o al terzo datore) l’eventuale differenza fra il valore del bene stesso, determinato da un perito sulla base di parametri predeterminati, oggettivi ed autonomi, e l’importo del credito vantato.
Veniamo ad una breve analisi della nuova garanzia introdotta.
La nuova disposizione prevede che il contratto di finanziamento concluso tra un imprenditore e una banca o un altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico possa essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore o di una società dallo stesso controllata o collegata, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare del medesimo imprenditore o di un terzo.
Tal trasferimento, però, non può essere convenuto in relazione ad immobili adibiti ad abitazione principale del proprietario, del coniuge o di suoi parenti e affini entro al terzo grado.
Elemento fondamentale dell’istituto in esame è che il trasferimento si intende sospensivamente condizionato all’ipotesi di inadempimento del debitore, come esplicitato nel comma 5 della medesima norma.
Ai fini dell’avveramento della condizione sospensiva, l’inadempimento posto in essere dal debitore:
- nell’ipotesi di previsione di rate mensili, si realizza a seguito del mancato pagamento protratto per oltre sei mesi dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive;
- in caso di adozione di pagamenti con cadenza superiore al mese, si realizza a seguito del mancato pagamento per oltre sei mesi della scadenza anche di una sola rata;
- nell’ipotesi in cui non è prevista la restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale, si realizza dal mancato pagamento per oltre sei mesi dalla scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento.
Ma, è notizia proprio di questi giorni che la Commissione Finanze del Senato ha approvato un emendamento al Decreto Banche, estendendo, in caso di rateizzazione mensile, da sei a nove mesi il periodo decorso il quale, in caso mancato pagamento di tre rate anche non consecutive, si concreta l’inadempimento del debitore e il conseguente diritto del creditore di rivalersi sul bene immobile oggetto di garanzia.
Ciò posto, una volta verificatasi una delle ipotesi suindicate, è proprio la norma a disciplinare l’iter procedimentale tale da addivenire al trasferimento del bene immobile o di altro diritto reale immobiliare dal debitore al creditore.
In primis spetterà al creditore notificare al debitore e, se diverso, al titolare del bene nonché a coloro che hanno diritti derivanti da titolo iscritto o trascritto sull’immobile successivamente alla trascrizione del patto, una dichiarazione di volersi avvalere degli effetti del patto di trasferimento.
Soltanto decorsi sessanta giorni dalla notificazione della dichiarazione, infatti, il creditore potrà chiedere al Presidente del Tribunale del luogo nel quale si trova l’immobile la nomina di un perito incaricato per redigere una stima del diritto reale immobiliare oggetto del patto. Il perito dovrà comunicare il valore di stima al debitore e, se diverso, al titolare del diritto reale immobiliare, al creditore nonché a coloro che hanno diritti derivanti da titolo iscritto o trascritto sull’immobile successivamente alla trascrizione del patto. In caso di contestazione della stima da parte del debitore, il creditore avrà comunque diritto di avvalersi degli effetti del patto di trasferimento in quanto l’eventuale fondatezza della contestazione inciderà solo sulla differenza da versare al titolare del diritto reale immobiliare.
A tal riguardo però non ci si può non soffermare sulla particolare circostanza secondo cui il perito incaricato per il calcolo della stima, in quanto nominato dall’autorità giudiziaria e non di comune accordo dalle parti, agirà non tanto come soggetto super partes ai sensi dell’art. dell’art. 1349 c.c. e dell’art.1473 c.c., quanto come ausiliario del Giudice e, quindi, per costui troveranno applicazione le previsioni di cui all’art. 64 c.p.c. con relativa assunzione di responsabilità.
La norma in esame indica, altresì, che la condizione sospensiva del trasferimento si considererà avverata al momento della comunicazione al creditore del valore di stima oppure, qualora il valore di stima sia superiore all’ammontare del debito inadempiuto comprensivo di tutte le spese ed i costi di trasferimento, al momento dell’avvenuto versamento all’imprenditore della predetta differenza.
Anche tale circostanza non può che generare forti critiche in quanto il realizzarsi dell’inadempimento, in linea con le comuni regole civilistiche dell’inadempimento contrattuale, non dovrebbe coincidere con quanto prospettato dal legislatore del Decreto Banche, bensì dovrebbe essere strettamente connesso alla scadenza di un termine dalla data dell’ultimo inadempimento, ad esempio coincidente, come indicato precedentemente, con la scadenza dell’ultima rata non versata o con la scadenza del sesto mese a partire dalla data fissata per il rimborso.
Altra peculiarità introdotta dalla norma in esame consiste nel fatto che, qualora il finanziamento sia già garantito da ipoteca nulla osta all’applicazione anche della garanzia di cui all’art. 48 bis T.U.B., che, purché regolarmente trascritta, prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite successivamente all’iscrizione ipotecaria.
Infine, la norma prevede che il trasferimento in favore del creditore può avvenire anche quando il diritto reale immobiliare, già oggetto patto in esame, sia sottoposto ad esecuzione forzata per espropriazione. In tal caso, infatti, l’accertamento dell’inadempimento del debitore sarà compiuto, su istanza del creditore, dal giudice dell’esecuzione e il valore della stima verrà determinato dall’esperto nominato dallo stesso giudice.
La norma prevede l’applicazione di una analoga disciplina nel caso in cui sovvenga il fallimento del titolare del diritto reale dopo l’avvenuta trascrizione del patto.
Con riferimento a tali ultime ipotesi, tuttavia, occorre notare come l’estensione della validità dell’istituto in esame anche nell’ambito di procedimenti esecutivi o fallimentari sembrerebbe ledere di gran lunga i diritti degli altri creditori, già insinuati o procedenti.
Pertanto, si può ben notare come un istituto avente natura del tutto negoziale, sulla scorta delle criticità sollevate, piuttosto sembrerebbe mirare a modificare – anche in maniera rilevante- le posizioni di terzi, con palese vantaggio degli istituti predisposti al finanziamento che, invece, potranno facilmente godere di una posizione di prelazione rispetto agli altri creditori e, soprattutto, veder garantiti i loro crediti in tempi relativamente più rapidi.
Da ultimo, con riferimento al momento in cui è possibile stipulare il patto di trasferimento di bene immobile o diritto reale immobiliare, il legislatore ha previsto che il patto può essere concluso al momento della definizione del contratto di finanziamento oppure, nel caso in cui il finanziamento sia già in corso, al momento dell’entrata in vigore del D.L. 59/2016, in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali.
Tuttavia, la possibilità di modificare a posteriori le condizioni del contratto, per quanto ad una prima lettura potrebbe celare un grande vantaggio per l’imprenditore, a seguito di un’analisi più approfondita sembrerebbe piuttosto comportare una lesione di quello che è il principio della certezza dei rapporti giuridici, soprattutto nella misura in cui l’imprenditore si troverebbe costretto in una posizione di subalternità tale da subire condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose.
2. L’introduzione del patto marciano nell’ordinamento italiano
La nuova formula di garanzia sinora descritta, così come delineata dal legislatore del Decreto Banche, incorrerebbe in nullità per illiceità della causa poiché sarebbe contraria al divieto previsto agli artt. 1963 e 2744 c.c., che proibiscono il c.d.patto commissorio. Ebbene, il legislatore per ovviare a ciò ha previsto lo schema tipico del c.d. patto marciano, decidendo nel contempo di introdurre definitivamente questo istituto, che, seppur noto, non era fino ad oggi presente nell’ordinamento italiano.
Giova ricordare che, a differenza del patto commissorio, il patto marciano, seppur non codificato, non è in alcun modo vietato dal legislatore. Ed infatti, sino all’entrata in vigore del Decreto Banche, il patto marciano era un istituto che godeva di una storica e lunga tradizione risalente ad una rielaborazione di testo di legge dell’epoca giustinianea – romana del giurista romano Marciano.
Anche oggi l’istituto è riconducibile, così come tradizionalmente disciplinato, a quel patto in forza del quale il creditore diventa proprietario del bene ricevuto in garanzia allorché il debitore non adempia all’obbligazione conclusa; nel contempo sorge in capo al creditore l’obbligo di corrispondere al debitore l’eventuale differenza tra l’ammontare del credito e l’eventuale accertato maggior valore stimato da un terzo successivamente al realizzarsi dell’inadempimento.
Ma v’è di più. Proprio qualche mese prima dell’introduzione dell’entrata in vigore del Decreto Banche e quindi dell’art. 2, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto lecito il patto marciano nella sua forma classica, sancendo il principio già noto nel nostro ordinando secondo cui: “il patto marciano che preveda, al momento dell’inadempimento, un procedimento tale da assicurare la stima imparziale del bene entro tempi certi, esclude la violazione del divieto di patto commissorio e, conseguentemente, la nullità per illiceità della causa del contratto al quale sia apposto” (cfr. Cassazione Civile, sez. I, 28 gennaio 2016 n. 1625).
Sta di fatto che la scelta del legislatore di introdurre nell’ordinamento il patto marciano e, nel contempo, vietare il patto commissorio è fondata, in un’ottica di bilanciamento tra interessi contrapposti, su una ratio esclusivamente di natura patrimoniale concernente la sproporzione tra il valore del bene in garanzia e l’entità del credito garantito.
In sostanza, per il tramite del “patto marciano”, le parti possono garantire un credito mediante la stipula di un contratto di cessione di un bene di proprietà del debitore, che diviene efficace esclusivamente in caso di inadempimento di quest’ultimo e purché il trasferimento della proprietà del bene dato in garanzia si realizzi ad un prezzo equo, quantificato sulla base di una stima imparziale posteriore all’inadempimento, con eventuale versamento di conguaglio. Questo, infatti, differenzia detto istituto dal patto commissorio, vietato dagli artt. 1963 e 2744 c.c.
Ciò posto emerge manifestamente che lo schema analizzato è senza dubbio riconducibile a quello previsto dal legislatore del Decreto Banche all’art. 2 del d.l. 59/2016, nella misura in cui l’istituto finanziario potrà avvalersi della clausola di trasferimento del bene immobile interposto a garanzia del prestito in caso di inadempimento dell’imprenditore e a patto che l’istituto provveda a corrispondere all’imprenditore/debitore la somma equivalente pari alla differenza tra il valore del credito e il valore del bene stimato, calcolata dal perito nominato dall’autorità giudiziaria.
[1] Deliberato nel Consiglio dei Ministri n. 115 del 29 aprile 2016, promulgato dal Presidente della Repubblica martedì 3 maggio, pubblicato nella G.U. n. 102 dello stesso giorno, in vigore dal 04 maggio 2016 ed in attesa di conversione.