Con ordinanza depositata in data 16 dicembre 2020, n. 28796 (di seguito, l’”Ordinanza”), la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di tassazione indiretta dei trust, ribadendo il principio di diritto in base al quale l’atto costitutivo del trust ed il conseguente atto dispositivo dei beni in capo al medesimo sono atti fiscalmente neutri, realizzandosi il presupposto impositivo soltanto contestualmente all’eventuale trasferimento effettivo e definitivo dei beni o dei diritti al beneficiario definitivo.
L’ordinanza, come meglio si vedrà infra, conferma l’orientamento ormai consolidatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità a far data dal 2019[1] e volto ad escludere che l’atto segregativo, in quanto meramente temporaneo e strumentale, sia idoneo ad esprimere quella manifestazione di capacità contributiva, ex articolo 53 della Costituzione, che giustifica il sorgere del presupposto impositivo.
Il caso oggetto d’esame trae origine dall’’impugnazione di un avviso d’accertamento notificato ad una società (in qualità di trustee), con il quale l’Agenzia delle Entrate (anche, l’”Ufficio”) assoggettava a diversa tassazione l’atto di conferimento in un trust di una serie di beni (i.e. un immobile, un resede ed una quota indivisa di un terreno), atto in relazione al quale era stata applicata dalle parti la sola imposta di registro (in misura fissa).
Più in particolare, l’Ufficio riscontrava la natura traslativa del predetto atto di conferimento, con conseguente assoggettabilità dello stesso all’imposta di successione e donazione- applicando l’aliquota prevista per il rapporto tra disponente e beneficiario finale- nonché alle imposte ipotecarie e catastali, rispettivamente con aliquote del 2 per cento e dell’1 per cento.
La tesi dell’Agenzia trovava, conferma presso le commissioni tributarie provinciale e regionale che, rigettando il ricorso e, in seguito, l’appello del trustee, condividevano l’orientamento in base al quale l’assoggettamento dell’atto di conferimento ad imposta proporzionale sarebbe dato dalla natura del trust, assimilabile al vincolo di destinazione di cui all’articolo 2, comma 47, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (di seguito, il “D.L. 262/2006”), convertito con legge 24 novembre 2006, n. 286D.[2], con effetti segregativi e limitativi della disponibilità dei beni, non ritenendo rilevante l’arricchimento patrimoniale come presupposto impositivo.
Avverso la sentenza della CTR, il trustee proponeva ricorso per Cassazione, dolendosi, con unico motivo di ricorso, della violazione e falsa applicazione del menzionato articolo 2, comma 47 del d.l. 282/2006, nella parte in cui la sentenza di appello riconosceva rilevanza, ai fini dell’applicazione del prelievo fiscale come indicato dall’Amministrazione finanziaria, al mero effetto segregativo del trust, senza avere riguardo alla presenza di un arricchimento patrimoniale stabile e non strumentale, ritenuto assente nel caso di specie.
Come già anticipato in premessa, l’ordinanza con cui la Corte di Cassazione ha deciso la causa nel merito, accogliendo il ricorso della contribuente, costituisce espressione di una più recente ricostruzione della questione interpretativa supra prospettata, ormai dominante in giurisprudenza, volta a riconoscere importanza dirimente all’arricchimento patrimoniale conseguente all’atto traslativo ai fini dell’individuazione del momento impositivo.
Più precisamente, relativamente all’applicazione dell’imposta di donazione, come pure delle imposte proporzionali di registro ed ipo-catastali, a giudizio del Collegio è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale al beneficiario.
In proposito, la Corte ha osservato come nel trust in esame non si riscontrasse un effetto traslativo né nell’atto istitutivo, né nell’atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee, in quanto atti meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione.
Secondo la Corte, il fenomeno giuridico contemplato dal trust non appare diverso dal trasferimento a titolo gratuito dell’immobile operato dal mandante in favore del mandatario senza rappresentanza, al fine della esecuzione del mandato alla vendita, trattandosi di mera proprietà fiduciaria e non quiritaria, gravata dall’obbligazione di trasferire il bene al terzo.
Sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte ha ribadito che la tassazione del trust avviene in uscita, individuando il presupposto impositivo nell’incremento patrimoniale che si verifica in capo ai beneficiari finali, posto che solo quest’ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’articolo 53 della Costituzione, laddove il momento istitutivo o di dotazione costituisce atto fiscalmente neutro[3].
[1] Ci si riferisce, in particolare, alle pronunce, citate nell’ordinanza, 21 giugno 2019 n. 16699, 3 marzo 2020 n. 5766, 29 maggio 2020 n. 10261, 29 maggio 2020, n. 10261, 2 luglio 2020 n. 13535, a mediante le quali la Corte di Cassazione ha effettuato un’inversione di rotta rispetto al proprio precedente orientamento, conforme a quello dell’Agenzia delle entrate, volto ad individuare un indice di capacità contributiva nella mera segregazione dei beni derivante dall’atto di dotazione del trust.
[2] Si riporta di seguito il testo del comma 47: “È istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54”.
[3] E, come tale, soggetto all’imposta di registro in misura fissa ai sensi dell’articolo 11 della Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (“TUR”).