La Suprema Corte, nella sentenza in commento riguardante una banca in liquidazione coatta amministrativa, chiarisce le differenze tra il rimedio dell’opposizione allo stato passivo ex art. 87 TUB e l’insinuazione tardiva ex art. 89 TUB. Come è noto, l’art. 87 TUB prevede che l’opposizione allo stato passivo possa essere proposta dai soggetti le cui pretese non siano state accolte in tutto o in parte entro quindici giorni dalla comunicazione del mancato riconoscimento (parziale o totale) della pretesa. L’art, 89 TUB, d’altro canto, prevede la possibilità di insinuazioni tardive in capo ai creditori che non abbiano ricevuto la comunicazione del riconoscimento della propria pretesa e non risultino inclusi nello stato passivo. L’insinuazione tardiva può essere proposta in ogni caso “dopo il deposito dello stato passivo e fino a che non siano esauriti tutti i riparti e le restituzioni”. La Corte sottolinea come “i legittimati a proporre opposizione al passivo o l’insinuazione tardiva sono soggetti diversi, e diversi sono i presupposti giuridici per esperire le dette azioni.” Nel caso di specie, la Corte di legittimità ribadisce che il creditore ammesso al passivo per un importo minore a quello vantato possa “proporre[…] l’opposizione allo stato passivo, e non già insinuare tardivamente quegli stessi crediti già oggetto della domanda di ammissione, e non accolti.” Inoltre, respingendo il ricorso incidentale del creditore in merito alla ricezione della comunicazione di esclusione dallo stato passivo, la Corte di Cassazione, riprendendo una giurisprudenza consolidata[1], conferma che in materia di atti ricettizi ex art. 1335 cc, l’onere della prova del recapito al destinatario grava sul mittente, che “può avvalersi di qualsiasi mezzo di prova, e quindi anche di presunzioni al fine di provare l’invio dell’atto” nel luogo in questione.
La Corte cassa la decisione e rinvia alla Corte di merito.
[1] Si veda anche Cass. 11757/1999, Cass. 773/2003 e Cass. 17014/2007 (rinvenibili su Banca Dati De Jure).