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Attualità

L’esercizio delle discrezionalità nel 14° aggiornamento della Circolare n. 285

2 Dicembre 2015

Margherita Gagliardi

Ancora una volta ci si trova a valutare gli effetti degli aggiornamenti alla Circolare n. 285 della Banca d’Italia (recante le disposizioni di vigilanza per le banche), adottati al fine di dar corso all’attuazione – previo esercizio di eventuali discrezionalità – dei regolamenti delegati della Commissione nn. 61 e 62 del 2015, in materia di liquidità e leva finanziaria, a modifica e completamento della disciplina contenuta nella Direttiva 2013/36/CE (cd. CRD4) e nel Regolamento UE n. 575/2013 (cd. CRR).

Occorre mettere in evidenza che il 14° aggiornamento, del 24 novembre 2015, innova la normativa al fine di introdurre modifiche ai capitoli 11 e 12 volte a chiarire specifici aspetti in materia di Liquidity Coverage Ratio e Leverage Ratio. Tali modifiche non hanno effetto sulla decorsa entrata in vigore dei requisiti segnaletici di Leva finanziaria (1° gennaio 2015) e di copertura della liquidità (1° ottobre 2015), ma piuttosto indicano le modalità con cui vengono esercitate le discrezionalità previste dai regolamenti delegati della Commissione, i quali hanno modificato la disciplina sul rischio di liquidità contenuta nel CRR, elevandolo a rischio di 1° pilastro, e hanno allineato le regole sul Leverage Ratio a quelle previste nei più recenti contributi del Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria.

In tali regolamenti l’esercizio delle discrezionalità è rimesso agli Stati membri e/o alle autorità competenti per la vigilanza. Appare, quindi, utile tener presente che, per l’Italia, la facoltà di adottare le scelte normative compete alla Banca d’Italia (ai sensi dell’art. 53 del d. lgs. 385 del 1993), ferma la ripartizione di competenze operata a seguito dell’introduzione del Meccanismo di Vigilanza Unico nell’Eurozona.

Viene, dunque, in considerazione la possibilità che queste siano esercitate sia dalla Banca d’Italia sia dalla Banca centrale europea, donde l’esigenza di verificare quale sia l’autorità compente: quella delegata dallo Stato membro ovvero quella indicata dal riparto operato dall’art. 6 del Regolamento UE n. 1024/2013, ove – tra l’altro – si specifica che la BCE è responsabile del funzionamento efficace e coerente del predetto meccanismo unico.

In altri termini, nei casi in cui l’esercizio delle discrezionalità è attribuito allo Stato membro, la Banca d’Italia dovrà esercitare le discrezionalità nell’assolvimento dei compiti alla medesima demandati dal quadro normativo domestico; sicché le rivenienti disposizioni trovano applicazione nei confronti di tutte le banche autorizzate in Italia, indipendentemente dall’autorità competente per la vigilanza di queste ultime. Diversamente, nei casi in cui la normativa comunitaria rimette l’esercizio della discrezionalità all’autorità competente per la vigilanza, v’è la possibilità che le scelte siano effettuate dalla Banca d’Italia o dalla BCE.

Pertanto, denota specifica importanza l’opzione normativa, adottata nell’aggiornamento in esame, di ascrivere una valenza generale a tutte le scelte effettuate dalla Banca d’Italia, arrivando a disporre che queste ultime trovano applicazione nei confronti delle banche diverse da quelle sottoposte alla vigilanza della BCE fino a diversa indicazione da parte della BCE, anche sulle banche soggette alla sua supervisione diretta.

Ovviamente tale opzione riserva alla BCE (nei confronti delle sole banche significative) l’esercizio delle discrezionalità che dipendono da una valutazione analitica, i.e. caso per caso.

Da qui, l’esigenza di prestare attenzione al necessario coordinamento tra la Banca d’Italia e la Banca Centrale Europea e alla prospettiva di future modifiche a seguito di ‘scelte diverse’ di quest’ultima.

Ciò posto, può dirsi che le principali scelte normative contenute nel 14° aggiornamento non si limitano solo ad alcune precisazioni sulla disciplina in materia di liquidità e leva finanziaria applicabile alle banche.

Con particolare riguardo, ai contenuti delle scelte operate dall’Autorità italiana (e quindi riservata alle sole banche meno significative), è possibile osservare la deroga all’applicazione del Liquidity Coverage Ratio su base individuale per le società aventi sede in Italia e appartenenti al medesimo gruppo bancario, subordinata al rispetto delle condizioni del “waiver domestico” previste dall’art. 8, parr. 1 e 2 CRR e, sempre nell’ambito del calcolo del LCR, il trattamento delle esposizioni per il trade finance. In tal caso, laBanca d’Italia ha esercitato l’opzione che prevede l’applicazione di un tasso di deflusso del 5% ai prodotti fuori bilancio relativi al finanziamento al commercio (di cui all’art. 429 e all’allegato I CRR), confermando il trattamento già applicato dalle banche italiane.

Sotto altro profilo, viene in considerazione la conferma del regime transitorio di applicazione graduale del LCR previsto in sede europea, in quanto la Banca d’Italia non ha esercitato la relativa discrezionalità (che avrebbe consentito un requisito più elevato di quello previsto dal paragrafo 1 dell’art. 38 CRR). Tuttavia, non sembra possibile escludere che alcuni intermediari possano anticipare i termini ivi previsti, anche al fine di addivenire ad una configurazione compatibile con le nuove responsabilità connesse alla redazione dei piani di risanamento e risoluzione previsti dalla direttiva 2014/59/UE.

Analogamente è a dirsi per le discrezionalità esercitate in materia di leva finanziaria. In questo caso, l’esclusione dal calcolo del Leverage Ratio dell’importo delle esposizioni nei confronti dei soggetti aventi sede nello Stato membro o appartenenti al medesimo gruppo bancario è stata riconosciuta ‘in via generale’ a tutti i gruppi bancari italiani (sia significativi sia meno significativi) che beneficiano del trattamento prudenziale previsto dall’art. 113 CRR in materia di esposizioni infra-gruppo ai fini del rischio di credito. La norma, tuttavia, ha l’obiettivo di chiarire che l’accertamento del rispetto delle condizioni per applicare l’esclusione è rimesso all’autorità compente nell’ambito del procedimento di iscrizione all’albo dei gruppi bancari o, in caso di iscrizione già avvenuta, è compito della medesima autorità di vigilanza richiedere le informazioni e i documenti volti a comprovare il rispetto delle condizioni previste all’art. 429, par. 7 CRR.

Alla luce di quanto precede può dirsi che il quadro normativo di riferimento – per quanto soggetto a possibili interventi della BCE – appare richiedere a tutti gli enti creditizi che operano nel mercato interno uno specifico livello di «oculatezza» nella gestione della liquidità – specialmente a breve termine – e nel ricorso alla leva finanziaria.

Non è questa la sede per valutare in che modo le misure testé indicate possano riequilibrare l’eccessiva dipendenza dal finanziamento a breve termine ovvero evitare che la relativa offerta si contragga in caso di future turbolenze; né se la sola disclosure dell’indice di leva finanziaria possa limitarne l’utilizzo. Tuttavia, può dirsi che oggi inizia a delinearsi un quadro regolamentare particolareggiato che dovrebbe aumentare la resilienza agli shock improvvisi. In tale contesto, l’esercizio delle discrezionalità può determinare l’allineamento (o meno) delle prassi degli operatori europei, con ovvi effetti sull’omogeneizzazione delle regole e delle best practices nel mercato interno (e, quindi, sulla determinazione di un level playing field). Ciò, in un contesto in cui l’industria bancaria europea risulta ripartita (nella vigilanza) tra intermediari sottoposti al controllo diretto della BCE (cd. significant institutions) e soggetti sottoposti alla supervisione delle autorità nazionali competenti.


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