Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di revocabilità dell’atto costitutivo di garanzia ipotecaria e di pegno iscritti in favore della banca, oggetto di domanda riconvenzionale della procedura di amministrazione straordinaria cui una società finanziaria era assoggettata e ha ritenuto erronea la statuizione della Corte d’Appello per essere stata assunta sul presupposto del difetto di prova degli elementi dell’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 c.c.
Per quanto attiene all’eventus damni, la Corte richiama un principio ormai consolidato, secondo il quale “nell’azione revocatoria ordinaria il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore consiste nella insufficienza dei beni del debitore ad offrire la garanzia patrimoniale, essendo irrilevante una mera diminuzione di detta garanzia; è invece rilevante ogni aggravamento della già esistente insufficienze dei beni del debitore ad assicurare la garanzia patrimoniale” (Cass. Civ. 16986/2007; Cass. Civ. 19234/2009).
Nel caso di specie l’incidenza dell’ipoteca volontaria e del doppio pegno di quote sul patrimonio della debitrice costituiva circostanza in sé non contestata e l’eventus damni, secondo la Corte, appare idoneamente espresso nel richiamo integrale alla vicenda d’iscrizione della garanzia reale e dei pegni e della rispettiva contestuale deduzione entro una più ampia intesa con un pool di banche, della debitrice ricorrente e di altre società, secondo ingenti proporzioni di impegno (estese ad altri atti di garanzia personale), e dunque di peggioramento della composizione qualitativa e materiale del patrimonio della debitrice.
Inoltre, come meglio precisato, l’onere di provare l’insussistenza del rischio che il compimento di un atto renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe sul convenuto che eccepisca, per questo motivo, la mancanza dell’eventus damni (Cass. Civ. 1902/2015).
Infine, la Suprema Corte individuando il principio di diritto sotteso ai motivi di ricorso ribadisce che “l’esistenza di una pluralità di debiti garantiti da un medesimo ed unico pegno non osta alla revocabilità di detto pegno, ove ne ricorrano le condizioni anche con riferimento ad uno solo dei debiti garantiti, perché la garanzia opera per intero con riguardo a ciascun debito. La revocabilità dell’atto di costituzione del pegno non può, d’altronde, che investire tale atto nella sua interezza, per ciò stesso privando la banca del diritto di trattenere l’oggetto del pegno e di soddisfare su di esso le proprie ragioni creditorie, destinate invece a trovare collocazione nell’ambito del passivo chirografario della procedura concorsuale”.