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Giurisprudenza

L’integrale disconoscimento di un costo per antieconomicità presuppone il difetto di inerenza

7 Settembre 2020

Giulio Mangiafico, Dottorando in Scienze Giuridiche presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca

Cassazione Civile, Sez. V, 13 luglio 2020, n. 14872 – Pres. Bisogni, Rel. Fichera

Di cosa si parla in questo articolo

L’Amministrazione finanziaria è legittimata a contestare i costi dedotti da una Società, laddove dimostri che il valore di questi indicato in bilancio, pur regolarmente approvato dall’assemblea dei soci (col consenso del collegio sindacale), non rifletta una quantificazione reale, ma sia determinato in violazione dei doveri di veridicità e correttezza nella redazione del documento contabile, sanciti dall’articolo 2423, comma secondo, del Codice civile.

Questo il principio di diritto affermato dalla pronuncia in commento.

Una S.p.A. impugnava alcuni avvisi di accertamento rilevanti, per quanto di interesse, ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP, con i quali l’Amministrazione Finanziaria disconosceva la deducibilità di alcuni costi sostenuti, con riguardo, tra gli altri, alla quota di ammortamento del valore di avviamento di un compendio aziendale onerosamente acquisito.

L’Ufficio competente, si evince, riteneva infatti che il valore di libro dell’avviamento indicato dalla contribuente fosse meramente arbitrario (esito, peraltro, di operazione infragruppo), tanto da non aver ottenuto il consenso all’iscrizione da parte del collegio sindacale, e per l’effetto non poteva riconoscersi la corrispettiva quota di ammortamento dedotta.

Quanto alla menzionata deduzione della quota di ammortamento, la contribuente risultava vittoriosa ad esito del giudizio di appello.

Ricorreva così in Cassazione l’Agenzia delle Entrate, lamentando violazione degli articoli 2423 e 2424, comma primo, n. 6 del Codice civile, nonché dell’articolo 68, comma terzo del Tuir vigente ratione temporis (corrispondente all’odierno articolo 103, comma terzo), perché erroneamente la CTR avrebbe giudicato legittima l’iscrizione in bilancio di un valore arbitrario.

In accoglimento dei motivi di ricorso, la Corte richiama anzitutto un proprio precedente (Cass. 9950/2008), con il quale il Supremo Collegio aveva riconosciuto la legittimità, proprio in materia di avviamento acquisito a titolo oneroso, del sindacato da parte dell’Amministrazione finanziaria rispetto alla ripartizione delle relative quote deducibili del valore iscritto in bilancio, in presenza di violazioni dei principi di veridicità e correttezza nella redazione del documento contabile.

Per l’odierno Collegio, pur assumendo rilevanza, in generale, il valore iscritto nell’attivo di bilancio dell’avviamento, come espressamente richiamato dalle citate disposizioni del Tuir, ciò non preclude all’Amministrazione di verificare la deducibilità dei costi iscritti in contabilità, in relazione al loro reale valore, nonostante la rituale approvazione del documento contabile ad opera dell’assemblea dei soci.

Nel caso di specie, peraltro, a giudizio della Corte, elementi indicativi di una possibile violazione dei principi di redazione del bilancio potevano riscontrarsi nel mancato consenso espresso dal Collegio Sindacale all’iscrizione dell’avviamento secondo i valori espressi dall’organo amministrativo, nonché nella dimensione infragruppo dell’operazione di trasferimento del compendio aziendale.

Alla luce del principio espresso, la Corte rimetteva quindi la controversia nuovamente alla CTR, in diversa composizione, per un nuovo esame della fattispecie.

 

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