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Giurisprudenza

L’omesso pagamento dei tributi integra la nozione di operazioni dolose del reato di bancarotta impropria

6 Maggio 2019

Marianna Geraci, Avvocato presso Tonucci & Partners e Dottoranda di Ricerca in Diritto Penale presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria

Cassazione Penale, Sez. V, 19 febbraio 2018, n. 24752 – Pres. Zaza, Rel. Riccardi

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Con la sentenza in epigrafe la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposto avverso il provvedimento con cui il G.I.P. del Tribunale di Milano, all’esito del giudizio abbreviato, aveva condannato tre amministratori per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di causazione del fallimento della società per effetto di operazioni dolose.

Agli imputati veniva in particolare ascritta la responsabilità per la distrazione dell’attivo sociale, avvenuta sia mediante la cessione di un software gestionale (e dei connessi diritti) senza che il corrispettivo fosse mai stato richiesto né incassato, sia mediante la causazione del dissesto dell’impresa per effetto di operazioni dolose consistite nel sistematico omesso pagamento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, con accumulo di interessi e sanzioni.

Ripercorrendo un orientamento giurisprudenziale consolidato, la Corte precisa in primo luogo che le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, L. Fall. attengono alla commissione di abusi di gestione o di infedeltà ai doveri imposti dalla legge all’organo amministrativo nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero ad atti intrinsecamente pericolosi per la “salute” economico-finanziaria dell’impresa; essi postulano una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente “non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo, bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento, o comunque una pluralità di atti coordinati all’esito divisato”.

Quanto ai confini della nozione di operazioni dolose – chiarito come l’ “operazione” sia termine semanticamente più ampio dell’ “azione”, ricomprendendo l’insieme delle condotte tanto attive quanto omissive coordinate alla realizzazione di un piano – i Giudici rilevano che debbano qualificarsi come tali gli atti (o il complesso di atti) implicanti una disposizione patrimoniale compiuti da persone preposte all’amministrazione della società con abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti alla loro qualità che rechino pregiudizio ai legittimi interessi dell’ente, dei soci, dei creditori e dei terzi interessati; ciò significa che le operazioni dolose, in quanto collocate nell’area di disvalore (ma non di tipicità) della bancarotta fraudolenta patrimoniale, suppongono sempre una indebita diminuzione dell’asse attivo, ossia un depauperamento non giustificabile in termini di interesse per l’impresa.

Non risulta pertanto ostativo alla configurabilità del reato il carattere omissivo della condotta, ben potendo le operazioni dolose consistere – come nel caso di specie – nel mancato e protratto versamento dei contributi previdenziali da parte dell’amministratore che, così facendo, aumenta ingiustificatamente l’esposizione debitoria della società nei confronti dell’Erario e degli enti previdenziali, rendendo prevedibile, proprio per l’ampiezza del fenomeno e per la sua sistematicità, il conseguente dissesto.

Infine, altrettanto infondata secondo i Giudici di legittimità è l’argomentazione relativa all’assenza di depauperamento del patrimonio sociale a seguito dell’omissione del versamento di contributi e imposte. Infatti – come puntualizzato dalla Corte – diversamente da quanto avviene nell’ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in cui la condotta (dissipativa o distrattiva) deve necessariamente consistere in una deminutio patrimonii a prescindere dalla circostanza che abbia determinato il fallimento, “nella bancarotta impropria cagionata da operazioni dolose le condotte devono porsi in nesso eziologico con il fallimento, non rilevando l’immediato depauperamento algebrico dell’attivo patrimoniale, bensì la creazione o l’aggravamento di una situazione di dissesto economico che, prevedibilmente, condurrà al fallimento della società”.

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