L’usurarietà del tasso di mora non inficia la debenza degli interessi corrispettivi (lecitamente pattuiti).
È quanto emerge dall’ordinanza ex art. 702 bis del 17.10.2014 emessa dal Tribunale di Taranto, in persona del dott. Claudio Casarano, che ha risolto in maniera innovativa il “dubbio” lasciato insoluto dalla nota sentenza n.350/2013 della Corte di Cassazione, circa le ricadute applicative del principio secondo il quale “anche gli interessi moratori” devono rispettare le soglie antiusura ex L.108/96.
Il ragionamento del Giudice tarantino prende le mosse dalla diversità ontologica e funzionale dei due “tipi” di interessi: gli interessi moratori assolvono ad una funzione risarcitoria forfetizzata e preventiva del danno da ritardo nel pagamento di una somma esigibile; quelli corrispettivi implicano la regolare esecuzione del rapporto e rappresentano il corrispettivo del prestito. Tra i due istituti non vi è un rapporto di presupposizione necessaria, ragione per la quale l’invalidità che involga la clausola degli interessi moratori usurari non si estende alla clausola degli interessi corrispettivi leciti, che sono comunque dovuti.
Basterà riportare – secondo il Tribunale – il discorso sul piano della disciplina generale applicabile in tema di nullità “parziale” ex art.1419 cc, la quale non importa necessariamente la nullità dell’intero contratto.
A ciò si aggiunge la considerazione sulla tassatività delle nullità, in virtù della quale non può affermarsi l’estensione della sanzione della nullità del tasso di mora usurario anche a quello corrispettivo (non usurario per definizione), in mancanza di un’apposita norma che la prescriva.
Infine – conclude il Giudice – tale interpretazione è coerente con il disposto dell’art.1224 primo comma cc, laddove si prevede che in mancanza di tasso di mora si applica quello corrispettivo o legale.
In virtù di tali argomentazioni, la domanda del mutuatario volta ad ottenere la gratuità tout court del mutuo ex art.1815, secondo comma cc, non ha trovato accoglimento.