La sentenza in commento, in accoglimento parziale di un’opposizione a Decreto Ingiuntivo disposto nei confronti di una società agricola (di seguito, per brevità, “Alfa”) a titolo di regresso per escussione di una polizza fideiussoria emessa da una compagnia assicurativa (di seguito, per brevità, “Beta”) a favore del Ministero del Tesoro (di seguito, per brevità, il “Ministero”), è di interesse in quanto chiarisce fondamento giuridico e limiti dell’obbligo di buona fede del garante nell’esecuzione del contratto di garanzia.
Nel caso di specie, Beta aveva stipulato una polizza fideiussoria nell’interesse di Alfa a copertura dell’obbligo di quest’ultima del rimborso di un contributo pubblico concesso per l’ampliamento di un impianto di turismo rurale. A seguito della revoca del contributo, il beneficiario aveva poi escusso la polizza notificando tale circostanza a Beta a mezzo di una cartella di pagamento, poi divenuta titolo esecutivo per tardiva impugnazione della stessa presso le competenti Commissioni Tributarie. Con il susseguente pignoramento dei crediti per importo pari al massimale della polizza oltre accessori, Beta aveva infine agito in regresso nei confronti dell’inadempiente Alfa, ottenendo un Decreto Ingiuntivo avverso quest’ultima per un importo pari ad Euro 87.494,65.
Ha proposto opposizione al predetto Decreto Alfa, eccependo, con un motivo in rito, l’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano per effetto dell’annullamento della polizza e della relativa determinazione pattizia del foro lombardo per le controversie nascenti da tale rapporto; e con tre motivi in merito, l’estinzione della polizza in ragione dell’emissione di un’appendice di annullamento da parte di Beta, l’intervenuta prescrizione del credito da regresso assicurativo per decorso dei due anni dalla data del sinistro ai termini dell’articolo 2952 c. 2 c.c., e la violazione del principio generale di buona fede nell’esecuzione del contratto di cui agli articoli 1176 c.c. e 1375 c.c., per aver provveduto al pagamento di quanto richiesto dal beneficiario nonostante l’assenza di formale richiesta di escussione che contenesse un’indicazione specifica dell’inadempimento e delle norme del contratto principale assunte come violate, contrariamente a quanto richiesto ai sensi della polizza.
Il Giudice meneghino, preliminarmente confermando la propria competenza anche in veste di foro facoltativo del domicilio del creditore di cui agli artt. 1183 c.c. e 20 c.p.c., riqualifica la polizza in oggetto in termini di contratto autonomo di garanzia, giacché la stessa disponeva, agli articoli 2 e 7, l’obbligo di Beta di corrispondere al Ministero una somma di denaro a prima richiesta scritta e con ogni eccezione rimossa e rinunciata. Sulla scorta di tale interpretazione, tre importanti corollari risultano così applicabili al caso di specie:
- in primo luogo, lo scioglimento del contratto e l’estinzione di ogni obbligo di garanzia presuppone una manifestazione di volontà in tal senso del beneficiario, non potendosi dunque provare l’estinzione del rapporto sulla sola base di comunicazioni intercorse tra debitore principale e garante;
- in secondo luogo, la prescrizione dei crediti nascenti dal rapporto di garanzia e del relativo regresso è assoggettato al termine ordinario decennale (nel caso di specie, decorrente dalla data del pagamento e, alla data dell’apertura del giudizio di opposizione, non spirato) e non al termine speciale biennale applicabile in materia assicurativa; e
- in terzo ed ultimo luogo, il contratto in parola regola i rapporti tra debitore principale e garante alla stregua di un mandato, in forza del quale il secondo ha un dovere giuridico (di fonte contrattuale) di buona fede nell’esecuzione del rapporto di garanzia.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto, la Corte milanese chiarisce, in particolare, che l’obbligo di buona fede di cui sopra impone al garante, nonostante l’autonomia del proprio obbligo di garanzia rispetto alle sorti del rapporto principale, di adottare nell’interesse del debitore principale ogni idonea misura per rifiutare, in tutto o in parte, l’escussione qualora vi siano fondati elementi per ravvisare l’assoluta pretestuosità della stessa (c.d. exceptio doli), a pena di decadenza del proprio diritto di regresso nei confronti del debitore principale.
Nel caso in esame, dal momento che (1) l’escussione della polizza è avvenuta non già mediante richiesta scritta con preavviso di 15 giorni contenente un’indicazione degli inadempimenti riscontrati dal Ministero in relazione all’obbligazione principale, ma mediante cartella esattoriale “non preceduta da richiesta scritta e priva dell’indicazione specifica dell’inadempimento”, in spregio alle previsioni contrattuali; (2) l’emissione della cartella di cui sopra ha determinato l’escussione di una somma maggiore rispetto a quella effettivamente dovuta al beneficiario per inadempimento dell’obbligazione principale, in quanto aggravata da spese accessorie non altrimenti dovute; e (3) Beta non ha diligentemente contestato il pagamento di tali spese accessorie, impugnando oltre termini la cartella esattoriale dinanzi al competente giudice tributario, il Giudice di prime cure correttamente ha rilevato che l’opposizione di Alfa per mancata rilevazione dell’exceptio doli dovesse essere accolta nei soli limiti della quota parte della somma eccedente il credito in sorte capitale originariamente dovuto da Alfa al Ministero (quantificata in Euro 9.113,37). Affinché le doglianze dell’opponente fossero accolte anche con riferimento al credito capitale escusso e domandato giudizialmente in regresso (i.e. i restanti Euro 78.381,28), infatti, sarebbe stato necessario allegare il pieno dolo del creditore mediante la prova, non portata in giudizio, della liberazione di Alfa dall’obbligazione principale per mezzo di “una dichiarazione della pubblica amministrazione competente”.
Il provvedimento in parola, che appare in linea con consolidati orientamenti giurisprudenziali di legittimità in materia (cfr. ex multis, Cass., Sez. I, 1 ottobre 1999, n. 10864; Cass., Sez. I, 17 marzo 2006 n. 5997; Cass., SSUU, 14 febbraio 2010 n. 3947 e, da ultimo, Cass. Sez. I, 31 luglio 2015, n. 16213), ribadisce la natura contrattuale del dovere di buona fede del garante nei confronti del debitore principale, che deve essere valutata caso per caso e trova rilevanza, in ipotesi di irrituale escussione della garanzia (che di per sé ha efficacia meramente interna in quanto attinente al solo rapporto di garanzia), solo se accompagnata dall’exceptio doli di tale escussione rispetto al rapporto principale garantito.