1. Problemi applicativi formali.1
Poche norme, a mia memoria, hanno creato così tanti problemi applicativi come l’art. 644 c.p. (novellato dalla L. n. 108 del 1996) e l’art. 1815 c.c. Eppure, l’art. 644 c.p., nella parte descrittiva del reato, sembrerebbe una norma “innocua”, di immediata lettura: “Chiunque (…) si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione (…). La legge stabilisce il limite entro i quali gli interessi sono sempre usurari”. Così il secondo comma dell’art. 1815 c.c.: “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”; chiarissimo.
Neanche il tempo di entrare in vigore e la L. n. 108 del 1996 pone un problema applicativo che, come vedremo, oggi si è riproposto: cioè, cosa accade ai contratti conclusi prima della sua entrata in vigore a tassi legali, divenuti però tassi usurai alla prima rilevazione del tasso soglia ai sensi della nuova legge. Problema che si è subito esteso anche ai contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della legge a tassi legali, ma che per le variazioni trimestrali del tasso soglia sono divenuti poi usurai.
Sopraggiunge poi la L. 18 febbraio 2001 n. 24: “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del c.p. e dell’art. 1815, seconda comma, del c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”. La questione allora sembrerebbe definitivamente chiusa. Ma nel 2013 la Corte di Cassazione prima e l’ ABF di Napoli poi, prendono una diversa posizione, affermando che occorre valutare, anche nel corso dell’esecuzione del contratto, che il tasso soglia non sia mai superato.
Nel frattempo qualcuno ha ritenuto di sottoporre al vaglio della Corte Costituzionale la L. 108/96 là dove la norma penale sembrava essere “in bianco”, in quanto demandava, in modo non sufficientemente analitico, alla legge (in realtà poi ai decreti ministeriali) le modalità di calcolo e di rilievo del tasso medio dal quale poi si sarebbe calcolato il tasso soglia. In effetti, oltre ai decreti ministeriali un ruolo primario nella composizione delle modalità di calcolo per rilevare il tasso effettivo medio lo gioca la Banca d’Italia. Al di là del dato formale della collocazione delle istruzioni della Banca d’Italia nella gerarchia delle fonti (nell’ottica sempre della questione della norma penale in bianco), la stessa Banca d’Italia non manca di precisare che: “tali Istruzioni possono costituire una metodologia di riferimento per la valutazione dei casi concreti condotta dalla magistratura, ma non ne vincolano le decisioni”. Eppure, sono un elemento fondamentale per la ricostruzione del tasso soglia, elemento a sua volta centrale nella costruzione del reato di usura.
Questo riguardava solo un aspetto della L. 108/96, che possiamo indicare come il più formale (dunque, la questione intertemporale, che però si è poi estesa anche ai contratti perfezionati dopo la sua entrata in vigore e il vaglio di costituzionalità circa la natura di norma penale in bianco).
2. Problemi applicativi sostanziali.
Non sono mancati i problemi applicativi nel merito, soprattutto l’interpretazione del quarto comma dell’art. 644 c.p.: “Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.
Il più noto di questi aspetti applicativi riguarda l’inclusione o meno del tasso di mora nel calcolo del tasso soglia. Il tasso di mora, in effetti, non ha carattere remunerativo (come prescritto dall’art. 644 c.p.), bensì risarcitorio. Sul punto, la stessa Banca d’Italia ha precisato che il tasso di mora non deve essere conteggiato dagli intermediari nel tasso effettivo, perché non esistono i criteri per la sua rilevazione. Però, nonostante ciò il tasso di mora deve essere incluso per la determinazione del tasso soglia, grazie ad “una indagine [del 2001], riportata nei Decreti ministeriali, per cui la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardo nel pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali”. In assenza di una previsione legislativa (che dunque la stessa Banca d’Italia sta chiaramente sollecitando) che determini una specifica soglia (il che mi riporta alla questione della norma penale in bianco) la Banca d’Italia adotta il criterio in base al quale i tassi effettivi globali medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia. Mi sembra una soluzione artificiosa e di dubbia legittimità.
Ho tralasciato l’applicazione del secondo comma dell’art. 1815 c.c. circa gli effetti della usurarietà della pattuizione che stabilisce il tasso usurario. E’ già stato rilevato quanto la norma sia (sembri) chiara: “la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”. Data la chiarezza, non ci sono previsioni alternative. Eppure, con riguardo agli intermediari (vedremo infatti che vi sono differenze quando chi commette il reato non è un intermediario) quasi mai è stata comminata la nullità. In realtà, è stata comminata un nullità parziale per quella parte eccedente il tasso soglia e la successiva applicazione di tassi alternativi non previsti dalla legge, stabiliti secondo la coscienza del giudice.
Non dobbiamo chiaramente dimenticare che l’usura è un reato ed i penalisti hanno avuto i loro problemi esegetici. Ad oggi, mi sembra, il reato è configurato come reato a schema duplice e rientra nel novero dei reati a condotta frazionata o a consumazione prolungata. La condotta penale si manifesta compiutamente nel momento un cui la promessa degli interessi o degli altri vantaggi usurari è accettata. Ciò indipendentemente dalla effettiva dazione degli interessi (mi chiedo l’effetto di questa impostazione all’attività bancaria). Dunque, elemento costitutivo della fattispecie è la promessa e non la effettiva dazione.2 Anche i penalisti, però, hanno dovuto confrontarsi con una lettera della norma non del tutto coerente con la ricostruzione ora delineata del reato. Infatti, l’art. 644 ter c.p. stabilisce che la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale. In questo caso si è argomentato, anche attraverso una ricostruzione dei lavori parlamentari, che non era chiaro se il legislatore avesse voluto introdurre una norma di contenuto esclusivamente processuale, mantenendo l’impostazione del reato istantaneo dunque verificatosi al solo momento della pattuizione, oppure la norma avesse un contenuto sostanziale, il che avrebbe implicato la natura permanente del reato.3
Oltre ai problemi posti dai giuristi (civilisti, penalisti, costituzionalisti, etc.) l’art. 644 c.p. ha avuto in sorte anche gli strali dei matematici (spesso impiegati come consulenti tecnici). Ebbene si, anche loro hanno avuto a che dire soprattutto con le formule utilizzate nei decreti e nelle Istruzioni della Banca d’Italia. A partire da coloro che non hanno apprezzato il rapporto fra componente additiva e moltiplicativa che viene aggiunta al tasso effettivo medio per arrivare al tasso soglia. Qualcuno vorrebbe un meccanismo maggiormente legato alla curva forward dei tassi di interessi. Infatti, a seconda del tasso di riferimento le due componenti hanno pesi assai diversi (quella additiva ha maggior peso a tassi bassi e minore a tassi alti). Altri contestano come nella formula del TEG sia possibile sommare due cose così diverse come un tasso di interesse (quello sui numeri debitori) e gli oneri sull’accordato. I matematici finanziari poi non comprendono proprio come nell’ “accordato” sia possibile computare oneri per la messa a disposizione dell’affidamento con oneri relativi all’effettivo utilizzo.
Direi che non ci siamo fatti mancare niente: profili costituzionali (norma penale in bianco), civilistici (gli effetti della nullità e in realtà non solo), penalistici (la struttura e natura del reato) e matematici.
3. L’usura è un reato, estreme conseguenza dell’applicazione al settore bancario e finanziario.
Se dovessi cercare un appiglio per iniziare l’osservazione di tale matassa giuridica, probabilmente dovrei partire dalla norma; dunque dal reato previsto dall’art. 644 c.p. Perché tutta la materia discende necessariamente dalla consumazione di un reato. In questo senso è il diritto penale che dovrebbe guidare l’interpretazione della legge, la giurisprudenza penale guidare anche il civilista. Proprio questo presupposto è foriero di una serie di problemi.
Il peso della giurisprudenza penale è assoluto in questo tema, basta pensare alle recenti sentenze della Cassazione Penale, che, indipendentemente dalle Istruzioni della Banca d’Italia, stabilì l’inclusione della CMS all’interno del calcolo del tasso effettivo. Alcuni passaggi della sentenza della Corte di Cassazione Penale, sopra riferita, n. 46669 del 23 settembre 2011, mostrano però il diverso approccio del diritto penale a fonti che per cho si occupa di diritto bancario hanno un diverso rilievo. A pag. 16 della sentenza è scritto: “le circolari e le istruzioni della Banca d’Italia non rappresentano una fonte di diritto e obblighi e nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca d’Italia in una circolare, non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo oggettivo (…) La materia penale è dominata esclusivamente dalla legge e la legittimità si verifica solo mediante il confronto con la norma di legge, l’art. 644 c.p…). Salvo poi, proprio le Istruzioni della Banca d’Italia che non consideravano la CMS rientrare nel calcolo del tasso effettivo medio, salvare gli imputati (Presidente e amministratore delegato della banca) dalla violazione del dovere di diligenza nel controllare l’attività di erogazione. Stante la correttezza penale di un tale ragionamento, si può dire che produca effetti virtuosi nella materia bancaria così pervasa dalle Istruzioni della Banca d’Italia? Può chiedersi ad una banca di disattendere le Istruzioni della Banca d’Italia in quanto convinta che tali istruzioni non siano coerenti con l’art. 644 c.p.?
Nel diritto penale la questione dell’usura non si esaurisce con il soggetto autore del reato, in quanto vi sono gli aspetti ulteriori della varie tipologie di usura e poi del favoreggiamento, del concorso, dell’associazione.
Se volessi portare all’estremo questo aspetto nel campo bancario e finanziario, oltre all’intermediario, vedrei allora eventualmente coinvolti quanto meno altri due soggetti. Uno è il mediatore che si è interposto fra la persona offesa dal reato e l’intermediario, mediatore che ha condotto il cliente dall’intermediario. Il reato di usura è previsto anche per colui che procura a taluno una somma di denaro o altra utilità, facendo dare o promettere a sé o altri per la mediazione un compenso usurario. Poi, mi chiedo se nel caso assai frequente in questo momento economico, di cessione del “credito usuraio” (fattispecie chiaramente non prevista da alcuna norma sulla cessione dei crediti), per es. tramite factoring o operazione di cartolarizzazione dei crediti, se colui che andrà a riscuotere il “credito usurario” (l’esattore) potrebbe astrattamente essere considerato autore della condotta criminosa in concorso con l’intermediario. Si è appena assistito alla prima cartolarizzazione di un reato? Sembra solo una provocazione, in parte lo è, ma non necessariamente priva di fondamento.
E’ vero, qualcosa stona in questo estremo ragionamento. Sembra fuori luogo l’applicazione integrale del sistema del diritto penale agli intermediari. Cioè, di un reato più pensato per “l’usura da strada”, piuttosto che applicata all’attività (lecita ed autorizzata) dell’erogazione del credito. A me sembra che molta della giurisprudenza penale (ma chiaramente non sono un penalista e chiedo aiuto ai penalisti) sull’usura si occupi quanto meno di due tipologie di usura (non dal punto di vista del reato che è unico): quella diciamo della usura da strada e quella praticata nel corso della regolare attività di esercizio del credito. Del resto, prima della novella dell’articolo 644 c.p. vi era la necessità di dimostrare lo stato di bisogno e l’approfittamento da parte di chi prestava il denaro. L’esclusione di questo aspetto ha certo aperto nuovi territori al reato.
4. (segue) un caso, fra i tanti.
Vorrei riportare in dettaglio un caso, che credo servirà a comprendere cosa intendo per “usura da strada”. Una persona (“Poveretto”), ha acquistato una motocicletta e deve, d a al Venditore 1700 euro. Poveretto, però, riesce a pagare solo 400 euro, restando debitore di Venditore per i restanti 1.300 euro. Venditore lo “indirizza” da un terzo soggetto (“Strozzino”) disposto a prestargli una somma di 2.000 euro. Poveretto si reca da Strozzino, che effettivamente gli presta i 2.000 euro nel seguente modo: 900 euro vengono dati da Strozzino direttamente a Venditore (così pagandogli una parte cospicua del credito verso Poveretto per l’acquisto della motocicletta), 600 euro li trattiene Strozzino a titolo di pagamento anticipato degli interessi (mi sembra giusto) e 500 euro li versa nelle mani di Poveretto che, inoltre, deve lasciare a garanzia un assegno in bianco per 2000 euro.
Passati due mesi (il termine imposto per saldare tutti) Poveretto non è in grado di far fronte ai propri debiti e accetta di prendere in prestito da Strozzino altri 5.000 euro, con le seguenti modalità: 2.000 euro vengono “imputati” al pagamento del primo prestito, 400 euro vanno a saldare l’intero debito verso Venditore, 1.500 euro li trattiene Strozzino a titolo di pagamento anticipato degli interessi (quando si dice gestione “sana e prudente”). A Poveretto, prima o poi e ben che gli vada, gli verrà un gran mal di testa solo per capire quanto gli hanno effettivamente prestato ed a che tasso (che comunque risulterà di circa il 120% su base annua). La storia non ha lieto fine, la spirale ora descritta va avanti, fino a quando Poveretto non decide di presentare denuncia.
Il caso è estremo, ma molti lo sono. Esiste poi dell’usura, sempre “vera”, ma più raffinata che sconfina nella professionalità e nell’abusivismo di attività riservate. Vi è poi il mondo degli intermediari autorizzati. A me sembra evidente che si tratta di cose molto diverse, eppure il reato è il medesimo.
5. “Usura bancaria”.
Nel caso dell’attività di erogazione del credito vi sono infatti una molteplicità di aspetti tecnici, relativi alla modalità dell’erogazione, alla presenza di una lecita attività d’impresa, che certo non riguardano l’usura “da strada” (eppure, proprio la presenza dell’attività d’impresa è penalmente valutata come un’aggravante). Basta pensare a quanto accennato circa la commissione di massimo scoperto e una moltitudine di questioni tecniche, per es. le differenze fra fido estinto non revocato e fido revocato ai fini della inclusione o esclusione dalla comunicazione trimestrale alla Banca d’Italia (e molte altre).
Ciò che solitamente fa superare il tasso soglia sono il computo degli oneri e dei costi, soprattutto se variabili nel tempo, non il tasso di per sé usurario. La variabilità della prestazione è una caratteristica dei contratti di credito, in quanto essi sono agganciati alle condizioni di mercato. Donde la modifica unilaterale delle condizioni economiche da parte della banca.
L’applicazione pedissequa dell’art. 1815 c.c. trasformerebbe un mutuo da oneroso a gratuito. Andrà anche bene per il caso di Poveretto, ma ha senso applicarla all’attività di erogazione del credito? Ne potrebbero beneficiari di certo alcuni clienti, ma le banche dovrebbero comunque alzare piano piano i tassi per le concessioni di futuri crediti, contribuendo così ad alzare anche il tasso soglia. Non mi sembra un gran risultato. Per questa ragione che la norma, pur così precisa, è rimasta inapplicata.
L’art. 644 c.p. non sembra occuparsi della questione dell’usura sopravvenuta. Mentre nel caso di Poveretto il tema ha una importanza del tutto marginale (anzi nessuna), per le banche è un problema di portata devastante, per il semplice fatto che le banche hanno in essere rapporti di durata lunghissima. I sostenitori dell’usura sopravvenuta affermano, fra l’altro, che essendo uno degli obiettivi della legge quello di razionalizzare il mercato del credito, non si può accettare il pagamento di un tasso di interesse che andava bene anni addietro, al momento della conclusione del contratto, ma che è anacronistico ed usurario nel presente. L’argomentazione è corretta, ma non tiene conto che la banca anni addietro ha speso una certa provvista finanziaria per ottenere il denaro poi erogato.
La questione dell’usura sopravvenuta genera quella dell’usura in potenza. E di questo la fattispecie penale, nuovamente, non si occupa (non si allarmi l’ascoltatore, l’usura in potenza non è un nuovo reato). Ma basta sviluppare la tematica dell’usura sopravvenuta per scovare nei contratti clausole in potenza, in proiezione usurarie. Penso, ad. esempio, ai contratti di leasing e al problema della risoluzione anticipata con conseguente attualizzazione del tasso di interesse, clausola potenzialmente usuraria. Questo conduce alla necessità di avere delle clausole di salvaguardia nei contratti che, in ogni caso, devono prevedere lo sbarramento sotto il tasso soglia previsto al momento in cui una data clausola “dormiente” verrà effettivamente applicata nel futuro. In altri termini occorre disinnescare l’esplosione dell’usura potenziale con una clausola apposita. Oppure, in alternativa si può pensare ad una clausola forward che leghi il tasso effettivo alla curva dei tassi di interessi, con il problema però che il tasso effettivo risulta dall’aggiunta dei costi sull’accordato (e per questo non esiste un curva forward). Insomma i giuristi hanno da che divertirsi, non so le banche e i clienti.
Insomma, la natura delle operazioni bancarie è tale che deve avere una sua disciplina specifica, che non può derivare (come oggi) da una applicazione aggiustata della norma penale. Anche per il rilievo sociale della materia.
Ecco, in definitiva, la spiegazione del titolo. L’applicazione fino in fondo della disciplina penale porterebbe a conseguenze iperboliche per il mondo bancario e finanziario, donde l’applicazione aggiustata di quella disciplina, che però ha condotto ad una serie infinita di problemi applicativi.
Ritengo che questi aspetti mostrino la necessità di distinguere l’usura bancaria dall’usura “da strada”, nonostante che il reato oggi sia il medesimo, distinzione che deve però essere demandata alla legge.
1 Intervento svolto al Convegno in ricordo del Professor Paolo Ferro-Luzzi presso la sede dell’ABI: “Le operazioni bancarie” Roma, 11 novembre 2013. In corso di pubblicazione su Bancaria.
2 P. Severino di Benedetto, Riflessi penali della giurisprudenza civile sulla riscossione di interessi divenuti usurari successivamente all’entrata in vigore della l. 108 del 1996, in Banca, borsa, 1998, II, 524.
3 P. Severino di Benedetto, op. cit. p.532, ss.