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Giurisprudenza

La Cassazione apre alla buona fede della banca vittima del reato del dipendente

6 Agosto 2014

Cassazione Penale, Sez. I, 31 luglio 2014, n. 34039

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza n. 34039/14, la Prima Sezione della Suprema Corte, cassando le decisioni dei giudici di merito, ha stabilito che “gli istituti bancari rimasti vittime dei delitti di truffa o appropriazione indebita all’atto dell’erogazione dei mutui, in forze dei quali erano state iscritte ipoteche sugli immobili confiscati, devono essere considerati terzi estranei ai reati posti in essere dal soggetto nei cui confronti è applicata la misura di prevenzione patrimoniale e, pertanto, nei loro confronti non può essere ordinata la cancellazione della trascrizione dell’ipoteca nei registri immobiliari”.

Il ragionamento della Corte di Cassazione ha preso ovviamente avvio da quanto già rilevato dalle Sezioni Unite Bacherotti, per cui l’applicazione della confisca non determina l’estinzione del preesistente diritto reale di garanzia costituito a favore di terzi sulle cose che ne sono oggetto quanto costoro, avendo tratto oggettivamente vantaggio dall’altrui attività criminosa, riescono a provare di trovarsi in una situazione di buona fede e di affidamento incolpevole (Cass. Pen., S.U., n. 9/1999).

La Suprema Corte ha sostenuto che i giudici di merito hanno omesso di verificare l’estraneità oggettiva degli istituti di credito ai reati posti in essere dal soggetto destinatario della misura di prevenzione patrimoniale: in questo caso, la mancanza di un qualsiasi vantaggio per le banche si evince dal fatto che “gli istituti bancari avevano erogato denaro di loro proprietà confidando sulla sua regolare restituzione e, comunque, sul valore sufficiente degli immobili ipotecati per recuperare il credito in caso di mancato spontaneo adempimento al contratto di mutuo; le rate del mutuo erano state rimborsate se non in minima parte, mentre gli accertamenti dimostravano che gli immobili ipotecati avevano un valore nettamente inferiore a quanto creduto”.

Spetterà adesso al giudice di rinvio attenersi al principio di diritto enunciato.

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