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Giurisprudenza

La Cassazione chiarisce il contenuto della nozione di inerenza dei costi deducibili

30 Agosto 2018

Avv. Stefano Capponi

Cassazione Civile, Sez. V, 15 giugno 2018, n. 15856 – Pres. Chindemi, Rel. De Masi

Di cosa si parla in questo articolo

In tema di imposte sui redditi delle società, la nozione di inerenza che connota i costi deducibili, fondata sul richiamo all’art. 75, comma 5, (ora 109) d.p.r. n. 917 del 1986, esprime la riferibilità dei costi sostenuti, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, all’attività d’impresa propriamente detta, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea a tale attività. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la nozione di inerenza implica quella di congruità, sicché deve escludersi la deducibilità di costi sproporzionati o eccessivi, in quanto non inerenti.Un costo, pertanto, non è deducibile se non è funzionale all’attività della impresa, ed è inerente nella misura in cui può dirsi congruo. L’inerenza viene perciò definita come una relazione tra due concetti – la spesa (o il costo) e l’impresa -, sicché il costo (o la spesa) assume rilevanza ai fini della qualificazione della base imponibile non tanto per la sua esplicita e diretta connessione ad una precisa componente di reddito, bensì in virtù della sua correlazione con un’attività potenzialmente idonea a produrre utili (ex multis, V. Cass. n. 20049/2017).

Quanto all’onere della prova dell’inerenza, esso ricade sul contribuente, che non deve solo contabilizzare la spesa, ma produrre altresì una documentazione di supporto da cui ricavare importo, ragione, e coerenza economica della stessa. In difetto la spesa potrà essere ritenuta non congrua, e quindi costo non deducibile. Nell’ipotesi di costi infragruppo (laddove, cioè, una società capogruppo fornisca servizi alle società del gruppo o curi attività di loro interesse ripartendo i costi tra esse) questo onere incombe sulla società che affermi di aver ricevuto il servizio, occorrendo, affinché il corrispettivo riconosciuto alla capogruppo sia deducibile ai fini delle imposte dirette e l’IVA contestualmente assolta sia detraibile, che la controllata tragga dal servizio remunerato un’effettiva utilità e che quest’ultima sia obiettivamente determinabile e adeguatamente documentata (Cass. n. 23027/2015).

 

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