L’art. 2504 quater c.c., dettato in tema di fusione, ma richiamato anche per la scissione dall’art. 2506 ter comma 5 c.c., che prevede l’impossibilità di pronunciare l’invalidità dell’atto di fusione (scissione) a seguito dell’iscrizione di tale atto non risulta incompatibile con l’azione revocatoria prevista dall’art. 2901 c.c.
In particolare, la regola prevista dall’art. 2504 quater c.c, introdotta nell’ordinamento italiano dall’art.15 del d.lgs. 16/01/1991 n. 22, in attuazione delle Direttive 09/10/1978 n. 855 – 1978/855/CEE (art.22) e 17/12/1982 n. 891 1982/891/CEE (art.19), supera la distinzione fra nullità e annullabilità, accomunate nella nozione di invalidità, e mira ad evitare la demolizione dell’operazione di trasformazione e la reviviscenza delle società originarie, ma appare pienamente compatibile con la natura e gli effetti dell’azione revocatoria, strumento di conservazione della garanzia patrimoniale, che agisce sul registro della mera inopponibilità dell’atto al creditore pregiudicato.
In difetto di adeguato fondamento normativo, la Corte ha pertanto ritenuto che non si possa ritenere l’opposizione che compete ai creditori come un rimedio sostitutivo e necessario e non solo aggiuntivo rispetto all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria.