“L’avvenuta archiviazione della denuncia presentata dalla Guardia di finanza non è di per sé stessa d’impedimento all’applicazione del termine raddoppiato per l’accertamento, proprio perché non rileva né l’esercizio dell’azione penale da parte del pm, ai sensi dell’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, atteso anche il regime di “doppio binario” tra giudizio penale e procedimento e processo tributario”.
Con tali termini si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza del 15 maggio 2015, n. 9974, la quale ha rigettato il ricorso proposto da una società che, come primo motivo, aveva censurato la sentenza dei giudici di appello nella parte in cui riteneva operante il raddoppio del termine per l’accertamento nonostante l’archiviazione del procedimento penale sulla vicenda.
Come noto, l’art. 20 del D. Lgs. 74/2000 prevede l’operatività del principio del doppio binario tra contenzioso tributario e procedimento penale: in sostanza il contribuente, pur vedendosi assolto dal giudice penale, può vedersi condannato in sede tributaria. A questo punto, viene spontaneo domandarsi se, ai fini dell’operatività del raddoppio dei termini di accertamento, possa avere o meno qualche rilievo l’esito procedimento penale.
La Cassazione si è pronunciata negativamente. I giudici di legittimità, nel ritenere legittimo nel casode quo il raddoppio dei termini di accertamento, hanno fatto proprie le conclusioni cui era pervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 247/2011, che aveva posto dei paletti all’applicabilità del raddoppio, subordinandolo alla presenza delle seguenti condizioni, nell’ambito delle quali non figura l’archiviazione della notizia di reato. La Corte Costituzionale aveva infatti chiarito che:
- il raddoppio dei termini non è subordinato alla effettiva presentazione della denuncia o dall’inizio dell’azione penale, ma consegue dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale;
- l’obbligo di denuncia sorge anche ove sussistano cause di non punibilità impeditive della prosecuzione delle indagini penali e il cui accertamento resti riservato all’autorità giudiziaria penale;
- non è necessario per legittimare il raddoppio dei termini un accertamento definitivo sulla sussistenza del reato;
- l’obbligo di denuncia opera quando si sia in grado di individuare con sicurezza gli elementi del reato da denunciare, ad esclusione delle cause di estinzione e di non punibilità, quest’ultime sottoposte alla valutazione della sola autorità giudiziaria;
- è obbligo del pubblico ufficiale presentare prontamente la denuncia penale, non potendo costui liberamente valutare se e quando presentarla;
- grava sul giudice tributario l’obbligo di vagliare d’ufficio, o su istanza del contribuente, la presenza dell’obbligo di denuncia.
E’ pertanto indifferente ai fini della operatività del raddoppio che il gip abbia archiviato il procedimento penale poiché “gli elementi acquisiti non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio”. Una conclusione differente contrasterebbe con la littera legis che non contempla l’archiviazione quale causa ostativa alla applicabilità del raddoppio, e con il principio del doppio binario.
È la prima volta che la Corte di Cassazione si pronuncia in merito alla applicabilità del raddoppio dei termini in caso di archiviazione. La questione, in passato, invero, era stata trattata da alcune Corti di merito che erano pervenute a risultati differenti. In senso più garantista al contribuente, la Commissione Tributaria Provinciale di Torino, con la sentenza dell’8 giugno 2011, n. 97/15/2011, secondo cui per definire l’operatività del raddoppio, occorrerebbe vagliare anche l’esito del procedimento penale nel frattempo instaurato. Secondo i giudici torinesi, “non si tratta di violare il cosiddetto “doppio binario”, ma di considerare il motivo per cui il procedimento/processo penale ha avuto esito favorevole al contribuente”, giacchè “se un fatto non costituisce reato in quanto trattasi di notizia di reato infondata, non sussiste nemmeno l’obbligo di invio della denuncia”.
In maniera difforme si sono pronunciate altre Corti di merito. In particolare, la Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, (sent. 11 aprile 2012 n. 44), la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, (sent. 5 ottobre 2012, n. 507), e la Commissione Tributaria Provinciale di Forlì (sent. 3 agosto 2009, n. 87) che hanno ritenuto operante il raddoppio dei termini di accertamento a prescindere dalle successive vicende del giudizio penale conseguenti alla denuncia, proprio in virtù del principio del doppio binario sussistente tra contenzioso tributario e procedimento penale.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in rassegna, aderisce a quest’ultimo orientamento “pro fisco”.
Pur trattandosi, tuttavia, della prima sentenza dei giudici di legittimità in tema dei rapporti tra raddoppio dei termini e archiviazione della notitia criminis, sembra che la giurisprudenza si stia orientando in senso meno garantista nei confronti del contribuente, in considerazione, altresì, anche dei recenti paletti posti dalla legge delega 23/2014, secondo cui il raddoppio sarebbe ammesso “a condizione che la denuncia sia presentata o trasmessa entro la scadenza ordinaria dei termini”, richiamata dalla stessa Cassazione proprio nel tentativo di avvalorare l’interpretazione restrittiva fornita dalla Consulta.
Non resta, pertanto, che attendere ulteriori pronunce di legittimità sulla questione per verificare se si potrà parlare a breve di orientamento consolidato.