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Giurisprudenza

La Cassazione sul contratto di leasing immobiliare traslativo

28 Febbraio 2024

Cassazione Civile, Sez. III, 13 febbraio 2024 n. 3930 – Pres. Travaglino, Rel. Cricenti

Di cosa si parla in questo articolo

La Terza Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 3930 del 13 febbraio 2024 (Pres. Travaglino, Rel. Cricenti) ha affermato un triplice principio di diritto in tema di leasing immobiliare traslativo, con specifico riferimento:

  • all’usurarietà degli interessi di mora pattuiti
  • all’eventuale nullità della clausola disciplinante gli effetti dell’inadempimento dell’utilizzatore, che consente in particolare alla banca concedente di trattenere le rate già corrisposte e di ottenere altresì il pagamento di quelle ancora da corrispondere
  • alla possibile nullità della clausola di determinazione degli interessi per indeterminatezza

Quanto alla prima questione, la Corte afferma nuovamente l’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori statuiti nel contratto di leasing immobiliare, statuendo il seguente principio di diritto:

La disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell’ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.) non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 2, comma 1, della l. n. 108 del 1996, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali; ne consegue che, in quest’ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell’art. 2 sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l’indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il Tasso effettivo globale (T.e.g.) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il T.e.g.m. così come rilevato nei suddetti decreti.

La Corte affronta poi la questione dell’illegittimità della pretesa della Banca di trattenere le rate già corrisposte e di ottenere il pagamento inoltre di quelle da corrispondere, previsto da una clausola del contratto di leasing immobiliare (traslativo) in caso di inadempimento dell’utilizzatore.

Secondo la Corte, trattandosi di un leasing immobiliare di tipo traslativo, e pur essendo stato risolto il contratto prima dell’entrata in vigore della legge n. 124 del 2017, andava comunque applicato in via analogica l’art. 1526 c.c. (richiamando sul punto la sentenza delle Sezioni Unite n. 2061/2021), con la conseguenza che il giudice avrebbe dovuto valutare l’equilibrio delle posizioni in caso di inadempimento dell’utilizzatore.

In sostanza, nel caso de quo, il giudice di merito ha errato nel ritenere prevalente la pattuizione contrattuale e comunque del tutto irrilevante la previsione legislativa.

Questo il principio di diritto espresso:

Ai contratti di leasing traslativo risolti anteriormente all’entrata in vigore della l. n. 124 del 2017, in assenza di una regolazione legislativa, si applica in via analogica la disciplina dell’art. 1526 c.c.; di conseguenza, la clausola che, in ipotesi di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, attribuisce al concedente il diritto di trattenere i canoni pagati ed impone all’utilizzatore di corrispondere quelli scaduti non è, di per sé, affetta da nullità, atteso che l’utilizzatore, una volta pagato il dovuto e restituito il bene, ha diritto di vedersi restituiti i canoni versati corrispondendo l’equo compenso, fermo restando il potere officioso del giudice di ridurre l’indennità ai sensi del secondo comma dell’art. 1526 c.c. in caso di definitiva acquisizione al concedente delle rate corrisposte.

Infine, la Corte si sofferma sulla nullità per indeterminatezza della clausola concernente il calcolo degli interessi.

I giudici di merito, conclude la Corte, hanno errato nell’escludere che la normativa che impone di indicare i criteri di calcolo dell’interesse si applichi anche ai contratti di leasing, affermando il seguente principio di diritto:

In tema di leasing immobiliare, la mancata indicazione, nel contratto, del “tasso leasing” non determina la violazione dell’art. 117, comma 4, T.U.B. ove lo stesso sia determinabile per relationem, con rinvio a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, obiettivamente individuabili, senza alcun margine di incertezza né di discrezionalità in capo alla società di leasing, dovendosi individuare la ratio della norma nell’esigenza di salvaguardia del cliente sul piano della trasparenza, declinata in senso economico, essendo trasparente il contratto che lascia intuire o prevedere il livello di rischio o di spesa del contratto di durata.

La Corte ha quindi cassato la decisione impugnata, rinviando alla Corte d’Appello per l’applicazione dei suddetti principi di diritto.

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