Con ordinanza n. 4150 del 15 febbraio 2024, la Cassazione (Pres. Sestini, Rel. Condello) ha affermato che non può esservi cessione d’azienda per effetto del solo trasferimento della licenza, dal momento che non è consentita l’identificazione tra l’azienda e la licenza (nel caso di specie di autotrasporto per conto terzi).
Nel caso di specie le parti avevano stipulato un contratto di cessione di ramo d’azienda con cui – a dispetto del nomen iuris – non era stato trasferito alcun bene mobile o immobile idoneo all’esercizio di attività di impresa, ma invece le parti si erano limitate a concordare la vendita della mera licenza di autotrasporto di cose per conto dei terzi (licenza peraltro indispensabile per poter svolgere tale attività ai sensi dell’art. art. 2 comma 227 della legge n. 244/2007).
In questo contesto gli ermellini hanno statuito che il contratto con cui le parti concordano la cessione della mera licenza di autotrasporto di cose per conto di terzi non configura una cessione d’azienda, intesa ai sensi dell’art. 2555 c.c. come “il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.
Ciò in quanto la licenza ha carattere personale, perché implica una valutazione dell’autorità amministrativa in ordine all’esistenza dei requisiti soggettivi dei quali deve essere dotata la parte che intende svolgere quella determinata attività (nel caso specifico, l’autorità amministrativa avrebbe dovuto verificare anche la sussistenza degli ulteriori requisiti di ‹‹onorabilità, capacità professionale›› richiesti dall’art. 2 comma 227 della legge n. 244/2007).
Pertanto, l’autorizzazione, non essendo un bene suscettibile di atti di disposizione negoziali privati, è intrinsecamente inadatta ad essere ricompresa tra gli elementi materiali o immateriali il cui insieme costituisce l’azienda: elementi che, semmai, dell’autorizzazione amministrativa possono rappresentare un oggettivo presupposto, ma solo in quanto integrati dai requisiti soggettivi di cui si è sopra detto.