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Approfondimenti

La clausola claims made nell’evoluzione della giurisprudenza della Cassazione

11 Giugno 2019

Massimo Lembo, Professore a contratto di diritto dei prodotti bancari e assicurativi, Università di Udine

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

La c.d. clausola “a richiesta fatta” (claims made), sviluppatasi da tempo nella prassi assicurativa internazionale, è sempre più frequentemente inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile, normalmente di tipo professionale a fronte di errori professionali, prevalentemente di tipo medico [1].

Tramite questa clausola (o, se si preferisce, questo tipo di clausole), che definisce l’oggetto del contratto assicurativo, più che porre limiti alla responsabilità dell’assicuratore, si assicura una responsabilità caratterizzata dal possibile verificarsi di sinistri anche molto distanti nel tempo rispetto all’emergere dell’evento lesivo (si pensi, per esempio, ad un danno di tipo ambientale), comunque circoscritti ad un dato ambito temporale, in una visione di rischio calcolato.

La giurisprudenza della Cassazione se ne è recentemente occupata evidenziando una serie di aspetti, non ultimo quello che ne consente l’innesto nell’ordinamento italiano, incentrato sul principio dell’insorgenza del danno (loss occurency) ex art. 1917 comma 1 cc., norma da ritenere – peraltro – derogabile per volontà delle parti.

Nel contempo, si è affermata la compatibilità della clausola rispetto al tema del c.d. rischio putativo (art. 1895 cc. che tratta dell’inesistenza del rischio) e se ne è esclusa la illiceità sic et sempliciter dovendosi verificare la “meritevolezza in concreto”.

Preliminarmente si comprende come una eccessiva compressione del periodo coperto dalla assicurazione possa tradursi in una scarsa o nulla efficacia concreta della stessa.

2. Le tipologie

Venendo più allo specifico, pur nella varietà delle possibili formulazioni contrattuali, si distinguono clausole claims made pure (da ritenersi oggi sempre lecite [2]) ed impure o miste: le prime sono caratterizzate per coprire tutte le richieste risarcitorie pervenute durante la vigenza contrattuale a prescindere da quando si sia verificato il sinistro, quindi con efficacia retroattiva senza buchi di copertura, le seconde dal fatto che il sinistro si verifichi non oltre una certa data pur successiva alla vita del contratto, quindi con una retroattività definita. Di queste seconde è discussa la riconducibilità allo schema dell’art. 1917 cc. che parla di “fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione” oltre alla compatibilità con l’art. 2965 cc. (decadenze stabilite contrattualmente) [3], con il principio di certezza del diritto e con la successione temporale nel tempo di più polizze [4].

Una clausola in base alla quale l’assicuratore si obbliga a tenere indenne (manlevare o “rilevare”) l’assicurato dalle conseguenze dannose di fatti illeciti da lui commessi anche prima della stipula è compatibile (e non è nulla per violazione dell’art. 1895 cc.) con le clausole che pongano a carico dell’assicurato l’obbligo di rendere dichiarazioni complete e veritiere sulle circostanze relative alla rappresentazione del rischio al momento della sottoscrizione della polizza [5]; saranno, infatti, applicabili, i rimedi codicistici delle dichiarazioni inesatte o reticenti. Inoltre, la clausola claims made in virtù della quale l’assicuratore si obbliga a tenere indenne l’assicurato dalle conseguenze dannose dei fatti illeciti da questi commessi anche prima della stipula, se per essi gli sia pervenuta una richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato durante il tempo per il quale è stata stipulata l’assicurazione, è valida ed efficace mentre spetta al giudice stabilire, caso per caso, se la clausola abbia o meno natura vessatoria ex art. 1341 cc. [6].

3. Il primo arresto della Cassazione a sezioni unite

Le Sezioni Unite, in riferimento alla predetta clausola, hanno fissato i seguenti punti fermi:

  1. la previsione che tanto il fatto illecito quanto la richiesta di indennizzo debbano avvenire durante la vita del contratto di assicurazione o entro un termine successivo ma predeterminato (clausola claims made mista) in sé non è vessatoria;
  2. il c.d. patto claims è volto a stabilire quali siano i sinistri indennizzabili e, in tal modo, delimita l’oggetto del contratto più che la responsabilità dell’assicuratore;
  3. nell’assicurazione di responsabilità civile l’estensione della copertura alle responsabilità dell’assicurato scaturenti da fatti commessi prima della stipula del contratto non fa venire meno l’alea se al momento del raggiungimento del consenso le parti e, in specie, l’assicurato ne ignoravano l’esistenza;
  4. la clausola claims made con garanzia pregressa (c.d. assicurabilità dei fatti pregressi) è lecita perché afferisce ad un solo elemento del rischio garantito, cioè la condotta colposa già posta in essere, restando invece impregiudicata l’alea dell’avveramento progressivo degli altri elementi costitutivi dell’impoverimento patrimoniale del danneggiante-assicurato; la clausola, inoltre, è compatibile con l’art. 1895 cc. sia con l’art. 1904 cc. (interesse all’assicurazione);
  5. questa clausola non è incompatibile con l’assicurazione contro la responsabilità civile anche se si pone come atipica rispetto allo schema dell’art. 1917 cc. che non è norma inderogabile; ma,
  6. va coordinata con l’obbligo di assicurarsi da parte del professionista nell’interesse del cliente terzo danneggiato;
  7. la clausola può, comunque, essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza – da giudicare caso per caso – oppure, ove applicabile la disciplina del d. lgs. n. 206/2005 (codice del consumo), perché determina a carico dell’assicurato un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto [7];
  8. La clausola claims è, alla fine, una modalità di regolamentazione del rischio assicurato anche ai fini della riassicurazione.

4. Il secondo arresto della Cassazione

La Cassazione è poi ritornata in argomento ribadendo che, per i danni richiesti in un secondo tempo, l’avvenuta scadenza della polizza non fa venire meno la copertura assicurativa e, in particolare, una clausola che escludesse tutti i danni causati dall’assicurato in prossimità della scadenza del contratto finirebbe per attribuisce all’assicuratore un vantaggio ingiusto e sproporzionato senza contropartita, quindi non meritevole di tutela ex art. 1322 comma 2 cc (si trattava nello specifico di un’azienda ospedaliera assicurata per gli interventi chirurgici dei suoi medici) [8].

La Corte, nel ribadire che la clausola claims made non deve considerarsi vessatoria, e quindi non va specificamente approvata per iscritto, in quanto il suo unico fine è quello di circoscrivere l’oggetto della copertura assicurativa descrivendo meglio il rischio assicurato, ha ulteriormente precisato che le clausole claims “pure” sono tendenzialmente meritevoli di tutela in quanto comportano vantaggi e svantaggi reciproci per il danneggiato e per l’assicurato [9].

Sono vessatorie, e quindi nulle, ai sensi dell’art. 33 comma 2 lettera q. del d. lgs. n. 206/2005, le clausole che subordinano il pagamento dell’indennizzo ad adempimenti eccessivamente onerosi da parte del beneficiario, tra le quali la produzione di relazione medica sulle cause della morte o delle cartelle cliniche relative ai ricoveri subiti dall’assicurato [10].

Sintetizzando: le clausole claims made sono assolutamente legittime e meritevoli di tutela. Per quanto riguarda le sole clausole c.d. impure, se sono prive di retroattività o se sono dotate di scarsa o scarsissima retroattività, possono presuntivamente ritenersi nulle per immeritevolezza, salvo prova contraria [11]. Per le imprese di assicurazione, quindi, si è aperto e si pone il problema di (ri)determinare i “rischi aperti” (in relazione alle riserve di legge e di vigilanza) alla luce del nuovo quadro normativo.

5. La legge sulla concorrenza

La legge n. 24/2017, c.d. legge sulla concorrenza, ha innovato parzialmente questa materia con riferimento all’assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio della propria attività professionale; è stato, infatti, introdotto – nelle condizioni generali di contratto – l’obbligo di un periodo di ultrattività delle coperture per le richieste di risarcimento danni entro i 10 anni (quindi nel rispetto del termine prescrizionale ordinario) successivi alla fine del contratto e riferite a fatti generatori di responsabilità verificatisi nel periodo di operatività della copertura stessa; e ciò vale anche per le polizze in corso. Il contratto di assicurazione con clausola claims diventa un contratto nominato nell’ambito della responsabilità sanitaria (la struttura sanitaria e gli esercenti la stessa) e degli avvocati e recupera i concetti della “causa in concreto” ed il principio della buona fede. La garanzia assicurativa prevede, come detto, una operatività temporale anche per eventi accaduti, come minimo, nei 10 anni precedenti e nei 10 anni successivi alla fine della polizza; l’art. 12 della legge consente al paziente danneggiato una azione diretta contro la Compagnia garante dell’azienda sanitaria o dell’operatore sanitario libero professionista. Risulta anche possibile estendere la copertura ai c.d. costi difensivi, cioè le spese tecniche e legali da sostenere in caso di giudizio. La riforma prevede altresì un fondo di garanzia per i sinistri c.d. med mal (oltre i massimali stipulati o in caso di insolvenza della Compagnia assicuratrice). Le imprese di assicurazione dovranno – in assenza di dati certi – decidere come “coprire” questo nuovo tipo di rischio.

6. Il terzo arresto della Cassazione

Con l’ordinanza 16.1.2018 n. 1465 [12], la Cassazione ha trasmesso nuovamente gli atti per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite con riferimento a due ulteriori aspetti rispetto a quanto in precedenza esaminato e cioé:

  1. se sia lecito convenire che per sinistro debba intendersi un evento diverso dalla causazione del danno a terzi da parte dell’assicurato-responsabile quale la richiesta da parte sua di un risarcimento proveniente dal danneggiato; si tratta, quindi, della nozione di sinistro (ma anche, in certa misura, di quella di rischio assicurabile);
  2. se il patto atipico di esclusione dell’indennizzo per le richieste postume, nella parte in cui esclude il diritto dell’assicurato all’indennizzo quando la richiesta di risarcimento gli pervenga dal terzo dopo la scadenza del contratto, debba considerarsi o meno diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.

In attesa di questo chiarimento, si possono – tuttavia – fissare le seguenti ulteriori conclusioni:

  1. lo schema legale dell’art. 1917 cc. e quello oramai “tipico”, derogatorio, claims made hanno in comune il concetto di sinistro che è costituito dal fatto illecito dell’assicurato (contrattuale o extracontrattuale), cioè il fatto idoneo a provocare il danno;
  2. i due schemi divergono in ordine alle conseguenze dannose suscettibili di essere provocate dallo stesso sinistro: nello schema legale esse attengono all’insorgenza dell’obbligo che è contestuale al sinistro, nello schema claims made all’escussione dell’obbligo che, viceversa, può verificarsi in un lasso di tempo anche notevole. In tal caso, la richiesta risarcitoria del terzo non incide tanto sul sinistro quanto sul concetto di rischio assicurabile, vale a dire sull’oggetto del contratto [13].

7. Il quarto arresto delle Sezioni Unite

Da ultimo, le sezioni unite della Cassazione sono tornate in argomento con la sentenza 24.9.2018 n. 22437, abbandonando la tesi della meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti e spostando l’attenzione sulla “causa in concreto”, precisando che la tutela invocabile dal contraente assicurato può investire diversi piani, dalla fase che precede la conclusione del contratto sino a quella dell’attuazione del rapporto, con l’attivazione dei rimedi pertinenti (responsabilità precontrattuale, nullità anche parziale per difetto di causa in concreto) [14].

Si può, conseguentemente, trarre un orientamento attendibile ? Forse si, ma con alcuni dubbi. Ci sono, tuttavia, sicuramente dei punti che possono considerarsi fermi.

  1. Le clausole claims made sono divenute la tipologia dominante in alcuni settori dell’assicurazione sulla responsabilità civile ove siano presenti danni c.d. lungolatenti [15].
  2. In linea generale, dette clausole sono legittime perché non stravolgono il concetto di sinistro di cui all’art. 1882 cc. ancorché vadano sottoposte ad uno scrutinio di meritevolezza ex art. 1322 cc. da svolgersi secondo il principio della causa in concreto applicando i canoni previsti dagli artt. 183-187 del CAP.
  3. Al profilo della trasparenza e della informazione va aggiunto quello della adeguatezza del contratto (art. 183 comma del CAP) alle esigenze dell’assicurato [16].
  4. Il concetto di “sinistro” viene confermato quale evento avverso, pregiudizievole e non voluto.
  5. Il rischio assicurabile, ed il correlato obbligo indennitario assunto dall’assicuratore, risultano composti dalla combinata ricorrenza della condotta del danneggiante e dalla richiesta del danneggiato per cui il riferimento pattizio al momento della richiesta del danneggiato va considerato in termini di mera delimitazione del rischio assicurato.

 

 



[1] Altro aspetto da ben valutare è ricollegato alle assicurazioni obbligatorie per la responsabilità professionale; si pensi al recentissimo esempio rappresentato dalla responsabilità medica di cui alla legge 8.3.2017 n. 24 (c.d. legge Gelli) che ha introdotto la copertura assicurativa obbligatoria per la responsabilità civile verso terzi per le Aziende sanitarie e per i singoli esercenti la professione sanitaria, medici, infermieri per errori compiuti (art. 10). La Cassazione, a sezioni unite, con sentenza n. 8770/2018 ha precisato che la non punibilità ai sensi dell’art. 590 sexies c.p. scatta se il sanitario abbia cagionato l’evento lesivo per colpa da imperizia pur essendosi attenuto alle linee guida previste per il caso di specie.

[2] PAGNI, Le claims made e le Sezioni Unite: spunti operativi tra questioni risolte e questioni aperte in dirittobancario.it, 2016.

[3] “E’ nullo il patto con cui si stabiliscono termini di decadenza che rendono eccessivamente difficile ad una delle parti l’esercizio del diritto”.

[4] BARBA, Spunti dal Convegno del 7 luglio 2016 sulle clausole claims made in dirittobancario.it, 2016. LOCATELLI, Clausole claims made, rischio e successione di polizze in Responsabilità civile e previdenza, 2014, 829.

[5] Cass. 22.3.2013 n. 7273 in I Contratti, 2013, 884 (nello specifico, aver taciuto l’esistenza di un errore professionale ha determinato l’annullamento del contratto per reticenza e informazioni inesatte).

[6] Cass. 17.2.2016 n. 3622 in www.ilcaso.it. Quindi, di per sé la clausola non può essere definite vessatoria ex art. 1341 cc. in quanto delimita l’oggetto del contratto (in deroga all’art. 1917 comma 1 cc.) e non introduce limitazioni di responsabilità (Trib. Bologna, 12.8.2016, giudice Costanzo, in www.ilcaso.it che si conforma alla decisione delle sezioni unite di maggio 2016, vedi infra). In merito occorre chiarire che le clausole che subordinano la operatività della garanzia assicurativa alla adozione da parte dell’assicurato dii determinate misure di sicurezza e alla osservanza di oneri diversi, non realizzano una limitazione di responsabilità dell’assicuratore ma individuano e delimitano l’oggetto del contratto ed il rischio dell’assicuratore stesso (Cass. ord. 8.6.2017 n. 14280 in Guida al diritto, n. 34, 2017, 40).

[7] Cass. ss.uu. 6.5.2016 n. 9140 in Banca borsa e titoli di credito, 2016, II, 643 con commento di CORRIAS e in Giurisprudenza italiana, 2016, n. 12. 2602 con commento di MAGNI. Vedi anche FERMEGLIA, Le sezioni unite confermano se stesse sulla natura della clausola claims made, nota a Cass. sez. u. sent. 2.12.2016 n. 24645 in Nuova giurisprudenza civile commentata, 2017, n. 5, I, 619 e ss., ed in Danno e responsabilità, 2016, 929 e ss. con commenti di GAZZARA, ALLAVANZA, HAZAN, in Giurisprudenza commerciale, 2017, II, 992 con commento di MUGAVERO nonché Cass. 11.1.2017 n. 417 in Guida al diritto, 12/2017, 90. Vedi anche DELFINI, Controllo di meritevolezza ex art. 1322 cc. e clausole claims made nella assicurazione r.c. professionale in Nuove leggi civili commentate, 2017, n. 5, 893 e ss.

[8] Cass. 28.4.2017 n. 10509 in Il Foro italiano, 2017, I, 3114, con commento di COSTANZA, nonché in Banca borsa e titoli di credito, 2017, II, 667 con commento di DE LUCA In particolare si afferma la nullità per immeritevolezza di tutela della clausola che imponga per la validità della copertura il fatto che tanto il danno quanto la richiesta di risarcimento vadano formulati nel periodo di validità dell’assicurazione. La meritevolezza è un metro di valutazione per temperare le iniquità che alcune specie di contratti, tipici o atipici, possono generare. In estrema sintesi, la clausola claims è lecita ma entro certi limiti posti al suo contenuto e non deve realizzare un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore. Conforme Cass. 28.4.2017 n. 10506.

[9] Cass. 23.11.2017 n. 27867.

[10] App. Reggio Calabria, 18.2.2016 n. 28 in www.ilcaso.it .

[11] FORTINA, Qual è l’oggetto di una clausola claims made e perché alcune di queste clausole, quelle impure, sono presuntivamente nulle in www.ilcaso.it, 8.5.2017, 9. Dal sinistro, come elemento essenziale, ci si sposta alla denuncia del sinistro. In particolare, circa la sostituzione della clausola claims made impura con lo schema codicistico ex art. 1917 cc., si veda Trib. Udine, 3.5.2017 n. 613 cit. ivi, 8.

[12] in Il Foro italiano, 2018, I, 452 con commento di PALMIERI.

[13] CORRIAS, Claims made, rischio e sinistro nell’assicurazione della responsabilità civile: prime riflessioni alla luce dell’ordinanza di rimessione n. 1465/2018 in Rivista di diritto bancario, 5, 2018.

[14] In Il Foro italiano, 2018, I, 3511 e ss. con commenti di PALMIERI e PARDOLESI, di CANDIAN e di TASSONE . Il tema della causa in concreto è stato oggetto di numerose decisioni, anche a livello di Corte di Cassazione, in materia di contratti derivati a riprova di quanto l’argomento sia avvertito. E non è casuale, sempre in tema di contratti derivati, l’attenzione posta su un altro tema: la meritevolezza del contratto ex art. 1322 cc. cui si è accennato nel testo.

[15] La locuzione è di CANDIAN, op. cit., 3519.

[16] Concetti oggi rafforzati, con il recepimento della IDD dagli artt. 119 ter del CAP e 58 del regolamento Ivass n. 40/2018 (valutazione delle richieste ed esigenze del contraente) secondo cui “i distributori sono tenuti a proporre contratti coerenti con le richieste ed esigenze di copertura assicurativa e previdenziale del contraente o dell’assicurato”..

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