Il ricorrente si rivolge alla Suprema Corte per vedere cassata la sentenza di patteggiamento emessa nei suoi confronti da Tribunale di Torino il 25 ottobre 2016 per i reati di false comunicazioni sociali di cui all’art. 2622 c.c. e manipolazione di mercato ex art. 185 T.U.F.
La parte ha lamentato la violazione dell’art. 129 c.p.p. a proposito del mancato proscioglimento in ordine al reato di cui all’art.185 T.U.F. per improcedibilità dell’azione penale conseguente a bis in idem ex 649 c.p.p., art. 4 del prot. 7 CEDU o art. 50 CDFUE, in quanto era già stata sottoposta a procedimento sanzionatorio dianzi alla Consob, all’esito del quale si era visto irrogare la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria e la sanzione interdittiva di mesi quattro ex art. 187-quater T.U.F.
La Suprema Corte respinge il ricorso, considerando come le recenti evoluzioni più significative della giurisprudenza sovranazionale (Sentenza A. e B. contro Norvegia; gli interventi di marzo 2018 della CGUE con le Sentenze Menci, Garlsson Real Estate SA c/ Consob e Di Puma c/ Consob e Zecca c/ Consob) – e di conseguenza quella nazionale – sul doppio binario sanzionatorio abbiano ridisegnato la portata dell’art. 4, prot. 7 CEDU e dell’art.50 della CDFUE sul divieto di bis in idem rispetto alla materia degli illeciti formalmente amministrativi ma sostanzialmente penali.
Alla luce di quanto sopra, la Corte sostiene che il principio del bis in idem operi ora sulla base di un apprezzamento da parte del Giudice nazionale circa il nesso che lega il procedimento penale e quello solo formalmente amministrativo e che il criterio eminente per affermare o negare il legame tra detti procedimenti è quello relativo all’entità della sanzione complessivamente irrogata ed alla sua proporzionalità rispetto ai fatti che intende punire
Dopo le sentenze Menci e Garlsson Real Estate è chiaro, secondo la Cassazione, che il doppio binario sanzionatorio in materia di manipolazione di mercato non è violativo, ex se, dell’art. 50 CDFUE, ma che occorre valutare, in ultima analisi, se le sanzioni oggetto del cumulo siano, rispetto alla fattispecie concreta, proporzionate alla gravità del fatto commesso e che, solo in caso di sproporzione può discutersi della necessità di prosciogliere l’imputato per bis in idem – nei casi limite – ovvero di rimodulare la risposta sanzionatoria.
La mancata ricorrenza di un caso estremo di sproporzione impedisce di ritenere che vi possano essere implicazioni favorevoli per l’imputato in ragione dell’applicazione diretta della norma dell’articolo 50 CDFUE. Osserva infatti la Corte che la tenuta del doppio binario sanzionatorio è suscettibile di “saltare” solo laddove nel concreto la prima delle sanzioni irrogate sia già proporzionata, efficace e dissuasiva rispetto al fatto commesso, sicché non può esservi spazio nel giudizio di legittimità per un annullamento che miri a censurare la mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p. in fase di merito per bis in idem eurounitario.
Infine, sulla applicazione analogica, in tesi convenzionalmente orientata, dell’art. 649 c.p.p. anche alla materia dei rapporti tra illecito amministrativo (sostanzialmente penale) e illecito formalmente penale è – secondo la Corte – da escludere che vi possa essere implicazione automatica alcuna tra la convergenza sullo stesso fatto delle sue sanzioni e l’improcedibilità della fattispecie penale di manipolazione del mercato, dovendo invece esservi una verifica concreta rispetto ai nuovi parametri individuati dalla Corte EDU verifica che può condurre (come nel caso di specie) all’esclusione di un contrasto del doppio binario sanzionatorio con l’art.4, prot. 7 CEDU.