È incompatibile con il diritto dell’Unione Europea per violazione del principio di libera circolazione dei capitali di cui all’art. 63 del TFUE una normativa di uno Stato Membro che preveda l’assoggettamento a ritenuta alla fonte dei dividendi distribuiti da società residenti a fondi pensione di diritto pubblico non residenti, esentando da imposizione, invece, quelli erogati ad omologhi residenti.
In questi termini si è espressa la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza del 29/07/2024 – causa C-39/23, nell’ambito di una controversia instaurata da tre fondi pensione finlandesi avverso il diniego dello Skatteverket (i.e l’amministrazione finanziaria della Svezia) alla richiesta di rimborso dell’imposta applicata sui dividendi a queste distribuiti da società svedesi tra il 2003 e il 2006.
Istanza fondata sulla denunciata discriminazione di trattamento – ex art. 63 del TFUE – rispetto agli analoghi enti di diritto svedese che, diversamente, godono dell’integrale esenzione sui dividendi percepiti, cui lo Skatteverket ha opposto, “a giustificazione”, la non oggettiva comparabilità delle situazioni, posto che i fondi pensione nazionali devono considerarsi parte dello Stato e, dunque, tale trattamento fiscale mirerebbe ad evitare un flusso circolare delle risorse pubbliche.
I giudici svedesi investiti della controversia hanno così sottoposto alla CGUE le questioni pregiudiziali:
- sull’effettiva sussistenza di una discriminazione di trattamento tra gli istituti pensionistici di diritto pubblico svedese e quelli non ivi residenti, idonea ad integrare una restrizione della libera circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 63 del TFUE,
- eventualmente verificando le esimenti della “comparabilità oggettiva” delle situazioni e dei motivi imperativi di interesse generale di cui all’art. 65 del TFUE.
La Corte ha accertato, in primo luogo, l’evidente discriminazione tra fondi pensione residenti e non residenti, certificando come tale disparità risulti idonea a dissuadere questi ultimi dall’effettuare investimenti in società stabilite in Svezia.
Sul punto, le tesi difensive dello Skatteverket – basate sull’articolo 24 del Modello OCSE, che consente vantaggi fiscali differenziati per gli enti pubblici nazionali degli Stati sottoscrittori senza obbligo di reciprocità, e sull’autonomia degli Stati Membri nell’organizzazione dei propri sistemi previdenziali – sono state integralmente rigettate, poiché ritenute inidonee a sottrarsi agli obblighi sanciti dal TFUE.
Le situazioni sono state poi ritenute “oggettivamente comparabili” – stante la comunanza di obiettivo sociale, di funzione nonché di organizzazione giuridica dei fondi pensione svedesi e finlandesi – ed è stata dichiarata l’assenza di motivi imperativi di interesse generale, respingendo le argomentazioni di “ordine amministrativo”, sulla circolarità dei flussi economici dello Stato svedese, e sulla ripartizione equilibrata della potestà impositiva degli Stati, ritenuta inconferente con il caso di specie.
In definitiva, la normativa fiscale svedese sul (differente) regime impositivo dei dividendi distribuiti da società ivi ubicate a fondi pensione, residenti e non residenti, è stata censurata perché in contrasto con il principio di libera di circolazione dei capitali, in quanto idonea a dissuadere sia soggetti non residenti ad effettuare investimenti in Svezia sia enti svedesi ad investire in altri Stati Membri.
Si segnala infine che il dibattito sul regime fiscale dei dividendi percepiti dai fondi pensione ha riguardato anche l’Italia che, a seguito della procedura d’infrazione n. 2006/4094 della Commissione Europea, ha modificato l’art. 27 del d.P.R. 600/1973 (vigente tra il 2002 ed il 2009) allineando il regime impositivo dei fondi pensione istituiti negli altri Stati Membri e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo a quella dei fondi domestici.