La mera apposizione di un vincolo di destinazione non comporta un incremento patrimoniale significativo di un reale trasferimento di ricchezza, con la conseguenza della non ravvisabilità della forza economica e della capacità contributiva richiesta ex art. 53 Cost ai fini del prelievo fiscale.
Il predetto principio, espresso dalla sentenza qui in analisi, appare in perfetta linea di continuità con le più recenti pronunce della Corte in materia.
Nel caso de quo, il contribuente impugnava in primo grado un avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate liquidava a suo carico l’imposta sulle donazioni, con aliquota pari alll’8% sul valore dei beni costituiti in un trust, rispetto al quale il disponente si nominava trustee.
L’impugnazione dinanzi al giudice di prime cure non sortiva alcun effetto positivo, dal momento che a parere della commissione tributaria, anche se gli immobili risultavano intestati al disponente, si realizzava comunque una segregazione di beni tali da costituire un trasferimento di diritti immobiliari.
Diversamente, il giudice di secondo grado accoglieva l’appello del contribuente, motivando la propria decisione sul presupposto che la costituzione di un vincolo di destinazione non comportasse un arricchimento o un incremento patrimoniale e che, in dette fattispecie, il momento impositivo coincide con il trasferimento dei beni dal trustee al beneficiario e, viceversa, non con quello dal disponente al trustee, come invece avvenuto nel caso di specie.
Tali motivazioni trovavano avallo nelle conclusioni del Collegio di Legittimità adito che, con la pronuncia in commento, respingeva il ricorso presentato dall’ufficio per violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 47, del d.l. 262/2006.
In premessa la Corte rileva come la posizione dell’Ufficio trovi riscontro nella prassi amministrativa (circolare 48/E del 6 agosto 2007 e 3/e del 22 gennaio 2008), dove è affermato come anche il solo effetto segregativo determini un trasferimento di beni rilevanti ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, coerentemente con l’estensione di questa, da parte dell’art. 2, comma 47, del d.l. 262/2006, alla costituzione di vincoli di destinazione.
Sono poi riportati i due opposti orientamenti della giurisprudenza di legittimità al riguardo, laddove il primo, riguardante sostanzialmente provvedimenti antecedenti al 2006, sposa una interpretazione letterale del d.l. 262, secondo la quale il legislatore avrebbe introdotto una nuova ed autonoma imposta sulla costituzione di vincoli di destinazione, tra cui i trust (in tal senso Cass. 3735/2015, 3737/2015, 3886/2015, 5322/2015, 4 4482/2016).
Il secondo orientamento, ritenuto prevalente, non ravvisando nella costituzione di trust (anche auto dichiarato) effetti traslativi né attributivi in via definitiva al trustee dei beni conferiti, riconosce invece per l’atto costitutivo la sola imposizione in misura fissa ai fini del registro e delle imposte ipotecarie e catastali (Cass. 975/2018).
Gli Ermellini, nell’ambito dell’odierna pronuncia, in adesione a tale ultima impostazione, specificano anzitutto che la costituzione del trust produce un effetto esclusivamente segregante dei beni conferiti, sia perché il trustee ne è solo amministratore (e non proprietario), sia perché detti beni dovranno necessariamente essere trasferiti ai beneficiari come da programma negoziale stabilito.
Non essendoci un arricchimento da intendersi come immediato incremento patrimoniale, mancherebbe dunque il presupposto impositivo dell’imposta sulle successioni e donazioni; tanto più nel trust in forma auto dichiarata, dove l’effetto segregativo si verifica su beni che rimangono in capo allo stesso soggetto.
A giudizio della Corte, l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 2, comma 47, del d.l. 262/2006 suggerisce che il legislatore non abbia voluto definire una nuova imposta, ma tutelarsi dal possibile mancato assoggettamento ad imposizione in presenza di effettivi trasferimenti di beni e diritti mediante costituzione dei predetti vincoli di destinazione.
Un tale ragionamento permette alla Corte di apprestare una soluzione generale, secondo cui in ogni tipologia di trust, l’imposta proporzionale non andrà mai anticipata all’atto istitutivo (salvo il caso in cui l’effetto traslativo sia immediato, ma allora si incrinerebbe la stessa causa negoziale del trust) né a quello di dotazione, ma all’atto di attuazione mediante il trasferimento finale del bene al beneficiario.