La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, ha inteso ribadire i requisiti che il mancato esame di un documento deve possedere affinché rilevi come violazione degli articoli 115 c.p.c. e 360, primo comma, n. 5 c.p.c., sotto il duplice profilo, rispettivamente, del vizio di legittimità e del vizio di motivazione.
Orbene, nella fattispecie in questione, un titolare di titoli conveniva in giudizio un istituto di credito, chiedendo il risarcimento dei danni derivanti della diminuzione di valore subita da detti titoli in conseguenza dall’omessa, o comunque tardiva, comunicazione alle società-prodotto degli ordini di disinvestimento impartiti dal titolare.
Il giudice di primo grado, accoglieva la domanda dell’attore e tale pronuncia veniva successivamente confermata dalla Corte d’Appello, la quale ravvisava l’inadempimento, da parte dell’istituto di credito, dell’obbligo di tempestiva comunicazione degli ordini di investimento alle società-prodotto.
In particolare, ai fini che qui rilevano, il giudice di secondo grado aveva ritenuto che l’istituto di credito non avesse in alcun modo dato prova della trasmissione delle disposizioni ricevute dal titolare dei titoli nonostante l’avvenuta produzione in giudizio, da parte dell’istituto di credito, delle raccomandate munite delle relative ricevute di ricevimento contenenti i suddetti ordini di disinvestimento.
Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ha, come si è anticipato, individuato due differenti ambiti di possibile rilevanza dell’omesso esame di un documento.
Infatti, sotto un primo profilo, la Corte rileva che la violazione dell’articolo 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità non automaticamente con riferimento all’apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma soltanto qualora quest’ultimo abbia omesso in assoluto di valutare le prove di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività,salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza.
Con riferimento al secondo profilo, la Corte di Cassazione, ai fini dell’accertamento della violazione dell’articolo 360, primo comma, n. 5 c.p.c., in relazione al vizio di motivazione, ritiene che l’omesso esame di un documento possa rilevare solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia. In particolare, ove il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento.
Da ultimo, gli Ermellini, specificando il principio sovra menzionato, ritengono inammissibile in sede di giudizio di legittimità il ricorso che:
- non contenga l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa; e
- censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam e, dunque, che non sia stata decisiva ai fini della decisione del giudice (i.e. tale argomentazione non può essere oggetto di ricorso per difetto di interesse).
In sostanza, secondo la sentenza in commento, affinché l’omesso esame possa essere dedotto sia come vizio di legittimità sia come vizio di motivazione, il documento dovrà, rispettivamente, essere decisivo per la formazione del convincimento del giudice ed essere stato ritenuto non rilevante dal giudice di merito senza, tuttavia, essere stato valutato.