La facoltà del curatore di sciogliersi dal contratto preliminare di vendita stipulato dal fallito e non ancora eseguito, ai sensi dell’art. 72, comma 4, l.fall., può essere esercitata fino all’avvenuto trasferimento del bene, ossia fino all’esecuzione del contratto preliminare attraverso la stipula di quello definitivo, ovvero fino al passaggio in giudicato della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., e dunque anche nel giudizio di appello: il limite alla proponibilità delle eccezioni in senso proprio, previsto dall’art. 345 c.p.c., non assume infatti rilevanza rispetto al compimento dell’atto in esame, il quale costituisce esercizio di un diritto potestativo di carattere sostanziale e manifestazione di una scelta discrezionale spettante al curatore, che opera direttamente sul contratto e può essere effettuata anche in sede stragiudiziale senza vincoli di forma.
Nel caso di specie, la Suprema Corte, richiamando i principi di diritto statuiti da precedenti pronunce di legittimità (Cass. Civ. 542/2006 e Cass. Civ. 18149/2015) ha ritenuto infondato il ricorso promosso dai ricorrenti, considerando rituale, tempestivo e ammissibile la domanda del curatore diretta a ottenere lo scioglimento del contratto preliminare di compravendita nelle more del giudizio di appello, trattandosi di dichiarazione che può essere effettuata senza vincoli di forma e fino all’avvenuto trasferimento del bene, ossia fino all’esecuzione del contratto preliminare attraverso la stipula di quello definitivo ovvero fino al passaggio in giudicato della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., e dunque anche nel giudizio di appello.