Il presente contributo si sofferma sulle novità del decreto legislativo di recepimento, in consultazione fino al prossimo 29 febbraio, della Direttiva (UE) 2021/2167 (c.d. Secondary Market Directive – SMD) relativa ai gestori e agli acquirenti di crediti deteriorati (NPL).
1. Rinvio e inquadramento
Nella presente nota ci prefiggiamo di portare a conclusione l’analisi – cui rinviamo per completezza, al fine di evitare qui ridondanti superfetazioni – che avevamo inaugurato a ridosso della emanazione della prima “proposta di direttiva”[1] e, successivamente sul testo approvato dal Parlamento Europeo in data 19 ottobre 2021[2] di proposta modificata di direttiva “relativa ai gestori di crediti, agli acquirenti di crediti e che modifica le direttive 2008/48/CE 3 2014/17/UE”[3] (la “Direttiva” o “Direttiva SMD”), infine pubblicata in GUUE, in data 8 dicembre 2021, cui era seguita, a distanza di venti giorni, l’entrata in vigore.
In via generale deve ricordarsi come dalla ricostruzione del quadro disciplinare che emergeva dalla Direttiva SMD poteva già intravvedersi il significativo impatto che si sarebbe potuto determinare sul mercato finanziario italiano, venendosi ad incidere sul vigente articolato sistema di riserve di attività, (i) da un lato, sottoponendo ad un regime autorizzativo e di vigilanza e di regolamentare con una dettagliata disciplina comportamentale tutte le “attività di gestione” di NPL, sin qui sostanzialmente liberamente esercitabili nel nostro ordinamento, (anche se ciò, inspiegabilmente nella Direttiva SMD, non pare dover valere nel caso in cui quelle medesime “attività di gestione” siano svolte “in proprio” da un “acquirente” di quei crediti!) e; (ii) dall’altro lato, liberalizzando sostanzialmente il mercato secondario – l’“acquisto” – di NPL (sin qui irregimentato nei vincoli posti dalla riserva allo svolgimento di attività finanziaria).
Rispetto a tali tendenze di fondo, oggi, alla luce del quadro che pare delinearsi nel decreto legislativo di recepimento (di seguito il “Decreto”), in via di definizione[4] (che avrebbe dovuto essere adottata entro 24 mesi dalla entrata in vigore della Direttiva SMD e, quindi, entro il 29 dicembre 2023) possono segnalarsi alcune rilevanti (inaspettate? coraggiose? discutibili?) opzioni ermeneutiche e di policy adottate dal legislatore italiano, nell’esercitare i margini di discrezionalità concessi dalla Direttiva agli Stati Membri al fine di armonizzare, riarticolandolo, il complessivo – e complesso – quadro domestico di “riserve di attività” oggi vigente in materia.
2. Il mantenimento di un “doppio regime” per l’acquisto e la gestione di crediti
Con l’introduzione, ad opera del Decreto, del nuovo Capo II del Titolo V del TUB (artt. 114.1-114.14) viene recepita la disciplina della Direttiva che, nel suo Titolo I, definisce l’oggetto e l’ambito di applicazione della Direttiva SMD, chiarendo come essa si applichi, agli “acquirenti” e ai “gestori” di “crediti deteriorati”[5] di origine e/o di natura bancaria, in cui cioè: (i) il creditore originario – avendo riguardo al momento della sua “concessione” (“emissione”) – sia una banca (rectius, un “Ente Creditizio” come definito nel Regolamento (EU) n. 575/2013), e che; (ii) tale “contratto di credito” sia da ritenersi “deteriorato” (classificato dunque come tale conformemente all’art. 47 bis del Regolamento UE n.575/2013), prescindendosi invece dalla qualità e dallo status del debitore (pur incidendo ciò su alcuni profili di disciplina).
La definizione accolta nell’art. 114.1 comma 1. lett. a) del Decreto si riferisce invece alla nozione di “crediti in sofferenza” che “indica i crediti concessi da banche e altri soggetti abilitati alla concessione di finanziamenti e classificati in sofferenza secondo le disposizioni attuative della Banca d’Italia”; viene poi opportunamente chiarito nel comma 2 come “ se non diversamente disposto, le norme del presente Capo che fanno riferimento all’acquisto e alla gestione di crediti in sofferenza si applicano anche all’acquisto e alla gestione dei contratti sulla base dei quali il credito in sofferenza è stato concesso”[6] (enfasi aggiunta).
Da un lato, quindi, l’ambito di applicazione della Direttiva – pur in assenza di un esplicito margine di flessibilità concesso sul punto dalla Direttiva – viene esteso da parte del legislatore domestico anche a crediti (quelli di origine non strettamente bancaria) che sono invece esclusi dalla Direttiva SMD, e ciò anche comprensibilmente in base all’ esigenza di non frazionare il quadro di disciplina applicabile al medesimo mercato; opzione che pare legittimamente esercitabile dal legislatore senza violare o frustrare i vincoli normati posti, e gli obiettivi perseguiti, dalla Direttiva. Ampliarne l’ambito di applicazione determina, infatti, da un lato, l’ampliamento della liberalizzazione all’acquisto e, dall’altro, l’estensione della riserva alla gestione per quella tipologia di crediti non strettamente “bancari” che sarebbero altrimenti rimasti soggetti alla riserva domestica all’acquisto ma poi liberamente gestibili fuori dal sistema di riserva introdotto con la Direttiva.
Dall’altro lato, invece, all’opposto, dall’ambito di applicazione della Direttiva SMD – interpretandosi alquanto latamente il margine di flessibilità concesso dall’art. 2, par. 3 della Direttiva – vengono escluse, da parte del legislatore domestico, alcune tipologie di crediti deteriorati, quali quelli “derivanti da contratti di credito non scaduti, ovvero scaduti da meno di 90 giorni, o non risolti conformemente al diritto civile nazionale”; e ciò, implicitamente, come conseguenza dell’adozione della nozione generale di “crediti in sofferenza”[7]. Tale scelta – giustificata dalla peculiarità dei crediti così esclusi, nel richiedere una gestione più dinamica[8] – venendo però operata, come detto, attraverso una più restrittiva perimetrazione della nozione cardine di “crediti in sofferenza”, sortisce l’effetto di non limitarsi ad escludere la liberalizzazione all’acquisto per quelle tipologie di crediti – mantenendosi dunque una riserva in relazione al loro “trasferimento”, cosa consentita dal margine di discrezionalità concesso dall’art.2, par.3 della Direttiva SMD – ma al contempo, in quella che parrebbe una eterogenesi dei fini (?), li sottrae anche al regime di gestione affidata a soggetti autorizzati in base alla riserva introdotta con l’art. 114.3 (!)[9].
Può dunque conclusivamente osservarsi come, per effetto del recepimento della Direttiva, nel nostro ordinamento finanziario verrà a crearsi un “doppio regime”, in relazione alla disciplina dell’acquisto e delle attività di gestione che abbiano ad oggetto “crediti”; e infatti per ogni altro credito di natura diversa da quelli “in sofferenza” di origine “bancari” e “finanziaria”, permarrà vigente l’attuale e diverso sistema di “riserva finanziaria” in relazione al loro acquisto; l’art. 114.3 comma 2 chiarisce infatti come esclusivamente “l’’acquisto a titolo oneroso di crediti in sofferenza da parte di acquirenti di crediti in sofferenza non costituisce attività di concessione di finanziamenti ai sensi dell’articolo 106” mentre la disposizione transitoria di cui all’art. YYY, comma 6 stabilisce conseguentemente come “fino all’entrata in vigore delle modifiche alla disciplina attuativa dell’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, l’attività di acquisto di crediti a titolo oneroso prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015, n. 53, si intende riferita all’acquisto di crediti diversi da quelli classificati in sofferenza ai sensi del Capo II del Titolo V del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385”.
Al contempo, con riferimento alla gestione dei crediti diversi dai “crediti in sofferenza”, non troverà applicazione la nuova riserva di gestione introdotta nell’art. 114.3, comma 1 in base al quale “l’attività di gestione di crediti in sofferenza per conto di acquirenti di crediti in sofferenza è riservata alle banche, agli intermediari iscritti nell’albo previsto dall’articolo 106 e ai gestori di crediti in sofferenza autorizzati ai sensi dell’articolo 114.6”(evidenza aggiunta). Rimane dunque sottratta alla riserva, l’attività di gestione – anche di “crediti in sofferenza” – che venga svolta per conto dell’originator dei crediti, o anche quella svolta per conto di un “acquirente” che sia una banca (come può concludersi in base alla definizione di acquirenti di crediti in sofferenza”).
3. L’assenza di una esplicita disciplina della esternalizzazione delle “attività di gestione”; il ruolo delle società 115 TULPS
Sotto un profilo soggettivo, la norma di recepimento si allinea sostanzialmente alla Direttiva SMD nell’individuare come principali soggetti di sua disciplina:
a. Il “gestore di crediti”. La persona giuridica che in maniera imprenditoriale “gestisce” i crediti/contratti deteriorati per conto di un “acquirente di crediti” svolgendo almeno una delle “attività di gestione dei crediti” (riscossione/recupero; rinegoziazione; gestione reclami; informativa ai debitori); nell’art. 114.1 comma 1 lett. c) del Decreto, per “gestori di crediti in sofferenza” si intendono “le società iscritte nell’albo di cui all’articolo 114.5 che svolgono l’attività di gestione di crediti in sofferenza per conto di acquirenti di crediti in sofferenza”, laddove per “gestione di crediti in sofferenza” viene sostanzialmente ricalcata la definizione della Direttiva.
b. L’ “acquirente di crediti”. La persona fisica o giuridica – che non sia Ente Creditizio, che acquista crediti/contratti deteriorati, nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale; nel Decreto, l’art. 114.1 comma 1 lett. la definizione coincide, indicando “la persona fisica o giuridica, diversa da una banca, che nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale acquista crediti in sofferenza”.
Può invece subito notarsi come non appaia nel Decreto alcuna definizione di “fornitore di servizi di gestione dei crediti” che nella Direttiva SMD risulta invece definito come un “terzo” di cui si avvale il gestore “per lo svolgimento di una delle attività di gestione”, funzionalmente alla articolata disciplina della “esternalizzazione” delle attività di “gestione” prevista nell’art. 12; disciplina invece del tutto estranea al Decreto.
La Direttiva esplicita dunque una chiara distinzione tra “gestore” e “fornitore di servizi”, atteso che solo per il primo è previsto un regime di riserva, una procedura autorizzativa e una apposita disciplina comportamentale, il secondo essendo sostanzialmente sottratto (perlomeno in via diretta) a tutto ciò, essendo il gestore suo ”mandante” a doversi far carico del rispetto, da parte del primo, di tutte le obbligazioni comportamentali previste dalla Direttiva SMD (il regime di vigilanza è invece ovviamente esteso anche ai “fornitori” ex art.21). A tal fine si osservi che, da un lato, in base all’art. 12,1., b), risulta espressamente vietata l’“esternalizzazione” di tutte le attività di gestione contemporaneamente; dall’altro lato che, affinché si possa parlare di “gestore” è sufficiente lo svolgimento di “almeno una” delle attività di gestione…e che, al contempo un “gestore” potrà avvalersi di un “fornitore” per lo svolgimento di una delle attività di gestione”.
Occorre soffermarsi a notare, dunque, come non possa poter essere, di per sé, il tipo di attività svolta a consentire di distinguere tra “gestore” e “fornitore”, delimitando conseguentemente l’ambito della riserva e della disciplina applicabile; l’unico elemento capace di distinguere tra le due figure appare solo quello formale, relativo al rapporto negoziale sottostante. Si avrà infatti un “gestore”, con tutto ciò che ne consegue, ove le “attività di gestione crediti” risultino svolte per conto di un “acquirente”, sulla base di un apposito “contratto di gestione del credito” (fattispecie questa che viene dunque tipizzata sotto un profilo formale e sostanziale); ove invece quelle medesime attività siano svolte da un qualunque “terzo” sulla base di un “contratto di esternalizzazione” (anch’esso tipizzato nei contenuti in base all’art. 12.1,a)) che intervenga con un “gestore” (soggetto questo, appunto, necessariamente autorizzato e vigilato), quel terzo sarà (solo) un “fornitore di servizi”, applicandosi poi l’apposita disciplina di esternalizzazione.
Come detto, nel Decreto, la figura del “fornitore di servizi” è del tutto omessa e nessuna apposita disciplina della esternalizzazione è prevista in termini analoghi a quella di cui all’art. 12 della Direttiva SMD; peraltro, ma allora potrebbe apparire contraddittoriamente, l’ipotesi di esternalizzazione di funzioni aziendali da parte di un “gestore” è pur espressamente contemplata – per quanto en passant – in più parti del Decreto, senza tuttavia alcuna specificazione (v. ad es. artt. 114.11, commi 7, 8, 9 e 10; 114.14, comma2)
L’unica più esplicita menzione del fenomeno può leggersi nella “norma transitoria e finale” di cui al comma 5. dell’art. YYY, laddove si specifica che “non costituisce attività di gestione di crediti in sofferenza ai sensi del Capo II del Titolo V del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, l’attività esercitata, sulla base di un accordo di esternalizzazione di funzioni aziendali, da società titolari della licenza per l’attività di recupero stragiudiziale di crediti ai sensi dell’articolo 115 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, per conto di gestori, come definiti all’articolo 1, comma 1, lettera q-bis), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, banche e intermediari iscritti nell’albo di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, anche ai sensi dell’articolo 2, comma 6, della legge 30 aprile 1999, n. 130, nonché di gestori di crediti in sofferenza autorizzati ai sensi dell’articolo 114.6 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, come introdotto dal presente decreto legislativo” (enfasi aggiunta).
L’ opzione normativa adottata dal legislatore italiano di non qualificare e disciplinare esplicitamente la figura del “fornitore di servizi” – opzione che potrebbe apparire incomprensibile sull’immediato, anche per l’assenza di alcuna spiegazione di essa, neppure nell’ambito del chiaro documento che accompagna la consultazione – deve a nostro avviso ritenersi spiegabile in base alla valutazione che tali soggetti, non essendo beneficiari di alcuna “riserva” diretta, non richiedano alcuna specifica considerazione e “qualificazione giuridica” da parte della norma primaria, demandandosi la predisposizione di una puntuale disciplina della esternalizzazione delle attività dei gestione, alle norme attuative che dovranno essere emanate dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art. 114.3, comma 8. Non può infatti ritenersi che il silenzio del legislatore italiano sul punto possa invece interpretarsi nel senso di voler blindare più rigidamente la riserva di attività alla gestione, richiudendo spazi di liberalizzazione consentiti dalla direttiva, limitando dunque drasticamente la possibilità di esternalizzare a soggetti non vigilati lo svolgimento di “attività di gestione”; e, peraltro, esclusivamente a favore delle sole società di recupero titolari di licenza ex art.115 TULPS (cosa che potrebbe semmai valere limitatamente all’attività di “recupero/riscossione” e non alle altre “attività di gestione” che non richiedono tale licenza amministrativa).
E tuttavia, il totale silenzio della norma primaria lascia un margine di incertezza; e infatti, in assenza di una esplicita disciplina normativa che – come nella Direttiva – individui e disciplini il fenomeno della “esternalizzazione” nella mera circostanza del ricorrere di un “contratto di esternalizzazione” intercorrente tra un “gestore” e un “fornitore”, qualunque attività che venisse oggi svolta da un “terzo” in regime di esternalizzazione verrebbe a qualificarsi, di per sé e oggettivamente, come “attività di gestione” e quindi sottoposta a riserva.
4. La distinzione tra “acquirente” e “gestore” nella scelta radicale adottata dal legislatore nazionale
Nella Direttiva SMD risulta alquanto articolata la ricostruzione dei confini concettuali e disciplinari – solo a prima vista evidenti – tra “gestore” e “acquirente”, considerando che solo per il primo è previsto un regime di riserva/autorizzazione/vigilanza/disciplina, escluso invece per il secondo, il quale si muove in un contesto libero e sottoposto ad un ben più blanda disciplina comportamentale. Deve osservarsi come quest’ultima petizione di principio affermata sin dal “Considerando (40) e poi nell’art. 17.2 , risulta in parte ridimensionata nei fatti, ove si consideri l’ipotesi – espressamente prevista in più parti nella Direttiva – in cui l’acquirente stesso decida di gestire direttamente e in autonomia i suoi crediti (v. i Considerando (32) e (46), nonché gli artt. 11 e 18); ipotesi che già nel testo originario della proposta appariva inspiegabilmente consentita al di fuori di tutta la disciplina (specie di quella posta a tutela dei “debitori”) che invece risulta applicabile a qualunque “gestore”. Ciò detto, si noti come l’opzione di liberalizzare dell’acquisto ma anche la conseguente gestione in proprio di “crediti deteriorati” risulta, peraltro, solo parzialmente ridimensionata nella Direttiva SMD, ove si consideri che un “acquirente” sarà comunque obbligato – per svolgere attività di gestione dei crediti acquistati – a nominare un “gestore” (ovvero, a seconda dei casi, alternativamente, un Ente Creditizio o altro intermediario vigilato), solo laddove, però, il debitore sia un consumatore, o anche (ma ciò solo se l’acquirente sia soggetto extra-Ue) altre “persone fisiche, lavoratori indipendenti, microimprese, piccole imprese e PMI” (v. art. 17). Ciò detto, deve poi segnalarsi come nel Considerando (44) si affermi che, solo nel caso in cui l’acquirente sia tenuto – nei casi or ora citati – a tale nomina ma non vi provveda, scegliendo di gestire lui stesso i suoi crediti, esso venga allora “considerato un gestore di crediti e, conseguentemente, dovrebbe essere autorizzato a norma della presente direttiva”. In tutti gli altri casi, dunque, lo svolgimento di “attività di gestione” di “crediti deteriorati” in proprio, da parte di un “acquirente” di quelli, non renderà quest’ultimo di per sé (anche) un “gestore”; come peraltro si evince anche dalla definizione stessa di “gestore di crediti”, dove è esclusivamente contemplata l’ipotesi della gestione “conto terzi” e non anche di quella “in proprio”.
Fuori dalle (specifiche e limitate) ipotesi in cui la Direttiva SMD imponga un obbligo per l’”acquirente” di delegare ad altri la gestione dei “crediti deteriorati” acquistati, essa adotta dunque la chiara impostazione in base alla quale un “acquirente” possa ben decidere di gestirli in autonomia, al di fuori di qualsiasi disciplina autorizzativa, di vigilanza e comportamentale, quale invece risulterà applicabile a qualunque “attività di gestione dei crediti” ove svolta conto terzi (?); a tal riguardo il Considerando (46) si limita infatti ad affermare laconicamente che “gli acquirenti di crediti che eseguono direttamente il contratto di credito acquistato dovrebbero farlo nel rispetto della legge applicabile al contratto di credito, comprese le norme in materia di protezione dei consumatori applicabili al debitore. Le norme nazionali, in particolare per quanto riguarda l’esecuzione dei contratti, la protezione dei consumatori e il diritto penale continuano ad applicarsi e le autorità competenti dovrebbero garantire che tali acquirenti di crediti le rispettino nel territorio degli Stati membri”. Ciò detto, non può non segnalarsi come una tale scelta apparisse subito a noi quanto meno discutibile[10] – perlomeno ove si consideri il caso di quelle particolari tipologie di NPL che richiederebbero una particolare competenza, esperienza e “sensibilità”, quali gli UTP. In base alla Direttiva, dunque, all’”acquirente” che gestisca tali crediti in autonomia non risulterebbe applicabile nessuno di profilo di disciplina previsti dalla Direttiva per i “gestori”, neppure quelli specifici relativi a criteri di professionalità, competenza e onorabilità di esponenti aziendali e detentori di partecipazioni qualificate, ovvero quelli di natura comportamentale posti a tutela del debitore. Sotto questo profilo la Direttiva SMD mostra di concentrare tutte le sue attenzioni alla sola figura del “gestore”, e non anche a quella dell’”acquirente-gestore in autonomia”, come chiaramente emerge dalla lettura del Considerando (28) ove si osserva come “Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché la dirigenza del gestore di crediti nel suo insieme sia in possesso dell’esperienza e delle conoscenze adeguate per condurre l’attività in modo competente e responsabile in funzione dell’attività in questione (…) Oltre a ciò, i gestori di crediti dovrebbero essere tenuti ad agire in modo corretto e tenendo in debito conto la situazione finanziaria dei debitori. E similmente nel Considerando (32) ove può leggersi come “(…) i gestori di crediti dovrebbero agire in modo corretto e con la dovuta considerazione per la situazione finanziaria dei debitori” (…). E in tal senso la Direttiva SMD, oltre a prevedere requisiti di onorabilità e professionalità richiede che i “gestori” adottino presidi organizzativi finalizzati “a una politica adeguata a garantire il rispetto delle norme in materia di tutela e il leale e diligente trattamento dei debitori, anche tenendo conto della loro situazione finanziaria e, se del caso, della necessità di deferire tali debitori a consulenti in materia di debito o ai servizi sociali” (art. 5. 1, f)). Agli “acquirenti” risultano viceversa estesi i soli doveri generali (e generici) di comportamento sanciti nell’art. 10, (e nel Considerando 20) in base al quale “gli Stati membri esigono che gli acquirenti di crediti e i gestori di crediti, nei loro rapporti con i debitori: a) agiscano in buona fede, in modo equo e professionale; b) forniscano ai debitori informazioni che non siano fuorvianti, poco chiare o false; c)rispettino e tutelino le informazioni personali e la riservatezza dei debitori; d) comunichino con i debitori in un modo che non costituisca molestia, coercizione o indebito condizionamento”.
Infine, alla luce di quanto sopra ricostruito nel precedente paragrafo, in relazione alla perimetrazione dei confini tra la figura del “gestore” e quella del “fornitore di servizi di gestione”, può osservarsi come, in base alla Direttiva, l’”acquirente/gestore in proprio” non parrebbe facoltizzato ad avvalersi in regime di esternalizzazione di meri “fornitori”, posto che entrando qui nel “contratto di gestione” nella sua veste di “acquirente” (per quanto anche gestore in proprio, ma non formalmente tale), ciò comporterebbe allora necessariamente l’intervento di un “gestore” (che sia formalmente tale).
Così ricostruito il quadro disciplinare che emerge dalla Direttiva SMD, balza subito all’occhio dalla lettura del Decreto l’opzione “radicale” adottata dal legislatore italiano di imporre in via generalizzata in capo all’”acquirente” l’obbligo[11] di avvalersi – sempre e per qualsiasi “credito in sofferenza” acquistato – di un “gestore” (oltreché, alternativamente, di una banca o di un intermediario 106); l’art. 114.3 al comma 2 sancisce infatti laconicamente che “L’acquirente di crediti in sofferenza nomina un gestore di crediti in sofferenza, una banca o un intermediario iscritto nell’albo previsto dall’articolo 106 per svolgere l’attività di gestione dei crediti in sofferenza acquistati”; una tale scelta risulta adottata dal legislatore nostrano avvalendosi dello spazio di discrezionalità concesso dall’art. 17, par.1 della Direttiva SMD, in base al quale gli Stati Membri ospitanti “possono estendere il requisito di cui al primo comma ad altri contratti di credito”; ora, a parte l’incertezza che deriva dal citato testo della Direttiva SMD laddove si parla impropriamente di “contratti di credito” invece che di “crediti”, ci si può chiedere se il “requisito” del primo comma a cui essa richiama debba intendersi in senso “oggettivo” o “soggettivo”; se cioè quello spazio di flessibilità debba intendersi riferito alla possibilità di estendere l’obbligo di nomina anche ad altri crediti (diversi cioè da quelli “in sofferenza” e “di origine bancaria”)[12], purché pur sempre verso debitori “consumatori” o, comunque “deboli” e meritevoli di tutela – tale parendo come la ratio di tutela sottostante all’imposizione di un obbligo di delega della gestione a soggetti autorizzati – ovvero in senso “soggettivo”, riferendosi quindi anche a “crediti” verso debitori diversi da “consumatori” o altri soggetti meritevoli di particolare tutela. L’opzione del legislatore nazionale pare chiaramente orientata in questo secondo senso, estendendo dunque l’obbligo di nomina indiscriminatamente per tutti i “crediti in sofferenza”, senza alcuna differenziazione e considerazione per il profilo soggettivo del debitore. Pur condividendo la scelta operata dal legislatore nazionale che interviene a sanare quella che, come detto, ci era apparsa subito una aporia della Direttiva SMD – una lacuna inspiegabile e ingiustificabile – certo la scelta adottata potrebbe apparire “tecnicamente” assai “forte”, avvalendosi del citato (ambiguo) margine di discrezionalità consentito dall’art.17 per richiudere decisamente ogni spazio di liberalizzazione all’ “acquisto e gestione in proprio” che la Direttiva pareva – pur discutibilmente ma chiaramente – consentire, come emerge dalla ricostruzione sopra svolta. A presidio di una rigida interpretazione della riserva alla “gestione”, viene dunque oggi esclusa del tutto la possibilità che un “acquirente” possa gestire in proprio un qualsiasi credito deteriorato acquistato – indipendentemente dal fatto che il debitore sia o meno un “consumatore”, una “lavoratore” o una “pmi” – tracciandosi dunque una netta distinzione operativa tra la figura dell’”acquirente” e quella del “gestore” che non paiono neppur poter mai coincidere. Pare infatti di doversi giungere alla estrema conseguenza che anche un “gestore di crediti in sofferenza” autorizzato non possa rendersi “acquirente” di un credito in sofferenza da gestire in proprio, anche se tale conclusione andrebbe forse meglio esplicitata dalla norma di recepimento; se infatti tale necessaria dissociazione soggettiva risulta dalla stessa definizione di “gestore di crediti in sofferenza” – atteso che deve considerarsi tale solo chi svolga tale attività “per conto di acquirenti di crediti in sofferenza” – è vero che non risulta – tra i requisiti previsti nell’art. 114.6 per le società che vogliano richiedere l’autorizzazione a svolgere attività di gestione – alcuna esplicita imposizione del requisito di un oggetto sociale esclusivo (seppur ciò possa intuirsi laddove, descrivendo l’ambito della riserva alla gestione, nell’art. 114.3 si affermi, con riferimento ai “gestori”, che “questi ultimi soggetti possono svolgere anche attività connesse o strumentali, nel rispetto delle disposizioni dettate dalla Banca d’Italia”).
Come detto, dunque, parrebbe escluso che un acquirente – anche (addirittura) che si qualifichi come “gestore” – possa gestire in autonomia i crediti da lui stesso acquisiti; facoltà che però, si badi, pare invece consentita agli altri soggetti autorizzati alla gestione (in regime di esenzione dall’art. 114.2 comma i, lett. a), b) e c) e cioè banche, gestori di oicr e intermediari 106[13]), anche con riguardo ai “crediti dagli stessi concessi o acquisiti”, come può leggersi nelle citate lett. b) e c); peraltro può a questo proposito segnalarsi come l’esenzione dall’applicazione del Decreto prevista dall’art 114.2, comm1, lett. c), per gli intermediari 106 (ma allora, come ora detto, anche per gli oicr societari non etero-gestiti nella lett. a)), anche con riguardo ai “crediti da essi acquistati”, ci pare invece difficilmente interpretabile nel senso che, allora, tali crediti, pur gestibili direttamente, sarebbero sottratti all’obbligo di affidamento e alla riserva di gestione; soluzione interpretativa che pare difficile da sostenere alla luce della definizione generale di “acquirente di crediti in sofferenza”[14] utilizzata nell’art. 114.3, commi 1 e 2, in linea con i paletti posti dalla Direttiva SMD.
Alla luce di quanto sopra, e guardando al vigente quadro normativo di riserve, dunque, parrebbe che anche le società di recupero ex 115 TULPS[15] non potranno più acquistare e gestire (recuperare) in proprio “crediti in sofferenza” – e neppure ove si trasformino in “gestori” autorizzati come ormai la disciplina nazionale pare inesorabilmente imporre loro[16] (né, a tal fine, parrebbe sufficiente la loro veste di “fornitore di servizi” che possano ricoprire) – ma saranno tenuti ad affidarne la gestione ad un diverso “gestore” autorizzato”.
5. Interferenze con la disciplina domestica della cartolarizzazione (L.130/99)
Interrogandoci infine sulle possibili interferenze con la disciplina domestica della cartolarizzazione (L.130/99), ci si potrebbe fermare a considerare come – sulla scorta di quanto previsto dall’art. 2, comma 4 – il Decreto, all’art. 114.2,comma 2, “esenta” esplicitamente dalla sua applicazione le cartolarizzazioni, prevedendo che “le disposizioni del presente Capo non si applicano alla gestione di crediti in sofferenza effettuata nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130, quando l’acquirente di crediti in sofferenza è una società veicolo per la cartolarizzazione di cui all’articolo 2, punto 2, del regolamento (UE) 2017/2402” (evidenza aggiunta).
Nonostante una prima lettura di tale disposizione possa apparire chiara e tranchante nel suo intento, non ci si può esimere dal porsi una serie di delicati quesiti dalla portata tutt’altro che teorica.
Innanzitutto occorre interrogarsi sulla legittimità e sulla portata di tale “esenzione” ove si consideri come l’art. 2, comma 4 della Direttiva SMD non prevede una vera e propria “esenzione” – come invece fa chiaramente nel comma 6 con riferimento ai soggetti ivi previsti – né introduce un vero e proprio margine di discrezionalità[17] per gli Stati Membri – come invece per altre disposizioni oggetto di recepimento – ma si limita a far salve (“lascia impregiudicate”) le discipline nazionali in materia di gestione dei crediti quando l’acquirente sia un veicolo di cartolarizzazione; le conseguenze che possono promanare dalle due diverse opzioni di tecnica legislativa appaiono ad evidenza ben diverse. E infatti, quanto alla portata di tale “salvezza”/“esenzione” dall’applicazione della Direttiva/ Decreto per le operazioni di cartolarizzazione domestiche ex L.130/99, occorre chiedersi se essa possa o meno leggersi nel senso di giustificare financo la loro esclusione dal regime di liberalizzazione e armonizzazione disegnato dalla direttiva, invocandosi conseguentemente una permanente validità, per tali operazioni, della più ristretta “riserva di attività” quale oggi prevista, dall’art. 2, commi 3, lett. c) e 6 della L.130/99, per lo svolgimento del ruolo di Master Servicer, solo a favore di banche e intermediari 106 TUB; con esclusione, quindi, dei nuovi “gestori di crediti in sofferenza” e, soprattutto, allora, dei “gestori di credito dell’Unione europea” operanti in regime di operatività transfrontaliera ex art. 114.9 del Decreto. Una tale conclusione[18] – potendo frustrare parte degli obiettivi perseguiti dalla Direttiva SMD – pare discutibile nel momento in cui il legislatore viene a introdurre nell’ordinamento, in ottemperanza alla Direttiva, un nuovo soggetto appositamente autorizzato e vigilato – in termini non così dissimili da un intermediario 106[19] – proprio in relazione alle attività di “gestione di crediti in sofferenza”, “per conto di acquirenti”; fattispecie quindi morfologicamente del tutto conforme allo schema di una operazione di cartolarizzazione e che presenta analoghe esigenze di tutela in ordine allo svolgimento di quella attività. E significativo, in tal senso, appare che il legislatore, nell’art. 114.3 del Decreto, tra i beneficiari della nuova “riserva” alla “gestione di crediti in sofferenza”, abbia infatti equiparato: le banche; gli intermediari 106; e i nuovi “gestori”; oltreché, in virtù del regime di operatività transfrontaliera, i “gestori di credito dell’Unione europea”. Non pacifico pare dunque l’esito ermeneutico in base al quale l’”esenzione” dall’applicazione del Decreto disposta per le operazioni di cartolarizzazione possa valere a giustificare, procrastinandola, la più ristretta riserva di attività oggi disposta dalla normativa specialistica nazionale per lo svolgimento del ruolo di Master Servicer; e non, piuttosto, che tale “esenzione” debba invece intendersi nel senso di limitarsi a disapplicare per quelle operazioni la disciplina comportamentale introdotta, ove non espressamente richiamata (v. ad es. nell’art. 114.10, comma5), mentre la “riserva di attività” prevista, in via speciale, dalla L.130/99 per lo svolgimento del ruolo di Master Servicer, sia da intendersi, d’ora innanzi, calata nel nuovo quadro normativo generale e, conseguentemente , già oggi automaticamente integrata e quindi estesa, per effetto del nuovo regime normativo introdotto, anche ai nuovi “gestori di crediti in sofferenza “ e “gestori di credito dell’Unione Europea”.
Alla luce della formulazione dell’art. 114.2, comma 2 del Decreto (che si riferisce esplicitamente alle “operazioni di cartolarizzazione ai sensi della legge 30 aprile 1999, n.130”) pare invece superabile il quesito che ci si sarebbe potuti correttamente porre[20], alla luce dell’art. 2, comma 4 della Direttiva. Se cioè il riferimento a “società veicolo” “di cui all’articolo 2, punto 2, del regolamento (UE) 2017/2402”, (che pur viene ripreso dallo stesso art. 114.2) – nel rinviare alla nozione e disciplina eurounitaria di cartolarizzazione, (che assume come elemento costitutivo e qualificante del fenomeno il c.d. tranching del rischio) – non valesse comunque ad escludere dall’esenzione i veicoli domestici di cartolarizzazione improntati ad una struttura mono-tranche dell’operazione quale accolta nella L. 130/99; il che avrebbe comportato di assoggettare allora pacificamente anche tali operazioni alla disciplina della Direttiva SMD e del Decreto con la conseguenza di dover considerare la società di cartolarizzazione alla tregua di un qualunque “acquirente”, con l’obbligo (e la facoltà) quindi di affidare in gestione i crediti acquistati ad un soggetto autorizzato tra quelli beneficiari della riserva di cui all’art.114.3 e, quindi – in linea con quanto già oggi previsto dall’art. 2 della L. 130/99 – sicuramente a intermediari 106 TUB e a banche; salvo doversi domandare, anche in tal caso, se tale articolo non debba ritenersi già oggi integrato, anche in assenza e in attesa di un pur auspicabile esplicito intervento normativo in tal senso, e da ritenersi dunque esteso anche ai nuovi “gestori di crediti in sofferenza “ e “gestori di credito dell’Unione Europea”.
Un conclusivo quesito attiene al ruolo che, nella nuova cornice normativa, verrebbe ad assumere il c.d. “Special Servicer”, figura a cui viene spesso oggi delegata dal veicolo (direttamente o in via indiretta, con struttura negoziale c.d. double-decker) l’attività di “riscossione e recupero”; figura non espressamente disciplinata dalla normativa domestica della cartolarizzazione ma impostasi nella prassi e tollerata dall’Autorità di Vigilanza, seppur ancor recentemente oggetto di richiamo nei suoi orientamenti di vigilanza[21], alla luce dei profili di rischiosità che ciò comporta, potendosi determinare per tale via uno svuotamento di contenuto della riserva di attività. Come noto, tale prassi ricorre oggi diffusamente a operatori titolari di licenza ex art. 115 TULPS, e quindi soggetti non vigilati[22]. Ove, ai sensi di quanto sopra, si dovesse ritenere che il fenomeno domestico della cartolarizzazione è del tutto “esentato” dalla disciplina della Direttiva SMD e del Decreto, la citata prassi potrebbe allora proseguire senza particolari interferenze; ove viceversa si dovesse ritenere che le operazioni domestiche di cartolarizzazioni debbano comunque pur sempre svolgersi nell’ambito della nuova “riserva” delineata dalla Direttiva e dal Decreto per l’”attività di gestione di crediti in sofferenza per conto di acquirenti”, occorrerebbe allora domandarsi quali spazi permangano in via generale oggi per dar corso all’esternalizzazione di una o più delle “attività di gestione”, rinviandosi a quanto sopra già esposto al punto 3, con particolare riguardo al ruolo residuo degli operatori titolari di (sola) licenza TULPS.
6. Il quadro legislativo e regolamentare oggi vigente in ambito domestico e il prevedibile impatto che il Decreto avrebbe su di esso
L’attività di acquisto, gestione (individuale o collettiva), recupero e cartolarizzazione di crediti – deteriorati o meno, di natura e/o origine bancaria o meno – è oggetto nel nostro vigente Ordinamento finanziario di una fitta e intricata trama di riserve di attività e di discipline che si sono accavallate e sovrapposte disordinatamente nel corso degli ultimi decenni. Limitandoci qui al solo profilo della disciplina dell’accesso a tali attività – ed omettendo il diverso, connesso e altrettanto articolato profilo dei diversi modelli operativi oggi rintracciabili e della diversa disciplina civilistica e regolamentare ad essi applicabile[23] – può tentarsi una prima analisi degli effetti che potranno determinarsi sul/i mercato/i domestico/i su cui il Decreto in esame verrebbe ragionevolmente ad incidere.
Partiamo dunque a tal fine partire da una mappatura dell’articolato sistema di “riserve di attività”. Per far ciò è utile adottare un approccio analitico che scomponga e consideri separatamente le singole distinte fasi dell’intervento avente ad oggetto NPL, secondo il modello di intervento adottato nella Direttiva SMD: (i) l’”acquisto” di NPL e (ii) le “attività di gestione” ad essi connesse. Come detto, la Direttiva e conseguentemente il Decreto sono destinati ad incidere solo sui crediti in sofferenza di origine bancaria e “finanziaria” e quindi è solo rispetto a questa tipologia di crediti che valuteremo qui di seguito l’impatto sul quadro normativo e regolamentare vigente; per i crediti di altra origine e/o natura esso potrebbe continuare ad applicarsi senza mutamenti, dandosi luogo – come visto sopra al par. 2 – ad un doppio regime.
1. Riserva per “acquisto di crediti a titolo oneroso” quale attività finanziaria riservata Soggetti abilitati:
- banche; NON IMPATTATE
- intermediari finanziari autorizzati ex 106 T.U.B.; NON IMPATTATI[24]
- recuperatori ex 115 T.U.L.P.S; LIBERALIZZAZIONE PER ACQUISTO, a prescindere dalle condizioni di cui all’articolo 2.2 D.M. n. 53 del 2015
- FIA (“Fondi che investono in crediti”; “Fondi di cartolarizzazione ex n. 130 del 1999”; “Fondi di Ristrutturazione”); PERMANE INALTERATA LA RISERVA RELATIVA ALL’ACQUISTO (INVESTIMENTO), OVE FINALIZZATO ALLA GESTIONE COLLETTIVA DEI CREDITI
- veicoli ex n. 130 del 1999. PERMANE INALTERATA LA “RISERVA” RELATIVA ALL’ACQUISTO, OVE FINALIZZATO ALLA CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI
2. “Riserve”[25] per le “attività di gestione” svolte per conto di un “acquirente” (diverso da una banca):
- gestione attiva (di natura collettiva):
- Fondi di credito o di Fondi di Ristrutturazione; PERMANE INALTERATA LA RISERVA RELATIVA ALLA GESTIONE COLLETTIVA DEI CREDITI
- cartolarizzazione (amministrazione conservativa o dinamica ex art. 7.1.4):
- veicoli ex n. 130 del 1999; PERMANE INALTERATA LA “RISERVA” RELATIVA ALLA CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI:
- fondi di cartolarizzazione ex n. 130 del 1999; PERMANE INALTERATA LA “RISERVA” RELATIVA ALLA CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI
- recupero (incasso/riscossione) e altre attività di gestione:
- recuperatori ex 115 T.U.L.P.S; ASSORBIMENTO/ASSOGGETTAMENTO ALLA DISCIPLINA DEI “GESTORI DI CREDITI IN SOFFERENZA” – O SVOLGIMENTO DI ATTIVITA’ DI RECUPERO COME MERI “FORNITORI DI SERVIZI DI GESTIONE DEI CREDITI” [26]
- intermediari finanziari autorizzati ex 106 T.U.B[27]; SOTTRATTI ALLA DISCIPLINA DEI “GESTORI DI CREDITI”
- Master servicers ex 2 comma 6 L. n. 130 del 1999 e 106 T.U.B[28].; SOTTRATTI ALLA DISCIPLINA DEI “GESTORI DI CREDITI”
- Special Servicers in operazioni cartolarizzazione (licenziatari ex art. 115 tulps); QUALIFICABILITA’ COME MERI “FORNITORI DI SERVIZI DI GESTIONE DEI CREDITI”
- banche; SOTTRATTE ALLA DISCIPLINA DEI “GESTORI DI CREDITI”
- FIA (“Fondi che investono in crediti”; “Fondi di cartolarizzazione ex n. 130 del 1999”; Fondi di Ristrutturazione). SOTTRATTI ALLA DISCIPLINA DEI “GESTORI DI CREDITI”. PERMANE INALTERATA LA RISERVA RELATIVA ALLA GESTIONE COLLETTIVA DEI CREDITI
- FIA UE autorizzati ex art. 46-ter del TUF SOTTRATTI ALLA DISCIPLINA DEI “GESTORI DI CREDITI”. PERMANE INALTERATA LA RISERVA RELATIVA ALLA GESTIONE COLLETTIVA DEI CREDITI
- Nuovi “gestori di crediti in sofferenza” e “gestori di crediti dell’Unione europea”
- “consulenza e gestione dei crediti ai fini di ristrutturazione e recupero degli stessi”:
- agenti in attività finanziaria iscritti nell’elenco di cui all’articolo 128 quater comma 2 T.U.B.[29] (art. 128 quaterdecies U.B.: facoltà o riserva?) ASSORBIMENTO/ASSOGGETTAMENTO ALLA DISCIPLINA DEI “GESTORI DI CREDITI”[30] – O SVOLGIMENTO DI ATTIVITA’ COME MERI “FORNITORI DI SERVIZI DI GESTIONE DEI CREDITI”
[1] P. Carrière, Il prevedibile impatto per il sistema finanziario e imprenditoriale italiano della proposta di direttiva sullo sviluppo dei mercati secondari di NPL. Opportunità e rischi (memori del “bail-in”), in dirittobancario.it, aprile 2018. In dottrina tra i pochi commenti sulla proposta può altresì segnalarsi Hooghiemstra, Sebastiaan Niels, EU Legislative Measures for Non-Performing Loans – Impact on Luxembourg Loan Participating Funds, 20 gennaio 2019) reperibile in SSRN: https://ssrn.com/abstract=3439998 or http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.3439998
[2] P. Carrière, La Direttiva su “gestori” e “acquirenti” di NPL … prospettive per il mercato italiano, in dirittobancario.it, dicembre 2021. Tra gli ulteriori, pochi, interventi dottrinali in argomento, può rinviarsi a A. Parziale, Verso il mercato unico dei crediti deteriorasti: la Direttiva 2021/2167 sui non performing loans (NPL) nel quadro delle strategie europee di gestione dei crediti deteriorati e il suo recepimento in Italia, in Rivista di Diritto Bancario, luglio/settembre 2023, 391 ss.
[3] COM(2018)0135 – C8-0115/2018 – 2018/0063A(COD). La disciplina della Direttiva risulta oggi ridimensionata solo a quella finalizzata a regolamentare i mercati secondari di NPL e i connessi servizi di gestione; risulta viceversa espunto l’altro profilo originariamente oggetto di disciplina nel Titolo V della Direttiva, relativamente alla “escussione extragiudiziale accelerata delle garanzie” (Accelerated Extrajudicial Collateral Enforcement” c.d. AECE).
[4] V. il documento “Proposte di modifica per il recepimento della direttiva (UE) 2021/2167 (Secondary Market Directive)” predisposto dal Dipartimento del Tesoro, sul quale è stata avviata una consultazione pubblica aperta fino al 29 febbraio 2024. I documenti sono reperibili anche in dirittobancario.it, Gestori e acquirenti di NPL: il decreto di attuazione, 30 gennaio 2024.
[5] Rectius, di “diritti del creditore derivanti da un contratto di credito deteriorato”, tale essendo la circonlocuzione adottata in tutto il testo per riferirsi a “crediti deteriorati”.
[6] Per una analisi della fuorviante distinzione tra “crediti” e “contratti” inizialmente contenuta nella proposta e poi “sanata” nel testo approvato di Direttiva rinvio ai commenti citati in nota 1.
[7] Come noto, peraltro, “la categoria di inadempienza probabile adottata a livello italiano è differente da quella considerata in ambito armonizzato (unlikely to pay). La prima classifica le esposizioni in funzione della loro rischiosità e comprende sia esposizioni già scadute sia quelle che ancora non lo sono; la seconda invece esclude le esposizioni scadute da oltre 90 giorni (che rientrano nella categoria armonizzata delle cosiddette past-due exposures)”. Banca d’Italia, a cura di Dario Briscolini, Pasquale Maddaloni, Giorgio Nuzzo e Francesca Romana Rinaldi, La qualità del credito. Guida ai dati pubblicati dalla Banca d’Italia, 28 febbraio 2023
[8] V. in tal senso il paragrafo “Ambito di applicazione” del documento che accompagna la consultazione. Sull’esigenza di una particolare considerazione per i c. d. UTP, in virtù della loro peculiare natura, sia consentito rinviare ai lavori citati in nota 1, dove però, proprio per quella particolare natura, si invocava una disciplina che ne imponesse la gestione da parte di soggetti autorizzati e non la gestione diretta da soggetti acquirenti non autorizzati alla gestione!
[9] Tale tipologia di crediti deteriorati rimarrebbe dunque soggetta alla riserva domestica per l’acquisto (da parte quindi di intermediari 106 o recuperatori 115), rimanendo poi libera la loro gestione, che potrà dunque avvenire in proprio o sulla base di un affidamento a soggetti non autorizzati e vigilati!
[10] Cfr. P. Carrière, La Direttiva su “gestori” e “acquirenti” di NPL … prospettive per il mercato italiano, in dirittobancario.it, dicembre 2021.
[11]Tale obbligo di affidamento non vige – neppure per “crediti in sofferenza” – in capo all’originator dei crediti e, neppure, in capo ad un “acquirente” che sia una banca (come può concludersi in base alla definizione di acquirenti di crediti in sofferenza”); dubbio pare il caso in cui l’”acquirente” sia un intermediario 106, attesa l’incoerenza tra la definizione generale di “acquirente di crediti in sofferenza” utilizzata nell’art. 114.3, comma 2 e quanto previsto dall’art. 114.2, comma 1, lett.c) che si riferisce anche ai “crediti dagli stessi (…) acquistati”
[12] Come peraltro il Legislatore italiano mostra di voler fare escludendo dalla disciplina anche i crediti erogati da taluni soggetti diversi dalle banche, v. sopra quanto già esposto al punto 2.
[13] Per i quali, dunque, pare potersi ritenere che l’attività di gestione dei crediti in sofferenza (recupero) assurga ad attività principale e non solo più accessoria.
[14] In cui solo le” banche” – che siano al contempo acquirenti – vengono escluse dal perimetro della definizione generale di “acquirenti di crediti in sofferenza” che viene utilizzata poi nella norma prescrittiva di cui all’art.114.3, commi 1 e 2.
[15] Che potranno ora liberamente procedere all’acquisto di crediti in sofferenza anche fuori dai limiti di cui all’art. articolo 2, comma 2, lettera b), del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015, n. 53, che continuerà invece a trovare applicazione limitatamente alla fattispecie di cui al numero 1), punto ii), ma non più ai “crediti in sofferenza” (v. in tal senso il comma 6, seconda parte della disposizione transitoria di cui all’art. YYY).
[16] E chiaramente il regime autorizzativo introdotto per i “gestori” assorbirà la necessità della “licenza”, che dovrebbe dunque rimanere per i soli “fornitori di servizi” esternalizzati (anzi del solo servizio di “recupero”), nei termini in cui tale figura risulterà delineabile nel nostro ordinamento alla luce delle considerazioni di cui sopra al punto 3.
[17] Diversamente dall’approccio adottato in sede di documento di consultazione a commento della disposizione del Decreto di cui all’art.114.2.
[18] Conclusione che pare espressamente riconosciuta nel documento di consultazione: v. in particolare la nota [2].
[19] Che pur presenta requisiti più rigorosi, motivo per cui non sono tenuti a chiedere l’apposita autorizzazione, in assenza della quale, tuttavia, non potranno giovarsi della passaportazione.
[20] In tal senso v. anche A. Parziale, op. cit., 414.
[21] V. Banca d’Italia, Servicers in operazioni di cartolarizzazione. Profili di rischiosità e linee di vigilanza, novembre 2021
[22] Prassi che ha costituito di recente anche oggetto di una giurisprudenza assai rigida: v. Trib. Viterbo del 27 maggio 2023; Trib. Monza del 13 novembre 2023; Trib. Termini Imerese del 10 novembre 2023; Trib. Livorno del 18 dicembre 2023; Trib. Civitavecchia del 27 dicembre 2023.
[23] Il bene “credito” può oggi essere infatti oggetto di cartolarizzazione, gestione attiva, mero recupero, ristrutturazione etc. Ciascun modello di intervento presenta poi, nel suo ambito, profili di disciplina particolari e specifici sia con riguardo, ad es. ai profili civilistici di suo trasferimento, di suo incasso, di attivazione delle connesse garanzie etc. sia con riguardo alle regole di condotta applicabili.
[24] Cade la riserva a loro favore per l’”acquisto” che viene dunque liberalizzato.
[25] Nel nostro ordinamento finanziario non pare oggi ricostruibile una vera e propria “riserva” in relazione allo svolgimento di “attività di “gestione di crediti”, se non per quella che abbia luogo nell’ambito di una “gestione collettiva del risparmio”; in relazione ai veicoli di cartolarizzazione, ovvero ai soggetti ex 115 t.u.l.p.s, non si tratta di una vera e propria “riserva di attività”, ma dell’accesso regolato ma “volontario” ad una disciplina di favore (nel primo caso), ovvero della mera imposizione ad adempimenti di natura amministrativa (licenza).
[26] Si noti come il comma 3. Della norma transitoria di cui all’art. YYY prevede che “fermo restando quanto previsto dagli articoli 114.2 e 114.3, comma 1, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, come introdotti dal presente decreto, i soggetti che svolgono attività di gestione di crediti in sofferenza possono continuare a svolgere queste attività fino al 29 giugno 2024. Entro tale data essi ottengono l’autorizzazione ai sensi dell’articolo 114.4 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, come introdotto dal presente decreto, oppure cessano di svolgere le attività che comportano l’obbligo di autorizzazione ai sensi dell’articolo citato”. Norma che pare chiaramente applicabile ai soggetti titolari di licenza ex 115 TULPS, mentre andrebbe condotta una più attenta disamina di equivalenza di disciplina in relazione agli Agenti ex 128 quaterdecies.
[27] Attività sin qui connessa- non riservata- v. Circolare Banca d’Italia. 288, Tit. I, Cap. 3, Sez. III).
[28] Attività da ritenersi tuttora riservata esclusivamente a banche e intermediari 106 ex L 130/99 o estesa dalla Direttiva/Decreto anche a “gestori di crediti in sofferenza” e a “gestori di credito dell’Unione europea”? Cfr. sopra, punto 5.
[29] In relazione ai relativi ambiti di applicazione la situazione pare esclusivamente configurabile nel caso in cui un “acquirente” – intermediario 106 TUB, intenda avvalersi di un “agente” per la consulenza e gestione dei NPL a fini di ristrutturazione e recupero degli stessi.
[30] Si osservi come il Legislatore non ha utilizzato i margini di discrezionalità concessi dall’art. 17.4 della Direttiva