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La disciplina delle società quotate: linee essenziali e questioni

30 Marzo 2017

Avv. Vittorio Pisapia, Craca Di Carlo Guffanti Pisapia Tatozzi & Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Sommario: I. – Premessa: le società per azioni “aperte” e le fonti normative. II. Le società quotate: i principi dell’informazione e della trasparenza. III. – Segue: l’informazione sugli assetti proprietari. IV. – Le offerte pubbliche: l’inadempimento dell’obbligo di offerta pubblica di acquisto totalitaria ex art. 106 TUF. V. – Gli organi sociali. 1.- L’assemblea. 2. – L’organo amministrativo. 3. – L’organo di controllo.

 

I. – Premessa: le società per azioni “aperte” e le fonti normative.

1. – All’interno della categoria della società per azioni nel corso degli anni si è delineata la figura delle società che fanno appello al mercato del capitale di rischio (art. 2325-bis c.c.), ossia le c.d. “società aperte”.

Nell’ambito delle società aperte si distinguono:

a) le società quotate nei mercati regolamentati, ossia le c.d. “società quotate”;

b) le società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante, ossia le c.d. “società con azioni diffuse”.

Per “capitale di rischio” deve intendersi solo quello azionario (sono quindi esclusi i c.d. “strumenti ibridi”: cfr. art. 2346, c. 6. c.c.).

2. – La disciplina delle società aperte è contenuta nelle seguenti fonti:

a) le società quotate sono disciplinate:

(i) dal Titolo V, Libro V, del codice civile, salvo che non sia diversamente disposto da altre norme del codice o da leggi speciali (art. 2325-bis c.c.);

(ii) dal D.lgs n. 58/1998, ossia dal Testo Unico della Finanza (“TUF”) (il quale però si applica soloalle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’Unione europea”,salvo che sia diversamente specificato” art. 119 TUF): in molti casi il TUF demanda alla Consob di emanare la relativa regolamentazione attuativa[1];

(iii) dai relativi regolamenti e provvedimenti attuativi (in particolare, Regolamento Emittenti Consob);

(iv) dai regolamenti di Borsa Italiana s.p.a. (“Borsa Italiana”) per quanto attiene ai mercati regolamentati gestiti da Borsa Italiana ;

(v) dai codici di comportamento, tra i quali il Codice di Autodisciplina delle società quotate di Borsa Italiana (contenente regole di best practice in materia di amministrazione e controllo)[2];

b) le società con azioni diffuse sono disciplinate:

(i) dal Titolo V del Libro V del codice civile;

(ii) da disposizioni particolari contenute nel TUF e relativi regolamentio attuativi (cfr. art. 116 TUF).

II. – Le società quotate: i principi dell’informazione e della trasparenza.

La disciplina delle società quotate è, quindi, contenuta sia in norme di diritto societario che in norme di diritto dei mercati.

Le norme di diritto dei mercati sono, in particolare, “tese ad incrementare la trasparenza, la correttezza e l’efficienza della gestione degli emittenti azioni quotate, al fine ultimo di apprestare un’adeguata tutela degli investitori e di garantire il buon funzionamento dei mercati, prevedendo peraltro anche un controllo di tipo pubblicistico da parte della Consob”[3].

In generale la disciplina delle società quotate è basata su due principi essenziali: il principio dell’informazione e quello della trasparenza[4].

L’informazione si distingue in:

a) informazione periodica, avente per oggetto operazioni ordinarie con cadenze prestabilite: rientrano in quest’ambito la relazione finanziaria annuale, la relazione finanziaria semestrale e il resoconto intermedio di gestione (cfr. art. 154-ter TUF); la relazione finanziaria annuale comprende, oltre al progetto di bilancio di esercizio e al bilancio consolidato (ove redatto), la relazione sulla gestione e l’attestazione del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari;

b) informazione continua, avente per oggetto i fatti che vanno resi noti al pubblico se idonei a influenzare il prezzo degli strumenti finanziari: vengono qui in considerazione gli artt. 114 e ss. e 181 TUF in tema di “informazioni privilegiate” che riguardino direttamente la società e le società da questa controllate. La nozione di “informazione privilegiata” è contenuta nell’art. 181 TUF, da integrare e/o coordinare ora peraltro con il Regolamento UE n. 596/2014 (“MAR”) in tema di abusi di mercato. Il MAR ha innovato il quadro normativo e contiene una serie di disposizioni integrative e/o abrogative della disciplina del TUF e del regolamento Emittenti (cfr. in particolare gli artt. 7 e 17, in tema di “informazione privilegiata” e le consultazioni Consob in http://www.consob.it/web/area-pubblica/consultazioni?viewId=consultazioni_in_corso)[5]; in giurisprudenza si è ritenuta, ad esempio, “informazione privilegiata” quella avente per oggetto “l’imminente pubblicazione, da parte di un’autorevole azienda di servizi finanziari, di uno studio di analisi iniziale relativo a società quotata sul mercato azionario, trattandosi di notizia idonea ad influire sui prezzi dei titoli”[6].

c) informazione straordinaria/episodica, avente per oggetto operazioni di carattere, appunto, straordinario: ad esempio, fusioni, scissioni, acquisizioni etc. In questi casi la società è obbligata alla predisposizione di specifici documenti informativi. Non di rado, nell’ambito di queste operazioni, vi sono informazioni privilegiate, per le quali si applica la disciplina di cui al precedente punto b).

Va poi ricordato il potere della Consob di cui all’art. 115 TUF di chiedere agli emittenti, ai soggetti che li controllano, alle società da essi controllate, ai soggetti che detengono una partecipazione rilevante o che partecipano a un patto parasociale la comunicazione di notizie e documenti, fissando le relative modalità.

III. – Segue: l’informazione sugli assetti proprietari.

1. – L’informazione imposta dal TUF alle società quotate riguarda inoltre anche gli assetti proprietari.

Il legislatore ha ritenuto essenziale far sì che sia reso noto al mercato (inteso come investitori, organi di vigilanza, operatori finanziari) e ai soci dove risieda il controllo della società.

La disciplina però ha come ratio anche la “contendibilità”[7] delle società quotate al fine di assicurare una gestione quanto più efficiente possibile.

Gli artt. 120-123 TUF – ispirati, dunque, al principio della trasparenza – disciplinano: a) le c.d. “partecipazioni rilevanti” (ossia superiori a determinate soglie minime) in un emittente azioni quotate aventi l’Italia come Stato membro d’origine, b) le c.d. “partecipazioni reciproche” e c) i patti parasociali.

2. – L’art. 120 prevede che coloro che partecipano in un emittente azioni quotate aventi l’Italia come Stato membro d’origine in misura superiore al 3% (al 5% se l’emittente è una PMI) ne devono dare comunicazione alla società partecipata e alla Consob.

Per “capitale di società” per azioni si intende quello rappresentato da azioni con diritto di voto; nelle società i cui statuti consentono la maggiorazione del diritto di voto (art. 127-quinquies TUF) o hanno previsto l’emissione di azioni a voto plurimo, per capitale si intende il numero complessivo dei diritti di voto (art. 120 TUF).

L’omessa comunicazione di partecipazioni rilevanti comporta:

a) una sanzione amministrativa a carico dell’emittente e della persona fisica responsabile della violazione (art. 193 TUF);

b) la sospensione del diritto di voto inerente alle azioni quotate o agli strumenti finanziari eccedenti la soglia (cfr. art. 120, c. 4., TUF)[8];

c) l’impugnabilità della delibera assunta col voto determinante delle azioni/strumenti finanziari per i quali non era consentito il diritto di voto; il potere di impugnazione spetta anche alla Consob (cfr. art. 120, c. 4 TUF e 14, c. 5., TUF).

La Cassazione ha precisato che “l’obbligo di comunicazione sussiste, oltre che in capo al soggetto che detiene la partecipazione, anche a carico dei soggetti che si trovano in posizione di controllo in una catena di partecipazioni. In tal caso, infatti, la partecipazione risulta modificata in misura pari alla partecipazione indirettamente detenuta nella società quotata”[9].

3. – L’art. 121 TUF prevede poi che, in tema di partecipazioni reciproche, debba venir meno la situazione di reciprocità per la quota eccedente la soglia. La disciplina non si applica se tra le società che si partecipano in modo reciproco vi è un rapporto di controllo ex art. 2359-bis e ss. c.c. (in questo caso si applica l’art. 2359-bis c.c.).

In tal caso le azioni devono essere alienate entro 12 mesi dalla data in cui è stato superato il limite. In caso di mancata alienazione entro il termine la sospensione del diritto di voto si estende all’intera partecipazione.

Queste disposizioni non si applicano quando i limiti siano superati a seguito di offerta pubblica di acquisto o scambio, diretta a conseguire almeno il 60% delle azioni ordinarie dell’emittente.

Lo scopo della disciplina relativa alle partecipazioni reciproche è di “evitare che attraverso partecipazioni reciproche il governo di un emittente sia sottratto al mercato e rimesso alla reciproca cooptazione fra gruppi di controllo delle società coinvolte”[10]. La ratio è quindi di assicurare – oltre la trasparenza – la “contendibilità del controllo” della società[11].

4. – La disciplina dei patti parasociali, attraverso i quali “è possibile assumere e proteggere il controllo di una società”[12], è contenuta negli artt. 122-123 TUF, ed è derogatoria rispetto a quella di diritto comune contenuta negli artt. 2341-bis e 2341-ter c.c.

In sintesi, i punti fondamentali della disciplina del TUF sono i seguenti:

A) i patti – in qualsiasi forma stipulatidevono, entro 5 giorni dalla stipulazione:

a) essere comunicati alla Consob (anche per il tramite dell’emittente oggetto del patto, ferma la responsabilità dei paciscenti);

b) essere pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana;

c) essere depositati presso il registro delle imprese;

d) essere comunicati alla società con azioni quotate.

Si è ritenuto peraltro che, “in tema di patto parasociale l’accordo su alcuni punti essenziali del contratto non esaurisce la fase delle trattative, perché, al fine di perfezionare il vincolo contrattuale, è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa sugli elementi costitutivi, sia principali che secondari, dell’accordo”[13].

La giurisprudenza ha precisato che, alla luce dell’espressione “in qualsiasi forma”, “sono soggetti agli adempimenti pubblicitari previsti dall’art. 122 d.lg. n. 58 del 1998anche i “i patti parasociali (…) conclusi oralmente o per fatti concludenti, la cui prova può essere fornita anche per presunzioni”[14].

B) I patti stipulati a tempo determinato possono avere una durata massima di 3 anni, si intendono stipulati per tale durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore e, al termine del periodo di efficacia, sono rinnovabili. Al riguardo si è dubitato dell’ammissibilità di una disciplina di tacito rinnovo e si è affermato che il patto possa essere rinnovato solo previo scioglimento del medesimo. Se i patti sono, invece, stipulati a tempo indeterminato, ciascun contraente può recedere con un preavviso di 6 mesi. Il preavviso non è necessario quando il recesso sia esercitato ex art. 123 TUF, ossia ove gli azionisti intendano aderire a un’offerta pubblica di acquisto e scambio ex artt. 106 e 107 TUF, sempre che l’offerta pubblica abbia avuto buon esito[15].

C) L’inosservanza degli obblighi infornativi comporta:

a) la nullità dei patti (art. 122, c. 3., TUF): non sono ammesse forme tardive di pubblicità sanante;

b) il divieto di esercizio del diritto di voto (art. 122, c. 4);

c) la sanzione prevista dall’art. 193, c. 2., TUF.

Dunque, i patti parasociali non sono vietati ma sono assoggettati a una rigorosa disciplina ispirata, ancora una volta, anzitutto al principio di trasparenza.

Il fatto che, in generale, i patti parasociali siano legittimi non esclude che gli stessi possano in concreto non esserlo ove in contrasto con norme imperative[16].

IV. – Le offerte pubbliche: l’inadempimento dell’obbligo di offerta pubblica di acquisto totalitaria ex art. 106 TUF.

In tema di acquisto di azioni di società quotate una questione particolare riguarda l’art. 106 TUF.

La norma prevede che “chiunque, a seguito di acquisti ovvero di maggiorazione dei diritti di voto, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento ovvero a disporre di diritti di voto in misura superiore al trenta per cento dei medesimi promuove un’offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso”.

La relativa disciplina è anch’essa ispirata ai principi della trasparenza ed efficienza del mercato e tutela degli investitori.

La giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi sulle conseguenze dell’inadempimento di tale obbligo e ha affermato che esso va qualificato come “obbligo a contrarre” e che, in caso di inottemperanza, “compete agli azionisti, cui l’offerta avrebbe dovuto essere rivolta, il diritto soggettivo al risarcimento del danno patrimoniale a titolo contrattuale ( ex lege), ove essi dimostrino di avere perso una possibilità di guadagno a causa della mancata promozione dell’offerta”[17].

La Cassazione ha, in particolare, escluso che “la sterilizzazione del diritto di voto e l’obbligo di rivendita azionaria contemplati dall’art. 110, a carico di chi non ha promosso un’offerta pubblica di acquisto cui era tenuto, assumano i connotati di un’obbligazione alternativa, rispetto a quella avente ad oggetto il precedente obbligo di promuovere l’offerta”. Infatti “l’alternatività presupporrebbe trattarsi di due obblighi posti sul medesimo piano, tra i quali il destinatario del precetto possa optare, ed invece il dettato normativo è chiarissimo nel prescrivere inderogabilmente l’obbligo di offerta pubblica quando ne ricorrano le condizioni indicate dal legislatore”[18].

V. – Gli organi sociali.

1. – L’assemblea.

L’assemblea dei soci è disciplinata dal TUF (artt. 125-bis e ss. TUF) e, ove compatibili, dalle norme del codice civile.

Le norme del TUF sono volte a rendere quanto più effettiva possibile la trasparenza dell’informazione pre-assembleare e a semplificare il diritto di voto e di intervento in assemblea.

Tra queste norme vengono in rilievo:

a) l’art. 125-bis TUF, norma inderogabile, in tema di convocazione dell’assemblea, con termini per la pubblicazione del relativo avviso differenziati a seconda dell’oggetto dell’assemblea (e più ampi rispetto a quello previsto dal codice civile); in particolare, l’avviso di convocazione deve indicare la c.d. “record date” di cui all’art. 83-sexies TUF, ossia la data entro la quale va registrato il possesso delle azioni ai fini della legittimazione all’esercizio dei diritti sociali;

b) l’art. 126-bis TUF, che attribuisce ai soci (di minoranza), che rappresentano almeno 1/40 del capitale sociale, di chiedere – entro determinati termini – l’integrazione delle materie da trattare all’ordine del giorno (ad eccezione degli argomenti sui quali l’assemblea delibera a norma di legge);

c) l’art. 127-ter TUF, che prevede che chi ha il diritto di voto è anche legittimato a porre domande in assemblea, alle quali va data risposta nell’ambito della medesima assemblea;

d) l’art. 135-novies TUF, che attribuisce al socio avente diritto di voto la facoltà di conferire delega, anche in forma telematica, ad un unico rappresentante e per una singola assemblea, con facoltà di designare uno o più sostituti o di autorizzare il delegato a farsi sostituire da un soggetto di propria scelta (cfr. anche art. 135-decies TUF sullla possibilità di conferire delega anche a un rappresentante in conflitto di interessi);

e) l’art. 135-undecies TUF, che introduce la figura del “rappresentante designato dalla società quotata”;

f) gli artt. 136-144 TUF, in tema di sollecitazione e raccolta delle deleghe, attività lecite in sé ma per le quali, ancora una volta, il legislatore vuole assicurare la massima trasparenza; al riguardo, va evidenziato che “la disciplina della sollecitazione delle deleghe non è dettata nell’interesse del committente, ma è orientata a riconoscere rilevanza alla posizione e alla autonoma valutazione del singolo socio chiamato alla sollecitazione a tutela sia dell’interesse del socio come singolo che dell’intera organizzazione sociale”[19];

g) l’art. 125-quater, c. 2, TUF, che stabilisce che, entro 5 giorni dalla data dell’assemblea, deve essere pubblicato sul sito internet della società un rendiconto sintetico delle votazioni e che il verbale deve essere reso disponibile sul medesimo sito entro 30 giorni dalla data dell’assemblea.

2. – L’organo amministrativo.

2.1. – La disciplina dell’organo amministrativo è contenuta codice civile e nelle specifiche norme del TUF (in particolare, artt. 147-ter -147-quinquies) e del Codice di Autodiscipina.

Anche la società quotata, dunque, può scegliere uno dei tre modelli di amministrazione previsti dal codice civile: l’ordinario, il monistico, il dualistico.

I principi essenziali contenuti nel TUF sono i seguenti:

a) voto di lista obbligatorio (art. 147-ter, c. 1 e 1-bis, TIF): lo statuto deve prevedere un sistema di elezione fondato sulla tecnica del voto di lista; in tal modo si obbliga la società a consentire alle minoranza di avere un proprio rappresentante in consiglio;

b) equilibrio tra i generi (art. 147-ter, c. 1-ter, TUF): il genere meno rappresentato deve ottenere almeno 1/3 degli amministratori eletti;

c) requisiti di onorabilità e indipendenza (art. 147-ter, c. 4, 147-quater e 147-quinquies TUF): (i) gli amministratori devono possedere i requisiti di onorabilità previsti per gli organi di controllo (art. 148 TUF) (in mancanza, il soggetto decade dalla carica); (ii) nel consiglio di amministrazione deve essere presente almeno un amministratore indipendente (2, se il consiglio ha più di 7 membri) ed è indipendente l’amministratore che possiede i requisiti previsti per i sindaci; (ii) nel sistema monistico vale la medesima regola; (iii) nel sistema dualistico, se il consiglio di gestione è composto da più di 4 membri, almeno 1 deve possedere i requisiti di indipendenza;

2.2. – Inoltre occorre tener conto della disciplina in materia di operazioni con parti correlate, volta a “prevenire l’estrazione di benefici privati del controllo da parte del socio di maggioranza”[20].

Tale disciplina è contenuta nell’art. 2391-bis c.c. e nel Regolamento Consob, 12 marzo 2010, n. 17221 e ha per oggetto “le operazioni tra la società e soggetti a vario titolo legati al socio di maggioranza”[21].

In particolare, essa riguarda “quelle situazioni nelle quali l’organo amministrativo sia chiamato a decidere operazioni in cui particolarmente acuto diviene il pericolo di disallineamenti tra l’interesse sociale e quello (egoistico) del gruppo di comando”: in relazione a tali operazioni “è dovere degli organi di amministrazione delle società aperte, non solo quotate, di adottare – secondo principi generali dettati dalla Consob (v. Regolamento 12 marz0 2010, n. 17221) – regole chhe assicurino ‘la trasparenza e la correttezza sostanziale e procedurale delle operazioni con parti correlate’, nonché di renderle note nella relazione sulla gestione”[22].

Per “operazione con parte correlata si intende un trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni fra parti correlate, indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo (IAS 24, par. 9). Per tali operazioni, ai sensi del n. 22- bis dell’articolo 2427 del codice civile, i redattori del bilancio devono non solo menzionare di averle realizzate, ma anche precisarne l’importo, natura del rapporto e ogni altra informazione utile alla comprensione del bilancio su questo specifico aspetto. Ai sensi della sopracitata norma civilistica oggetto di analitica informativa sono le operazioni con parti correlate rilevanti e non concluse a normali condizioni di mercato”[23].

2.3. – In materia di elezione del consiglio di amministrazione, la giurisprudenza ha affermato che “l’avviso di convocazione” dell’assemblea “non deve contenere le liste degli amministratori”, e ciò in quanto “l’art. 147-ter TUF prevede che l’avviso di convocazione deve essere pubblicato ai sensi dell’art. 125-bisTUF almeno trenta giorni prima dell’assemblea di prima convocazione mentre il termine per la presentazione delle liste ai sensi dello stesso art. 147-terTUF scade il venticinquesimo giorno precedente l’assemblea”[24].

3. – L’organo di controllo.

3.1. – La disciplina dell’organo di controllo è contenuta essenzialmente nel TUF (artt. 148-154).

I principi essenziali sono i seguenti:

a) il numero dei membri effettivi del collegio sindacale non può essere inferiore a 3 e quello dei supplenti non inferiore a 2 (art. 148, c. 1, TUF): non vi sono quindi limiti alla dimensione massima del collegio;

b) anche per sindaci l’elezione avviene con il voto di lista (art. 148, c. 2, TUF), così come è previsto il principio dell’equilibrio tra i generi (art. 148, cv. 1-bis, TUF);

c) la previsione di cause di ineleggibilità e decadenza (art. 148, c. 3-4-quater, TUF);

d) limiti al cumulo degli incarichi: l’art. 148-bis TUF demanda alla Consob di stabilire limiti al cumulo degli incarichi (cfr. art. 144-duodecies– 144 quinquiesdecies Regolamento Emittenti).

3.2. – Quanto alle funzioni, la disciplina è contenuta negli artt. art. 149 e ss. TUF, che ricalca quella del codice civile, con alcune peculiarità (ad esempio, l’organo di controllo della capogruppo vigila sull’adeguatezza delle disposizioni impartite dalle società controllate ex art. 114, c. 2, TUF; l’organo di controllo deve verificare l’sservanza del codice di autodisciplina al quale la società abbia aderito; l’organo di controllo ha ulteriori e importanti poteri e doveri di controllo: cfr. artt. 149, 150, 151, 151-bis, 151-ter, 152, 153).

La Cassazione ha di recente precisato che “i membri del collegio sindacale di una società quotata, avente ad oggetto attività di investimento hanno, da un lato, il dovere di vigilare sugli organi amministrativi e gestionali della società per salvaguardare gli interessi degli azionisti da atti di abuso di gestione da parte degli amministratori e, dall’altro, quello di verificare l’adeguatezza delle metodologie finalizzate al controllo interno della società stessa, secondo parametri procedimentali dettati dalla normativa regolamentare a garanzia degli investitori; essi hanno altresì l’obbligo di denunciare alla Consob eventuali irregolarità riscontrate nell’esercizio di tale dovere. In caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria, sono sanzionabili a titolo di concorso omissivo “quoad functione”, per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, senza che la complessa articolazione della struttura organizzativa della società possa comportare l’esclusione o il semplice affievolimento del loro potere-dovere di controllo[25].

3.3. – La disciplina dell’organo di controllo è poi integrata dal d.lgs n. 39/2010 (attuativo della Direttiva 2006/43/CE), che ha stabilito che negli enti di interesse pubblico (di cui fanno parte anche le società quotate) venga istituito un “comitato per il controllo interno e la revisione contabile”, tenuto a vigilare su quanto previsto dalla richiamata normativa.

 


[1] Questi poteri vanno esercitati dalla Consob avendo riguardo alla tutela degli investitori e all’efficienza e alla trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali (cfr. art. 91 TUF) e nel rispetto del principio della parità di trattamento (cfr. art. 92 TUF).

[2] Si veda inoltre l’art. 123-bis TUF, che fa obbligo agli amministratori di riportare nella relazione sul governo societario e gli assetti proprietari le informazioni riguardanti l’adesione a un codice di comportamento in tema di governo societario promosso da società di gestione dei mercati regolamentati o da associazioni di categoria, indicando le ragioni dell’eventuale mancata adesione ad una o più disposizioni.

[3] Visentini-Palazzolo, Manuale di diritto commerciale, Roma, 2017, 659.

[4] Cfr. Patriarca-Benazzo, Diritto delle società, Bologna, 2016.

[5] In particolare, il MAR: a) all’art. 7 contiene la nuova definizione di “informazione privilegiata” e stabilisce, in particolare, che: i)possono essere considerate di carattere preciso” anche le “tappe intermedie” di “un processo prolungato”; ii)una tappa intermedia in un processo prolungato è considerata informazione privilegiata se risponde ai criteri fissati nel presente articolo riguardo alle informazioni privilegiate”); b) all’art. 17 contiene la nuova disciplina della “Comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate” (ivi comprese quelle relative a “un processo prolungato, che si verifichi in fasi e sia volto a concretizzare o che comporti una particolare circostanza o un evento particolare”. La nozione di “tappa intermedia” deriva da un orinentamento espresso dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee (caso Markis Geltl/Daimler C-19/11).

Occorre poi ricordare che le informazioni privilegiate sono soggette anche alla disciplina sanzionatoria – amministrativa e penale – di cui agli artt. 184 e ss. TUF.

La funzione della disciplina delle informazioni privilegiate è, da un lato, di assicurare una corretta informazione al mercato affinché, in particolare, gli investitori possano fare scelte consapevoli e, dall’altro lato, prevenire fenomeni di insider trading, ossia di abuso di informazioni a fini speculativi.

[6] Cass., 25 gennaio 2017, n. 1890. Cfr. nei medesimi termini: Cass., 5 luglio 2016, n. 13662.

[7] Chiappetta, Diritto del governo societario, Milano, 2017, 34.

[8] Al riguardo la giurisprudenza ha peraltro precisato che “la violazione degli obblighi informativi sulle partecipazioni rilevanti prescritti dal’art. 120 TUF preclude l’esercizio del diritto di voto, ma non la legittimazione all’impugnazione della delibera assembleare adottata in quanto la connessione tra voto e impugnativa richiesta dall’art. 2377 commi 3 e 4 c.c. non opera nei casi in cui la privazione dell’esercizio del diritto del voto non inerisce alla partecipazione, ma ha carattere sanzionatorio.

[9] Cass., 5 ottobre 2015, n. 19865.

[10] Chiappetta, Diritto del governo societario, Milano, 2017, 42.

[11] Chiappetta, Diritto del governo societario, Milano, 2017, 34 e 42.

[12] Presti-Rescigno, Corso di diritto commerciale, Bologna, 2015, 286.

[13] App. Genova, 19 dicembre 2009, in Giur. comm., 2011, 2, II, 440. Cfr. anche Cass., 16 maggio 2016, n. 9963, che ha precisato che “il richiamo dell’art. 122 T.U.F. alla nozione di “patto” e le espresse sanzioni della nullità e dell’esclusione del diritto di voto, induce a ritenere che i previsti obblighi di comunicazione sorgono per effetto di accordi riconosciuti e riconoscibili come definitivi tra le parti, senza escludere che nell’ambito di un procedimento negoziale complesso e a formazione progressiva si possano dare intese intermedie funzionali all’accordo definitivo. Cfr. inoltre Cass., 18 luglio 2007, n. 15963, che precisa che “alla nozione di patto parasociale, come ormai entrata nel linguaggio giuridico e normativo, non è essenziale che tutti i partecipanti al patto rivestano la qualità di socio, nulla impedendo di considerare parasociale anche un patto concluso tra soci e terzi, ogni qual volta l’oggetto dell’accordo verta sull’esercizio da parte dei soci di diritti, facoltà o poteri loro spettanti nella società. Il patto di cui si controverte nella presente causa presenta tali caratteri e, di conseguenza, appare corretto continuare a riferirsi ad esso come ad un patto parasociale”.

[14] App. Milano, 28 febbraio 2003, in Giur. it., 2003, 1875.

[15] Cfr. anche App. Milano, 20 dicembre 2007, in Giur. comm, 2009, 1, 77: “i patti parasociali strettamente funzionali alla realizzazione di una fusione e contestuali all’approvazione del relativo progetto rientrano nell’esenzione di cui agli art. 106, 5 comma, lett. e) t.u.f. e 49, comma 1, lett. f) del Regolamento Emittenti”.

[16] Cfr. Cass., 18 luglio 2007, n. 15963.

[17] Cass., 26 settembre 2013, n. 22099.

[18] Cass., 26 settembre 2013, n. 22099. Nello stesso senso: Cass., 13 ottobre 2015, n. 20560 e Trib. Milano, 30 giugno 2009, in www.dejure.it. Cfr. anche Trib. Milano, 3 settembre 2013, chetabilisce che “alla responsabilità da mancata opa deve applicarsi il termine quinquennale previsto dall’art. 2949 c.c.”, e ciò in quanto “anche in tale caso di responsabilità contrattuale inerente rapporti tra soci ricorre la medesima ratio, che deve essere individuata nella esigenza di stabilizzazione dei rapporti sociali con un decorso di tempo più breve di quello ordinario. In tema di OPA ex art. 106 TUF, cfr. anche Trib. Genova, 11 maggio 2016, in www.giurisprudenzadelleimprese.it, secondo cui “costituisce collusione (…) la cooperazione tacita tra alienante e acquirente quando abbia, anche soltanto quale effetto, l’elusione delle norme che presiedono la fissazione del prezzo dell’OPA obbligatoria, ossia quando il prezzo effettivamente incamerato dal venditore di un pacchetto di controllo non corrisponda a quello pagato dall’acquirente di tale partecipazione (…) e, di conseguenza, il venditore percepisca un premio di controllo non distribuibile agli altri azionisti, ad evidente detrimento degli stessi”.

[19] Trib. Milano, 11 luglio 2012, in www.giurisprudenzadelleimprese.it: sulla base di questo principio, il Tribunale ha quindi affermato che nel “giudizio avente ad oggetto la legittimità della sollecitazione delle deleghe di voto devono ritenersi (…) controinteressati e parte necessaria del giudizio anche in sede cautelare, non solo il committente e la società, ma anche i deleganti, la cui posizione sarebbe toccata da un provvedimento di accoglimento dell’istanza”.

[20] Perrone, Il diritto del mercato dei capitali, Milano, 2016, 120 e ss.

[21] Perrone, Il diritto del mercato dei capitali, Milano, 2016, 120 e ss.

[22] Patriarca-Benazzo, Diritto delle società, Bologna, 2016, 281.

[23] Trib. Roma, 23 maggio 2016, in www.dejure.it.

[24] Trib. Bologna, sez. spec. Impresa, 11, marzo 2014, in Giur. comm., 2015, II, 1072.

[25] Cass., 29 marzo 2016, n. 6037

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